Gli ispettori salveranno la scuola?

Mario G. Dutto

La scuola ci salverà” titola Dacia Maraini la sua avvincente testimonianza di pensiero positivo sull’istruzione[1], un contributo raro, per la verità, in tempi in cui la distruzione è diventata diffusa categoria interpretativa della storia della nostra scuola[2]. Chi salverà la scuola? Viene spontanea la domanda. Pochi, tra chi nella scuola lavora o di scuola si occupa, sottoscriverebbero che saranno gli ispettori a giocare tale ruolo. Molti esperti, tuttavia, condividono il parere che un funzionale servizio ispettivo sia uno strumento importante che può anche diventare determinante nel miglioramento del servizio scolastico.

Gli effetti indiretti dell’azione ispettiva

Non in tutti i paesi ci sono ispettori di scuola. Dove sono previsti, comunque, hanno compiti definiti, seguono pratiche professionali e sono radicati in tradizioni di lunga durata. E nessuno pensa di bypassarli, caso mai vengono sottoposti a revisione, ristrutturati e resi più efficaci. Dopo gli anni del decentramento e dell’autonomia e le stagioni della valutazione standardizzata c’è un convergente ritorno di attenzione alla figura dell’ispettore[3], un’eredità del passato seppur con importanti ricostruzioni nel corso degli ultimi venti anni, soprattutto in alcuni paesi.

Gli effetti diretti e indiretti dell’azione ispettiva sono stati studiati a fondo, anche con riferimento a contesti nazionali diversi, dal Regno Unito all’Olanda dall’Austria alla Francia, senza sminuire quelli non intenzionali che i regimi di visite ispettive possono determinare sull’insegnamento e sul curriculum[4]. Come per altre istituzioni la conoscenza comparativa ha ampliato lo sguardo, portando ad evidenza accanto alla variabilità delle soluzioni, l’atipicità della situazione nel nostro Paese imprigionato tra ripetuti proclami e criticità organizzative e funzionali e in ritardo nella compiuta modernizzazione di una funzione di tradizione.

Qual è il valore aggiunto del servizio ispettivo?

La questione che emerge nei sistemi scolastici con istituzioni ispettive consolidate e mature, non riguarda il “se” debba esistere un servizio ispettivo, né il “come” debba essere organizzato quanto piuttosto l’impatto sul miglioramento della scuola e dei livelli di apprendimento degli studenti. In una stagione in cui a tutte le istituzioni è richiesto ormai di render conto, di dare prova di sé, di giustificare gli investimenti che comportano, non stupisce, quindi, che ci si possa interrogare sul valore aggiunto del servizio ispettivo nel management strategico di un sistema di istruzione e nell’andamento delle competenze raggiunte dagli studenti.         

Naturalmente la domanda è fuori luogo e non può essere posta là dove non si è di fronte ad un’organizzazione puntuale e permanente e là dove sia difficile identificare un corpus chiaramente circoscrivibile di pratiche professionali che possa essere oggetto di analisi e, eventualmente, di valutazione.

Come assicurare l’efficacia delle funzioni?

Ma ciò non è facile, come nel nostro paese, là dove si è di fronte ad un tramonto ormai più che decennale di funzioni ispettive, logorate dalle soluzioni temporanee adottate per il reclutamento, pur in presenza di periodici atti di indirizzo e di annunciate e ripetute intenzioni di ripartenza[5]. Se non è proponibile una verifica ci si deve accontentare, per ora, della considerazione della validità delle ipotesi che sorreggono l’attività di una pattuglia di ispettori impegnati su più fronti. Non sarebbe, tuttavia, irragionevole non prevedere per il futuro occasioni periodiche di analisi del lavoro ispettivo sullo sfondo delle domande di miglioramento che riguardano la scuola nel suo complesso. Potrebbe essere un modo per assicurare la miglior efficacia delle attività relative alle funzioni attribuite ai dirigenti tecnici con compiti ispettivi.

Pur se difficile da contestualizzare nella realtà italiana, la questione del contributo degli ispettori nell’azione pubblica per l’istruzione ha un crescente interesse di carattere generale e rientra nel mettere a punto strategie efficaci di miglioramento. Una questione, quindi, oggi imprescindibile.

L’ispezione delle scuole: un valore aggiunto

Calcolare il valore aggiunto di un’istituzione non è cosa agevole anche se con le singole istituzioni scolastiche si sono fatti passi importanti nell’identificare l’effetto scuola[6].

Ha suscitato vivaci discussioni e un’accesa controversia in Francia la ricerca condotta proprio sulle ispezioni di scuola dall’economista e sociologo Eric Maurin[7] e pubblicata nel 2021. L’autore intende dimostrare che le ispezioni hanno un effetto determinante sui risultati degli studenti pur con un ridotto investimento finanziario. Con una spesa media annuale di 100 euro per insegnante, infatti, si ottiene, secondo l’autore, lo stesso risultato della contrazione del 20% degli studenti in una classe. Una pratica ad elevata efficacia, dunque, in un contesto in cui si è alla pressante ricerca di soluzioni praticabili capaci di garantire il raggiungimento degli obiettivi.

La ricerca ha riguardato 10 mila insegnanti francesi di matematica e di lingua a livello di collège (scuola media) la metà dei quali era stata oggetto di ispezione tra il 2008 e il 2012.  

Gli esiti controversi di una ricerca del 2021

I risultati, secondo Eric Maurin, sono sorprendenti. Le ispezioni che hanno riguardato insegnanti di matematica coincidono con un miglioramento delle performance nella disciplina che invece non si è verificato per il gruppo di docenti non sottoposti a ispezione. Conclude Maurin che, senza alcuna ambiguità, le performance delle classi degli insegnanti ispezionati sono sensibilmente migliori di quelle degli studenti nelle classi non oggetto di ispezione, naturalmente prendendo a riferimento i risultati delle prove realizzate dopo lo svolgimento delle ispezioni stesse. Specifica, inoltre, l’autore che l’influenza è particolare per gli insegnanti a inizio di carriera, ma si ritrova anche con insegnanti che hanno alle spalle 10 o 20 anni di esperienza. Questa sarebbe, dunque, una strada per far progredire gli studenti, e, per di più, con poca spesa.

La discussione che è scaturita dalla pubblicazione della ricerca, ha criticato lo studio[8] perché non spiegherebbe come avviene il miglioramento, nell’insegnamento e nell’apprendimento. Altri esperti hanno sottolineato che le ispezioni sono di durata troppo breve per avere effetti duraturi, altri ancora hanno messo in evidenza l’insufficienza dei risultati terminali come misura di successo. La perfomance degli studenti, inoltre, è l’esito una pluralità di fattori e non c’è mai una singola variabile determinante. Non senza ragione altri precedenti studi, peraltro, non arrivavano alle medesime conclusioni.

Un profilo ad alta professionalità

Nella tradizione italiana c’è una forte enfasi sulla definizione del profilo degli ispettori considerati come “espressione di alta professionalità in ambito educativo, pedagogico e didattico”)[9] e sulle diverse funzioni loro attribuite. Questa nobile identità,“radicata nella scuola, che opera con responsabilità pubblica, al servizio del Paese” e come “risorsa professionale del Ministero dell’istruzione, connotata da riservatezza, indipendenza di giudizio, discrezionalità tecnica” è accattivante pur se la traduzione operativa si estende dalla consulenza all’accertamento ispettivo, dalla valutazione alla ricerca.      Diventa oggettivamente difficile porre domande di impatto o procedere a valutazioni di efficacia; meglio è esplorare altre strade cercando di capire a che cosa corrisponda l'”alta professionalità” di cui parlano i documenti ufficiali.

Degli ispettori si fa fatica a trovare riferimenti nella letteratura sull’istruzione; di ispezioni si parla sui giornali soprattutto in relazione a patologie scolastiche. Il genere di lavoro che viene svolto è a metà strada tra la consulenza professionale, l’expertise individuale, gli incarichi istituzionali di accertamento e la comunicazione professionale. Bisogna prendere atto, peraltro, che informazioni, analisi, proposte e documentazione sono fornite, più che dal servizio ispettivo, da altri attori sia all’interno dell’area della pubblica istruzione (Indire e Invalsi) sia all’esterno (si veda la piattaforma Eduscopio costruita sui data set ministeriali, i documenti di Save the Children, i rapporti di Cittadinanza attiva…).

Professionisti dell’educazione al servizio della scuola

Sorgono talvolta, inoltre, delle perplessità. Perché mai gli ispettori attivi nella messa in opera dell’esame di Stato non dovrebbero anche fornire una lettura ragionata di quanto avviene, di che cosa è oggi l’esame di Stato e di come potrebbe diventare non solo per periodiche modifiche simboliche o interventi di cosmesi? Nel momento in cui tra gli esperti si discute dei learning losses[10] dovuti alla pandemia e le agenzie Invalsi[11] e Indire[12] scendono in campo nelle proprie aree di competenza non dovremmo vedere gli ispettori di scuola impegnati come in altri paesi per le recovery visits[13], per attività sul campo per raccogliere evidenze del disagio e sostenere nelle scuole per la ripresa?

Per sviluppare la riflessione ritorna utile uno sguardo al recente volume postumo dell’ispettore Giancarlo Cerini[14]. Illustra chiaramente come un singolo ispettore possa arrivare a padroneggiare un ventaglio di questioni che vanno al di là delle agende governative pro-tempore e sono protese verso le aree di frontiera dell’innovazione dell’educazione nel nostro paese. Pur riflettendo una biografia professionale atipica, quindi non generalizzabile, indica, tuttavia, un sentiero da percorrere, nel solco di un’autentica tradizione italiana di professionisti dell’educazione al servizio della scuola, da attrezzare per la nuova generazione di dirigenti tecnici con funzioni ispettive.

Le riforme che vogliono migliorare il Paese

Le riforme della scuola hanno un ampio spettro di bersagli e una vasta gamma di misure collegate. Da quelle di carattere più strutturale (finanziamenti, edilizia, ordinamenti…) a quelle più funzionali (selezione e formazione degli insegnanti, programmi nazionali, libri di testo…) tutti i progetti mirano ad incidere sull’ultimo miglio, là dove gli studenti incontrano attraverso i docenti, la conoscenza e la cultura.

Non mancano le annotazioni di studiosi e osservatori circa la persistenza della grammatica di base dell’insegnamento in classe e della sopravvivenza di pratiche e routine di ieri alternate a soluzioni di più recente conio, quasi a relativizzare l’incidenza delle riforme. L’analisi dei processi di implementazione ha messo in evidenza la deviazione nella messa in opera e le mille risposte degli insegnanti agli input esterni. L’autonomia scolastica e la valutazione standardizzata possono avere esiti positivi e rivelarsi efficaci rispetto agli obiettivi nella misura in cui incidono su quanto avviene in classe.

E se si puntasse seriamente sugli ispettori?

La constatazione che venti anni di autonomia e oltre dieci di valutazione di massa non abbiano portato a progressi significativi nei livelli di apprendimento degli studenti (si veda l’andamento dei risultati dei test PISA dal 2003 al 2018) impone la ricerca della mancanza di impatto generalizzato. Probabilmente le strategie definite a livello generale non hanno fertilizzato a sufficienza e in modo efficace il terreno delle classi e delle scuole.

Purtroppo quanto avviene in classe non è molto conosciuto e, soprattutto, non è facile da conoscere a fondo. Spesso le fonti di informazioni sono indirette (le dichiarazioni degli insegnanti, i racconti degli studenti…) o approssimative (ricordi personali…). I dati quantitativi, d’altra parte, delineano scenari e tendenze ma faticano a cogliere i processi autentici di apprendimento. La ricerca basata su osservazione in classe, peraltro, non è molto sviluppata ed è particolarmente laboriosa e impegnativa.

In questa ottica gli ispettori possono essere insostituibili come punti di contatto e di dialogo tra le scuole garantendo l’interazione dinamica tra la decisione amministrativa, la strategia politica e la realtà scolastica. Per svolgere questo ruolo di ponte e di dialogo occorre certamente superare lo stigma dell’accertamento punitivo e, soprattutto, prendere cura seriamente della praticabilità organizzativa e, in particolare, del capitale professionale necessario. Così l'”alta professionalità” esce dalla affascinante retorica e si traduce in pratiche professionali.

Un recente parere del CSPI

Severo, abitualmente se non sempre, nei confronti delle intenzioni ministeriali[15], il CSPI ha espresso recentemente un parere sullo schema di decreto ministeriale sulle attività ispettive[16]. Apparentemente semplice il parere risulta incisivo e puntuale nel richiamo all’architettura di sistema da tener presente in modo da ancorare in termini stabili la funzione degli ispettori, non solo nell’ambito di un triennio. In questa prospettiva il richiamo alle criticità organizzative e funzionali è quanto mai cruciale come l’indicazione delle opportunità oggi esistenti per un reclutamento ‘snello’.

Ci sono molte ragioni che possono spiegare il destino della funzione ispettiva nel corso degli ultimi decenni e non mancano le ricostruzioni convincenti di un silenzioso tramonto rallentato solamente dalle esigenze funzionali legate soprattutto agli accertamenti ispettivi e alla messa in opera dell’esame di Stato. Non si tratta, comunque, di un destino inarrestabile. Non mancano i motivi per lavorare ad una compiuta modernizzazione dell’attività ispettiva. Questo richiede una rivisitazione delle funzioni non nella loro articolazione, bensì nel modo in cui sono organizzate, messe in atto e sottoposte a periodiche revisioni. Alcune priorità sono da questo punto di vista le condizioni per una nuova stagione di dirigenti tecnici. Il parere citato del CSPI sembra indicare una completa e funzionale strutturazione con precise priorità.

Le priorità per un rilancio efficace delle funzioni ispettive

Non c’è alcun dubbio che il carico di lavoro sia piuttosto elevato e spesso sproporzionato rispetto ai tempi di un’attività che deve essere meditata, sviluppata, condivisa e coordinata, evitando la dispersione delle risorse e la marginalizzazione delle azioni di maggior rilievo professionale, quali le attività di riflessione e di ricerca al servizio delle scuole. Occorre, al contrario del sovrapporsi di compiti, un passo in avanti in termini di metodo di lavoro lungo tutte le direttrici della funzione ispettiva. L’accertamento sul campo e l’attività di consulenza non possono rimanere ferme alle soluzioni tradizionali: solo una rivisitazione dei modi di espletamento può portare ad un livello di alta professionalità. Parimenti gli interventi nella comunicazione professionale, come il dialogo con i docenti, richiedono ormai un linguaggio che sia comprensibile, che sia ispirato dalla riflessione pedagogica e culturale e che collochi al posto giusto le varianti della cultura amministrativa e giuridica di ieri. Solo in questo modo gli ispettori potranno dare voce alla realtà della scuola contribuendo alla conoscenza pubblica dei processi educativi, irrobustendo culturalmente l’azione amministrativa e valorizzando le potenzialità dei gruppi di docenti che operano professionalmente.

Al centro gli apprendimenti degli studenti

Oltre al metodo e al linguaggio la rinascita del corpo ispettivo deve avvenire all’interno di uno scenario che vede al centro i percorsi di formazione degli studenti. La disponibilità di informazioni e di analisi sui livelli di apprendimento devono entrare nel cruscotto di un servizio ispettivo che non abbandoni il senso della direzione. Se non diventa visibile il valore aggiunto delle alte professionalità per il progresso degli studenti, si indebolisce il profilo stesso dei dirigenti tecnici.

A dare vigore culturale alle funzioni ispettive è senza dubbio la passione per l’insegnamento, per la cultura e per l’apprendimento. La provenienza dal mondo delle scuole non è un criterio di contenimento degli accessi, bensì la convinzione che senza esperienza sul campo non è possibile occuparsi di accertamenti ispettivi o di servizi di consulenza. C’è una comprensione dei problemi e dei processi che deriva dal vissuto professionale e che può essere la base per tappe successive di crescita.

Indipendenza e discrezionalità

L’indipendenza e la discrezionalità sono componenti intrinseche al mestiere di ispettore; non sono, tuttavia, condizioni di partenza, bensì traguardi di credibilità, di fiducia, di affidabilità che si costruiscono nel tempo e nella pratica del dialogo con gli insegnanti e con le scuole. Da questo punto di vista l’autentica autonomia di pensiero deriva da una profonda cultura dell’educazione, da una esercitata capacità di dialogo e di comprensione nonché dalla disponibilità a guardare oltre gli stereotipi e le convinzioni consolidate. L’educazione è un terreno in cui le conoscenze si sviluppano, diventano obsolete, si rinnovano con problemi che rimangono aperti per lungo tempo. La cartina di tornasole dell’autenticità delle alte professionalità non è nella chiarezza formale delle enunciazioni, sempre comunque importante. Risiede fondamentalmente nelle pratiche professionali. Non c’è modo più convincente del valore di una professione della prova della realtà, della sua traduzione operativa e dei risultati che raggiunge. Il campo di lavoro è complesso, sfugge a facili categorizzazioni e risulta faticoso oltre misura. L’unica via di uscita è mettere alla prova i profili definiti nella norma di fronte allo spettro delle questioni che la scuola deve affrontare.

Il futuro ha radici nel passato

Come avviene per molte istituzioni il futuro ha le radici nel passato. Per questa ragione gli esempi, di cui è ricca la nostra tradizione, di ispettori di alta cultura professionale e di elevate capacità operative che negli anni passati hanno lasciato il segno nei diversi campi disciplinari di competenza o nelle diverse stagioni di innovazione continuano ad essere di riferimento.

Perché queste priorità abbiano la possibilità di guidare l’attività dei dirigenti con funzioni ispettive è indispensabile una strategia nazionale robusta e coerente, nella direzione indicata dal parere del CSPI. Un’architettura funzionale, articolata, chiara e dinamica non è l’essenziale delle funzioni ispettive, ma la condizione perché possano essere espletate compiutamente al servizio delle scuole.

La relazione triennale sullo stato della scuola

Il punto di maggior interesse nel parere del CSPI riguarda la previsione di una relazione triennale sulla scuola e sui servizi[17]. Se nulla di rivoluzionario c’è nel riprendere quanto già previsto nel 1974 come compito della funzione ispettiva, di nuovo ci potrebbe essere l’uscita da un più che decennale deficit di implementazione[18]. Tradizionalmente l’indicazione normativa è stata interpretata come relazione sull’attività svolta dal servizio ispettivo perdendo di incisività e acquistando i tratti di un documento amministrativo interno non direttamente rivolto a chi nella scuola lavora o della scuola si interessa.

Un banco di prova

Tutti sappiamo che non c’è nulla di più convincente di un programma realizzato, di più apprezzabile di una iniziativa condotta a termine e, potremmo dire, di insolito di un’intenzione tradotta nella realtà. La compilazione di una relazione triennale potrebbe essere un banco di prova significativo dell’alta professionalità, ma anche un antidoto all’eccesso di retorica sull'”alta professionalità” o allo stesso ritualismo dell’elencazione delle funzioni dei dirigenti tecnici con compiti ispettivi. Tale relazione, se non si relega al mero adempimento amministrativo, richiede impegno e competenze mirate: presuppone capacità di analisi, inclusa l’anticipazione dei problemi, metodi affidabili di indagine, familiarità con i big data oggi accessibili, abilità di comprensione sintetica, disponibilità di una prosa leggibile e di un linguaggio efficace.

Per la riuscita di un ruolo che potrebbe rivelarsi importante è indispensabile che la lettura della realtà della scuola, delle dinamiche che l’attraversano, dei problemi che l’angustiano e dei possibili scenari del domani siano lasciate agli ispettori stessi.

Al CSPI il merito di aver indicato la necessità di evitare soluzioni preconfezionate o riedizioni di rapporti su questioni già abbondantemente esplorate e analizzate.


[1] Dacia Maraini, La scuola ci salverà, Solferino Milano 2021.

[2] Si vedano i lavori di Ernesto Galli della Loggia (L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola, Marsilio, Venezia 2019), di Luca Ricolfi (La società signorile di massa, La nave di Teseo, Milano 2019) e di Stefano D’Errico,La scuola distrutta. Trent’anni di svalutazione sistematica dell’educazione pubblica, Mimesis, Milano-Udine 2019.

[3] Cfr. Jacqueline Baxter (a cura di), School Inspectors – Policy Implementers, Policy Shapers in National Policy Contexts, Springer 2017.

[4] Si veda il progetto Impact of School Inspections on Teaching and Learning (ISI-TL), coordinato da M.C.M Ehren dell’università di Università di Twente, concluso nel 2014 (www.schoolinspections.eu).

[5] Dalla Premessa dello schema di decreto del Ministro dell’istruzione recante “Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva”, si legge: “Nell’ambito del quadro delineato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dalle Linee programmatiche del Ministro, dall’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2022, la dirigenza con funzione tecnico-ispettiva è coinvolta nel processo di innovazione che connota la Scuola “motore del Paese”.

[6] Si veda, ad esempio, INVALSIOpen, L’effetto scuola (www.invalsiopen.it).

[7] Trois leçons sur l’école républicaine, Seuil, Paris 2021 L’autore esamina l’effetto di tre misure adottate nella scuola francese ed emblematiche del modello nazionale: la proibizione del velo nelle classi, l’ispezione regolare degli insegnanti e il funzionamento delle classi del ciclo preparatorio.

[8] Cfr. F. Jarraud, “Les inspecteurs vont-il sauver l’école”, Café pédagogique, 7 settembre 2021.

[9] Documento ministeriale citato (cfr. Nota n.5).

[10] Si vedano i successivi diversi tra di loro, interventi su lavoce.info di Andrea Gavosto e Barbara Romano, Dalla pandemia la ascuola italiana esce a pezzi, 20 luglio 2021, di Nicola Bazoli, Antonio Schizzerotto e Loris Vergolini, L’impatto del Covid sull’istruzione sembra essere stato simile per tutte le fasce sociali, 30 dicembre 2021 e di Francesca Borgonovi, Effetto pandemia sulla scuola, 8 febbraio 2022. 1

[11] Si veda, ad esempio, Invalsi, Gli effetti della pandemia sugli apprendimenti nel grado 8, INVALSIopen.

[12] Si consulti a questo proposito la ricerca dell’Indire su Impatto della pandemia sulle pratiche didattiche e organizzative delle scuole italiana nell’anno scolastico 2020/21.

[13] Si veda, ad esempio, come l’attività ispettiva sia stata riorientata nel periodo pandemico in Scozia (https://education.gov.scot/education-scotland/news-and-events/news/updated-plans-for-school-inspections).

[14] Giancarlo Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid Editrice Napoli s.d.

[15] Cfr. i pareri sullo schema di decreto su “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica” (18 giugno 2020) e, più recentemente, sullo schema di decreto sulla sperimentazione dei percorsi quadriennali (18 novembre 2021).

[16] Ministero dell’Istruzione, Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 30 settembre 2020, n. 166.

[17] Nello schema di decreto del Ministro dell’istruzione recante “Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva” si legge: Organizzazione della funzione tecnico ispettiva: “Il Coordinatore nazionale predispone, sentiti i Coordinatori regionali, una Relazione triennale sulle tematiche e problematiche emergenti; detta relazione, per il tramite del Capo Dipartimento, è trasmessa all’esame del Ministro“.

[18] La previsione di una relazione non è, in realtà, un’innovazione. Già nel Decreto delegato n.416 del 1974 l’art.4 che si riferisce alla funzione ispettiva prevedeva espressamente: “Al termine di ogni anno scolastico il corpo ispettivo redige una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei servizi”.