Salvatore Soresi
Una riflessione sull’attuale stato dell’orientamento a livello istituzionale, sia nelle scuole, sia nelle Università, è stata sollecitata, osservando l’enorme dispendio di energie[1] destinate all’organizzazione di saloni ed open day in pressocché tutte le province italiane e a quelle azioni, non sempre formative, messe in atto dalle Università al fine di contribuire, come richiesto dalle norme, a ‘riformare’ il processo orientativo. Ancora più recentemente, ha destato ulteriore perplessità quel ‘maquillage’ del Consiglio di orientamento che è stato introdotto con il Decreto n. 229 del 14 novembre 2024 con lo scopo di migliorare e uniformare il supporto che le scuole devono fornire agli studenti nella fase cruciale di scelta del percorso successivo di istruzione e formazione[2].
Usura semantica e pubblicità ingannevole
Ciò che maggiormente preoccupa, guardando i ‘modelli di orientamento’ e le pratiche che si stanno diffondendo, è la massiccia presenza, sia di quello che i linguisti chiamano usura semantica, sia ditanta pubblicità ingannevole e, soprattutto, di quella agnotologia[3] che si propone ‘scientificamente’ di disseminare ignoranza al fine di influenzare e determinare gli atteggiamenti, i favori e le scelte delle persone (Proctor, 2004[4]).
Quelle di cui dovrebbe occuparsi l’orientamento sono certamente tematiche complesse, ma è proprio per questo che dovrebbe preoccuparsi, in prima istanza, di promuovere la consapevolezza, il pensiero critico e possibilista insegnando, prima di tutto, come difendersi dai luoghi e dalle frasi fatte se si desidera effettivamente contribuire alla co-costruzione di progettazioni formative e lavorative in favore di “futuri desiderabili e sostenibili” per tutti (Pizzalis e Nota, 2024[5]).
Per riformare l’orientamento e per ‘insegnare a scegliere e a progettare’ si ritiene preliminarmente necessario indicare e denunciare la presenza massiccia, nei dibattiti pubblici, ma anche, a volte, negli stessi documenti amministrativi ufficiali, di parole che nel tempo sono divenute vuote, prive di significato e di precisi riferimenti scientifici, ma anche della presenza di un superficiale qualunquismo culturale. Facendo orientamento è importante prestare attenzione a quella che i linguisti chiamano usura semantica.
Che cos’è l’usura semantica
L’usura semantica si riferisce a quel processo e fenomeno linguistico/culturale per cui una parola o un concetto perde la sua efficacia o il suo significato originale, a causa, soprattutto, del suo uso eccessivo. La sola ripetizione e l’uso scorretto di alcune espressioni influenzerebbero la percezione di ciò che comunichiamo, conducendo a stereotipi e slogan, a forme di “consumo” delle parole anche per fini persuasivi e commerciali, influenzando la percezione della realtà e delle aspirazioni sociali. Di essa, d’altre parte, si sono occupati anche studiosi del calibro di Ronald Barthes, (1957[6]), di Umberto Eco (1968; 2015; 2018[7]) e di Frank e Meyer (2020[8]) che esemplificano la presenza di usura semantica anche a proposito del linguaggio relativo ‘alle diversità’, evidenziando che l’uso ripetitivo di termini ad esse associabili, quali ‘integrazione’, ‘inclusione’ ed ‘equità’, senza adeguate precisazioni e contestualizzazioni, rischia di svuotarli completamente di significato. Si tratta di un fenomeno preoccupante anche da un punto di vista culturale e di giustizia sociale in quanto produrrebbe addirittura una sorta di “desensibilizzazione del pubblico” riducendo la loro capacità di suscitare autentiche risposte emotive ma anche di produrre iniziative volte a promuovere cambiamenti e innovazioni. Questo è stato da tempo denunciato anche da Geeraerts (2009[9]) a proposito del mondo accademico constatando che, con l’accentuarsi della globalizzazione dei sistemi educativi, parole come competenza, innovazione e realizzazione siano diventate etichette generiche perdendo ogni significato specifico. Su questa stessa scia si sono mossi, più recentemente, anche altri autori che hanno dimostrato come i ‘termini globalizzati’ perdano significato specifico nei contesti locali, influenzando la trasparenza dei messaggi accademici e, perdendo il loro significato originale, diventano di fatto indifferenti agli occhi e alle orecchie delle dinamiche e delle culture sociali in atto.
L’inflazione retorica
L’usura semantica, il più delle volte, assume le sembianze di un’inflazione retorica, come nel caso di “sviluppo”, “sostenibilità”, “eccellenza”, “riforma”, “realizzazione”, “successo”, che compare in modo così frequente, sia in contesti commerciali, ma anche istituzionali da diventare di fatto dei cliché vuoti di significati e contenuti soprattutto laddove sono privi di riferimenti bibliografici di tipo scientifico. L’usura semantica viene favorita e sostenuta anche dal richiamo a non essere ‘teorici’, ma di guardare ai fatti, alla realtà (invito che viene trasmesso spesso ai giovani anche nei processi di orientamento, oltre che nei tanti dibattiti politici e, persino, da frange del mondo scolastico ed accademico) producendo di conseguenza riduttivistiche semplificazioni e banalizzazioni difficili da scalfire.
Nel marketing accademico, ad esempio, si parla spesso di “formazione personalizzata”, di inclusione, di centralità dei bisogni degli studenti senza portare tuttavia dati trasparenti ed indipendenti a proposito delle pratiche realizzate nell’insegnamento, nelle verifiche e nella quotidianità della vita universitaria e senza citare, ovviamente, i criteri utilizzati per valutare le ‘personalizzazioni’ realizzate; per esempio nell’attribuzione dei credi formativi e nelle pratiche volte a garantire la libertà di accesso e l’ammissione ai corsi, la facilitazione della frequenza e della partecipazione di tutte/i ai processi decisionali riguardanti la vita accademica. L’usura semantica, infine, può nascondere anche una sorta di tentativo di manipolazione ideologica quando si ricorre ad un uso strategico di alcune parole per mascherare o distorcere la realtà. Per esempio quando si utilizza il termine “riforma” (ed è il caso dell’orientamento) per riproporre, di fatto, modalità che la letteratura scientifica ha considerato, già da molto tempo, semplicistiche e riduttive, proprio perché tendenti alla standardizzazione di pratiche che, invece, richiederebbero livelli consistenti di personalizzazione.
Come combattere l’usura semantica nei laboratori di orientamento
Sulla base di queste considerazioni diventa superfluo aggiungere che i laboratori di orientamento dovrebbero occuparsi anche di usura semantica. A questo proposito, il nostro suggerimento è quello di allenare gli studenti e le studentesse a identificare i significati delle parole e a riconoscere le definizioni frequentando saloni, open day e visionando i siti web di tante agenzie, Istituzioni di formazione ed Università. Si riportano nella tabella che segue alcuni item di un questionario particolarmente utile (La.R.I.O.S, Università di Padova) per riflettere sui significati delle parole, per individuare le categorie di usura semantica più frequentemente presenti e per suggerire, in modo personalizzato, come difendersi.
Questionario[10]
Presentazione In un laboratorio di orientamento abbiamo chiesto ai partecipanti di navigare un po’ in internet e di scrivere su un foglio, anche modificandole, quelle cose che secondo loro potrebbero essere abbinate alle questioni della scelta e della progettazione professionale. In questo modo ne abbiamo raccolte moltissime. Qui ne riporteremo solo alcune. Se vuoi, puoi leggerle una alla volta e segnare quanto spesso ti sembra di aver sentito dire cose simili nel corso delle iniziative di orientamento a cui hai già partecipato. Tieni presente che qui non devi basarti su ciò che pensi tu del futuro scolastico-professionale, ma solamente su ciò che, secondo te, pensano e dicono coloro che vorrebbero darti buoni consigli per il tuo orientamento. |
Dopo aver letto una frase, se ti sembra che i diversi consigli di orientamento che puoi aver sentito in giro possano richiamare il concetto che ognuna di queste frasi contiene, segna con una crocetta: • la lettera (a) se ti sembra di averla sentita molto raramente; • la lettera (b) se ti sembra di averla sentita solo poche volte; • la (c) se abbastanza spesso; • la (d) se frequentemente; • la lettera (e) se molto spesso. |
Si impara lavorando, non stando con le mani in mano. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Ognuno è artefice del suo destino. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Bisogna continuare ad apprendere lungo tutto l’arco della vita. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Bisogna essere realistici e non andare dietro a sogni e illusioni. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Sii imprenditore di te stesso. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Il futuro è nelle tue mani. | (a) (b) (c) (d) (e) |
La qualità del tuo futuro dipende dai tuoi talenti, dai tuoi meriti. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Il tuo futuro dipende dalle tue aspirazioni. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Non curarti del futuro, vivi il presente, l’attimo fuggente. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Il mondo del lavoro ti offre tante opportunità, non fartele scappare. | (a) (b) (c) (d) (e) |
Parte seconda
• Tra le frasi che hai appena letto, quali si avvicinano di più al tuo modo di pensare all’orientamento, al tema della tua scelta del tuo futuro scolastico e professionale? • Puoi indicarne almeno tre e descrivere le ragioni che ti hanno portato a sceglierle? • Ora, se ti va, e sempre pensando al tuo futuro scolastico-professionale, puoi inventare una frase tutta tua e scrivere perché la pensi così. |
Quando le parole e le frasi possono essere ambigue
Per poter collaborare alla costruzione di futuri desiderabili per tutti è innanzitutto necessario che si si ridia smalto alle parole che si utilizzano non confondendo, ad esempio, inserimento, con integrazione ed inclusione, educazione con istruzione, formazione con riabilitazione, futuro con futuri, lavori dignitosi, con ‘buoni lavori’, futuri probabili con futuri possibili, aspettative con aspirazioni, obiettivi con finalità e così via, ridando significati precisi a quelle parole che l’usura semantica ha di fatto ‘sbiadito’ a tal punto da non suscitare più alcun impatto conoscitivo ed emotivo.
Attenzione, quindi, a quando sentiamo parlare di competenze trasversali o soft skills. Per esempio, cosa significa “cerchiamo persone con capacità di problem solving”? Ma di che problemi si tratta? I problemi che per definizione, direbbe George Polya, matematico ungherese, sono solo quelli che suscitano disagio e che non sono immediatamente risolvibili, e, tra questi, come si è già avuto di segnalare in altra sede (Soresi, 2022[11]) ci sono quelli, ‘addomesticabili’, ‘critici’ e anche quelli talmente complessi da essere definibili ‘ribelli’, ‘bastardi’ per quanto risultino persino difficili da definire.
Cosa significa “cerchiamo e formiamo team player”? Sono persone che dovranno saper interagire con altri, ma a che pro? Per incrementare utili, per incrementare la vendita di un prodotto, o per promuovere la giustizia sociale, per ridurre le discriminazioni e le disuguaglianze che possono essere presenti anche in contesti lavorati e formativi?
Quando sostenibilità e realizzazione diventano parole d’ordine
Quando sentiamo usare le parole sostenibilità, impatto zero, azienda green, ci sono prove, dati ‘indipendenti’ a riprova del fatto che non trattasi unicamente di una sorta di parole d’ordine (buzzword) per aver accesso ai mercati tramite comunicazioni aziendali ‘ambientaliste’ ed operazioni di green washing? Possono essere ritenute sostenibili pratiche che hanno un impatto ambientale minimo (e quanto?) ma comunque non nullo dal momento che non esistono decisioni ed azioni prive di conseguenze ed impatti? Può sorgere il sospetto che parole come sostenibilità, impatto zero, azienda green possano essere utilizzate per ostacolare la comparsa di significativi cambiamenti culturali e sociali?
Riflettiamo anche quando sentiamo invitare le persone a perseguire la propria realizzazione, a valorizzare il proprio potenziale, i propri capitali, la piena espressione di loro stesse. Ammesso che tutto questo possa avere un qualche significato, i potenziali, i capitali, i meriti siamo sicuri che siano nostri? Non dipendono forse dalle esperienze che abbiamo maturato a contatti di altre persone, di altri contesti? Non sarebbe più corretto affermare che ‘non sono mie’, ma nostre, che, in un certo qual senso, mi sono state favorite e fornite? E chi sono i fornitori di meriti, di capitali, di potenzialità?
Frasi come “realizza il tuo potenziale”, “segui i tuoi sogni”, o “diventa la versione migliore di te stesso” possono diventate spesso degli slogan a favore dell’individualismo, del narcisismo, di un IO smisurato ed esclusivo nei confronti del NOI, del NOIALTRI, e degli ALTRI. Ma è proprio questo che vogliamo promuovendo formazione e riformando le pratiche di orientamento?
Come ridurre l’usura semantica
Nei laboratori di orientamento, se desideriamo effettivamente ridurre l’usura semantica dovremmo cercare di:
- promuovere un uso consapevole del linguaggio prestando particolare attenzione alle parole che si utilizzano nel presentare finalità, scopi, obiettivi, aspettative, aspirazioni;
- promuovere ed incrementare il pensiero critico e la scelta di parole ed espressioni che rispettino la complessità e la profondità dei concetti che si desidera esprimere evitando le semplificazioni eccessive;
- riscoprire sinonimi e valorizzare la nostra varietà lessicale: ad esempio, invece di ripetere troppo spesso ‘sostenibile’, non si potrebbero usare termini più specifici e che condurrebbero a considerare più da vicino la complessità della sostenibilità, come ecocompatibile, rigenerativo o circolare, che, tra l’altro, a seconda del contesto del loro utilizzo, contengono componenti e significati diversi?
Combattere l’usura semantica significa pertanto operare per ridare valore alle parole, rispettandone il significato e utilizzandole in modo consapevole e responsabile. In tutto questo l’orientamento può svolgere un ruolo importante perché si trova necessariamente a lavorare con concetti complessi che vengono soventemente banalizzati.
Suggerimenti di lettura
- Nota L., Soresi S., Di Maggio I., Santilli S., & Ginevra, M. C. (2020). Sustainable Development Career Counseling and Career Education. Springer.
- Re P., Mosca F. (2024). Il marketing nell’attuale contesto competitivo. Torino: McGraw-Hill Education.
- Soresi S, (2024). C’è più orientamento al futuro nelle ‘nuove linee guida ministeriali’ o in ChatGPT? Roars, 13 giugno.
- Soresi S. (2023). A proposito delle innovazioni introdotte nelle nuove linee guida per l’orientamento, Nuova secondaria, 7, p, 70-177).
[1] Sebbene siano state avanzate tante riserve a proposito dell’utilità di queste iniziative, sembra certo, però, che a guadagnarci siano senza dubbio gli enti organizzatori. È quanto ha riportato anche L’Espresso, in un articolo intitolato ‘Fiere, brochure e open day, benvenuti nel business del (dis) orientamento universitario’ a firma di Gloria Riva che, senza mezzi termini, segnala che Campus Editori srl, società del gruppo Class che gestisce i Saloni dello Studente presenti in molte città universitarie, scrive: ‘Le attività continuano positivamente (…) e chiude il 2022 con due milioni e mezzo di ricavi’.
[2] Qui, innanzitutto, e a dispetto di tutte le riflessioni che si coniugano a proposito della necessità di personalizzare i processi di insegnamento e di orientamento, si propone un modulo ‘standard’, uguale per tutti, e, come modalità valutativa, una di tipo dicotomico (SI o NO) che non tiene conto delle specificità dei diversi contesti, delle legittime preferenze dei valutatori e delle singolarità dei valutati. Si parla ancora di aree disciplinari che non corrispondono a quei Settori Scientifici Disciplinari ai quali fa riferimento il sistema universitario.
[3] Agnotologia, dal greco agnosis, ed è lo studio dell’ignoranza costruita. Deliberatamente indotta, da specifici gruppi d’interesse, al fine di vendere un articolo, accaparrarsi dei favori. A coniare il neologismo, nel 1995, è stato il ricercatore di Stanford Robert Proctor, che per quindici anni aveva studiato i maneggi delle aziende del tabacco per nascondere al pubblico gli effetti cancerogeni del fumo.
[4] Proctor R. N. (2004). The Political Uses of Ignorance. In Science, Technology, & Human Values, 29(2), 154-173.
[5] Pizzalis M., Nota L. (2024). L’orientamento a scuola. Per costruire società inclusive, eque, sostenibili. Milano, Mondadori Education).
[6] Barthes R. (1957), Mythologies. Paris: Editions Du Seuil.
[7] Eco U. (1968) La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Milano, La nave di Teseo. (2018) Sulla televisione: Scritti 1956-2015, Milano: La Nave di Teseo.
[8] Frank D.J. e Meyer J.W. (2020), The University and the Global Knowledge Society Princeton, NJ: Princeton University Press.
[9] Geeraerts D. (2009), Theories of Lexical Semantics, Oxford, 2009; online edn, Oxford Academic Press.
[10] Cfr. Forse non sono solo parole, Salvatore Soresi, La.R.I.O.S, Università di Padova.
[11] Soresi S. (2022). Informazione, fra problemi ribelli e speranze per il futuro. In Adolfato M., Nota L. e Reale R. (a cura di). Aver Cura del Vero, Portogruaro (Ve), Nuovadimensione.