Kamala Harris e Donald Trump sulla scuola

Le politiche per l’istruzione di due “americhe” in competizione

“Americans on November 5 will be electing a wartime president. This isn’t a prediction. It’s reality” (The Atlantic, 22 ottobre 2024).

La più imprevedibile elezione presidenziale avviene nel momento geopolitico più pericoloso dopo la seconda guerra mondiale. Una linea bipartisan attesa di fronte ad una minaccia globale contrasta con la polarizzazione ben rappresentata dalla competizione tra Kamala Harris e Donald Trump per l’appuntamento del 5 novembre. Spazzato via è ogni dubbio sulla permanenza delle differenze tradizionali tra la destra e la sinistra.

Due programmi antagonisti

La tornata elettorale appare come la riedizione del match di quattro anni fa tra Donald Trump e Joe Biden. Focalizzando, tuttavia, l’attenzione sulle politiche per le scuole affiorano due “americhe” antagoniste, dai profili opposti dei contendenti ai contenuti divergenti dei rispettivi programmi.

Fin dal loro incipit l’Agenda 47 del Partito Repubblicano e la piattaforma 2024 approvata dalla Democratic National Convention nell’agosto 2024 marcano i rispettivi territori. Il manifesto dei Repubblicani con i suoi “Ten principles for achieving great schools that lead to great jobs” pone l’educazione di rango come chiave per il successo, lavorativo e professionale, di alta gamma. Di segno opposto, all’insegna dell’equità, i Democratici sostengono che “every student deserves a quality education, regardless of their parents’ zip code or income”[1].

Radicalizzazione della destra, “culture wars” e ripolarizzazione dell’elettorato

L’abituale distinzione tra progressisti e conservatori con le loro ispirazioni filosofiche e ideali (da John Dewey a Milton Friedman) va oggi rivisitata. La radicalizzazione della destra liberale, infatti, ha creato l’humus per le “culture wars”[2] e per le spinte anti-establishment. L’erosione delle tradizionali fedeltà politiche, inoltre, delle minoranze etniche (dal 1964 al 2024[3] è diminuito del 25% il loro appoggio al partito progressista) e il quasi rovesciamento della relazione tra appartenenze partitiche e livelli di reddito[4] hanno modificato la geografia del panorama elettorale. In questo rimescolamento delle carte si registra anche, per la prima volta nella sua storia, la rinuncia del sindacato dei lavoratori degli autotrasporti e della logistica a far sentire il peso dei suoi 1.300.000 iscritti sulla competizione elettorale.  

Le “culture wars” degli ultimi decenni hanno spostato l’attenzione su temi quali la “critical race theory”[5], l’identità di genere, i diritti delle minoranze sessuali (lesbiche, omosessuali, transessuali) nonché sull’insegnamento del razzismo e sui libri in uso nelle classi. Già negli ultimi mesi della sua precedente amministrazione Donald Trump, sostanzialmente inerte sulle riforme della scuola, aveva creato una commissione sulla “patriotic educationn” allo scopo di “consentire a una generazione emergente di comprendere la storia e i principi della fondazione degli Stati Uniti nel 1776 e di impegnarsi per formare un’Unione più perfetta”. Nel dibattito politico hanno preso così spazio questioni identitarie (diritti civili, diatribe valoriali, morali, religiose, di genere) con una rimozione delle questioni economiche a favore di quelle considerate culturali.

Questo è il contesto per scomporre il policy mix dei manifesti elettorali attraverso diversi livelli di lettura: esaminando Il rapporto tra criticità della scuola e programmi elettorali passando poi a individuare le proposte tipiche e alternative dei due schieramenti per concludere con i nodi da sciogliere ad elezioni avvenute.

Educazione della prima infanzia

I livelli di partecipazione all’Early Childhood Education (ECE) – prima infanzia – negli Stati Uniti sono inferiori a quelli dei paesi occidentali (a 3 anni il 38%, a 4 anni il 63% e a 5 anni l’82% contro i valori OECD rispettivamente del 75%, 89% e 85%)[6]. Dal punto di vista dello sviluppo cognitivo una ricerca OECD condotta nel 2020[7] riconosce che ci sono margini di miglioramento.

La crisi nei servizi per l’infanzia è grave. Una preoccupazione diffusa sono i costi che i genitori devono affrontare, cresciuti tra il 1991 e il 2024 il doppio dell’inflazione passando dal 7% al 10-20% del reddito familiare. Nel 2018 il 51% degli americani viveva in una situazione in cui l’assistenza ai bambini (Child Care Desert) non godeva di servizi per tutti, la domanda era tre volte superiore all’offerta. Gli stipendi, inoltre, inferiori a quelli dei settori a bassi salari, non facilitavano il reclutamento di personale preparato. Molti Stati hanno fatto investimenti significativi, spesso però limitati alla fascia dei tre e quattro anni di età. Malgrado ciò, permangono diffusi gap con varie conseguenze tra cui la ridotta attrattività dei territori per gli insediamenti produttivi. Pur essendo la “child care crisis” un tema bipartisan le proposte di soluzione divergono tra i candidati.

Soluzioni divergenti per affrontarla

La piattaforma del Partito democratico sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili (la frequenza della scuola dell’infanzia ha un forte valore predittivo della riuscita scolastica successiva) lancia l’obiettivo della generalizzazione di un servizio educativo a 4 anni di età gratuito facendo risparmiare alle famiglie di cinque milioni di bambini 13.000 dollari ogni anno. L’investimento è la via per superare le disuguaglianze nella fruizione del servizio e per contrastare lo svantaggio sociale e culturale. L’intervento, peraltro, risulta particolarmente significativo in assenza di standard comuni per le assenze retribuite per maternità.

Sul tema Donald Trump prevede la deducibilità fiscale per le spese affrontate dalle famiglie. Le minori entrate sarebbero compensate dalla riduzione del coinvolgimento del governo federale nel campo dell’educazione con un taglio ai relativi fondi oltre che dalle imposizioni previse per le importazioni. Secondo alcuni economisti i dazi imposti si ripercuoteranno sui costi dei beni senza reale vantaggio per le finanze dello Stato. Della deduzione fiscale o del credito di imposta, inoltre, beneficiano soprattutto le famiglie abbienti dal momento che una percentuale elevata della popolazione è esente dall’imposizione fiscale per basso reddito. Inoltre questa opzione presuppone che le famiglie siano in grado di risparmiare per affrontare le spese. Un piano, quindi, che dovrebbe prevedere da 200 a 600 miliardi di dollari in 10 anni, rischia di essere a vantaggio delle famiglie a reddito elevato.

La scelta della scuola è un’istanza divisiva

La fiducia di lunga data nel libero mercato e nella competizione senza confini, con la conseguente limitazione degli interventi del Governo, ha segnato l’imprinting della cultura politica degli Stati Uniti. Da sempre i Repubblicani hanno sostenuto il principio dell’universal school choice, la generalizzazione del principio della li bera scelta da parte dei genitori della scuola per i propri figli con i dollari necessari. In questa direzione si è affermato il movimento per la school-choice, che secondo Donald Trump è una “a civil-rights issue of our time”. La scelta della scuola è un capitolo della storia dell’educazione negli USA[8] e la base di numerose decisioni politiche[9].

Una gamma di opzioni

L’evoluzione in corso presenta una gamma di opzioni, dalle scuole private all’homeschooling, dalle Charter schools alle magnet schools, dalle scuole pubbliche della school zone di appartenenza a quelle dello stesso distretto, dalla scuola privata alla scuola pubblica di altro distretto. Vari sono anche gli strumenti operativi, dall’Education Savings Account (ESA), fondi pubblici di risparmio ad uso discrezionale dei genitori con figli nel settore K-12[10], ai Vouchers, fondi generalmente dei distretti che sono dati alle famiglie sotto forma di buoni per pagare le rette scolastiche nelle scuole private, Tax-Credit Scholarship, esenzione fiscale parziale o totale per le donazioni private a organizzazioni non profit che offrono borse di studio per la frequenza scolastica. Dal 2000 al 2016 gli studenti delle Charter Schools sono passati da 400.000 a oltre 3 milioni ed è quasi raddoppiato il numero di homeschoolers.  Il numero di studenti che usano i voucher è passato da 212.000 nel 2012 a 600.000 nel 2021. Il movimento è espansione: 29 Stati oltre al District of Columbia hanno almeno un programma per la scelta della scuola: di questi 12 hanno almeno un programma universalmente accessibile a tutti gli studenti K-12.

La cifra complessiva degli studenti interessati è ancora ridotta in un paese con 50 milioni di studenti (il 90% continua a frequentare scuole pubbliche). Diventa, tuttavia, significativa soprattutto nei distretti che ne fanno largo uso[11].

Da notare che nelle scuole pubbliche sono più alte le percentuali di studenti Black e Hispanic e più numerosi gli studenti di famiglia monoparentale e con genitori senza diploma di scuola secondaria. Vario è anche il livello di soddisfazione dei genitori (77% nelle scuole private, 60 nelle scuole pubbliche di scelta e 54 nelle scuole pubbliche assegnate).

Le due posizioni antagoniste

Nel piano di Trump per la scuola è prevista la Parental Bill of Rights (Carta dei diritti parentali) per la trasparenza del curriculum e l’“universal school choice”,

Decisamente contrari alla school-choice sono i Democratici. Nella loro piattaforma si legge: Ci opponiamo all’uso dei vouchers per la scuola privata, crediti d’imposta sulle tasse scolastiche, borse di studio e altri programmi che deviano le risorse finanziate dai contribuenti dall’istruzione pubblica. Le tasse pubbliche non dovrebbero mai essere usate per discriminare”. Allo stesso tempo c’è l’impegno ad imporre alle Charter schools gli stessi standard di trasparenza delle scuole pubbliche. Kamala Harris, “a public-school student”, ha scelto, peraltro, come candidato alla vice-presidenza il governatore del Minnesota Tom Walz, un ex-docente di scienze sociali nelle scuole pubbliche. La candidata democratica gode, inoltre, dell’appoggio della National Education Association, dell’American Federation of Teachers e dell’American Federation of School Administrators tradizionalmente ostili ad ogni privatizzazione della scuola pubblica.               

Un sistema educativo fortemente decentrato

Il sistema federale americano e la storica sfiducia verso forti poteri centrali sono alla base di un sistema educativo fortemente decentralizzato. La Costituzione americana non menziona esplicitamente l’educazione ma il 10° Emendamento stabilisce che ogni potere non specificamente delegato al Governo federale è attribuito ai singoli Stati. Così i 50 Stati, oltre al District of Columbia, sono sovrani e hanno in carica l’istruzione. I finanziamenti provenienti dal Governo federale sono limitati al 12% delle risorse complessive per l’istruzione (la media dei paesi OECD è del 60%)[12].

Con il tempo l’area di azione del Governo federale si è, tuttavia, estesa. Numerosi sono stati i programmi varati da presidenti democratici e repubblicani. Il Department of Education (DoE), la cui attuale fisionomia risale al 1980, ha acquisito un ruolo crescente arrivando a gestire finanziamenti (più di 30 miliardi di dollari) rivolti a studenti con disabilità e ad alunni delle comunità a basso reddito.

Due visioni contrastanti

Secondo le dichiarazioni di Donald Trump l’Office of Civil Rights del Department of Education (DoE) è da abolire riportando tutto il potere ai singoli Stati e potenziando il ruolo delle famiglie. Il tema della soppressione mantiene un carattere anche simbolico come esempio di lotta antisistema anche se con il tempo Trump ha lasciato l’iniziativa alla destra più radicale. Paradossalmente, infatti, l’Agenda 47 contiene interventi che presuppongono regolazioni federali con un aumento significativo del potere esecutivo del Presidente.

Sostiene, al contrario, il potenziamento dell’intervento federale per far fronte a problemi di grande rilievo e urgenza il Partito Democratico di Kamala Harris. Con i fondi federali è possibile rimediare all’inadeguatezza di alcuni distretti nell’affrontare la disabilità e l’educazione per le minoranze. Inoltre Kamala Harris intende espandere il DoE per assicurare i diritti civili agli studenti e combattere le discriminazioni sulla base del sesso, delle origini nazionali, delle barriere linguistiche, della religione o della disabilità. Per la candidata democratica occorre, inoltre, ripristinare il ruolo di guida del DoE sulla disciplina nelle scuole e con attenzione alle pratiche discriminatorie nelle sospensioni e nelle espulsioni degli studenti. 

Azioni per la scuola nel manifesto dei Repubblicani

Nella Agenda 47 domina il tema della rifocalizzazione della scuola sulla preparazione al successo dei bambini nel mondo del lavoro (children to succeed in the world of work)[13] in contrapposizione alla presunta indottrinazione dei giovani con argomenti razziali, sessuali e politici inappropriati (indoctrinating young people with inappropriate racial, sexual, and political material).

Una priorità è il ripristino dei diritti dei genitori alla trasparenza e all’informazione su quanto avviene nelle scuole. Va riconosciuto ai genitori il potere, oltre che di eleggere direttamente i dirigenti di scuola, anche quello di licenziare dirigenti non adeguati e docenti non all’altezza del compito. “Great schools require great teachers – and great teachers demand great principals”: è lo slogan della visione sugli insegnanti e sui dirigenti di scuola di Donald Trump. Tra le proposte emerge quella della creazione di una nuova agenzia che dovrà certificare gli insegnanti che condividono i valori patriottici e la generalizzazione del merit pay superando la garanzia di continuità nei loro contratti di lavoro.

Al centro dell’insegnamento dovranno essere “Knowledge and Skills”, alternativi alla “gender Indoctrination“. Fondamentali sono “reading, writing, math, science, arithmetic, and other truly useful subjects” lasciando fuori dalle classi “the left’s ‘equity’ agenda”. “Love of Country” è lo spirito che deve permeare l’insegnamento. Va ripristinata la President’s Advisory 1776 Commission del 2020, per supportare la “patriotic education”[14]. Un curriculum identitario, secondo Donald Trump, è la via maestra per riscoprire le radici nei principi fondativi della società, la strada per una rinnovata unità americana. In questo ambito si colloca anche la “Freedom to Pray” per riportare la preghiera nelle scuole e l’appoggio del candidato repubblicano al book banning movement che dal 2021 ad oggi ha visto la proibizione a scuola da parte di singoli Stati di oltre 10.000 titoli[15].

Toni repressivi e punitivi sono contenuti nel paragrafo sulla scuola “Safe, Secure, and Drug-Free” in cui si prevede, tra l’altro, l’espulsione immediata di ogni studente che danneggi o ferisca un insegnante o un compagno o faccia uso o sia in possesso di sostanze stupefacenti. Sostegno viene dato, inoltre, ai distretti per il porto d’armi ad insegnanti altamente preparati e per il reclutamento di guardie armate ben addestrate.           

Azioni per la scuola nella piattaforma dei Democratici

Di taglio opposto è il panorama di lavoro del partito avverso. L’approccio è meno divisivo e le aree di intervento sono identificate in modo puntuale anche se manca un’elaborazione operativa degli obiettivi e l’indicazione delle strade per raggiungerli. Sotto il cappello del principio generale che “l’amministrazione sostiene una moltitudine di approcci che hanno dimostrato di aiutare gli studenti a imparare” sono elencate le priorità, alcune in linea di continuità con iniziative prese con la Presidenza di Joe Biden.

L’assenteismo cronico, una delle crisi attuali più laceranti, va contrastato con il supporto sociale ed emotivo nelle scuole e con l’offerta di programmi dedicati partendo dall’affermazione che le aspettative elevate sono legate alla frequenza degli studenti. Fornire servizi di tutoring anche intensivo per gli studenti, estendere gli orari giornalieri di scuola e prolungare la durata dell’anno scolastico annuale sono misure da tempo nel paniere dei democratici. Basate sulla cooperazione territoriale le community schools devono disporre del supporto finanziario pubblico anche per la loro espansione. Elevare i livelli di apprendimento non significa punire gli studenti sulla base di prove statali standardizzate bensì fornire feedback tempestivi e ragionati sul loro progresso. Il finanziamento completo dell’Individuals with Disabilities Education Act (IDEA)[16] è indispensabile per dare una risposta alle attese degli studenti con disabilità. Investimenti aggiuntivi sono, inoltre, necessari per le scuole in situazione di povertà.

Con il suo Plan[17], ad integrazione della piattaforma del partito, Kamala Harris richiama l’enfasi sulla formazione per le STEM in modo da preparare le nuove generazioni a competere a livello globale. Prestando attenzione alle prospettive occupazionali e professionali di chi non accede al College la candidata democratica sottolinea l’importanza dell’apprendistato, dei programmi congiunti tra aziende e sindacati, delle partnership innovative tra industrie a distretti scolastici e dei programmi di Career and Technical Education. L’accesso alla classe media deve essere aperto a tutti non solo attraverso la frequenza del college e l’acquisizione di titoli accademici.

Fratture e praticabilità

Quando gli slogan felici “Not Going Back” e “A New Way Forward” di Kamala Harris o la parola d’ordine “Make America Great Again” di Donald Trump verranno a patti con la realtà ad elezioni avvenute si aprirà un periodo impegnativo per chi avrà avuto successo. L’implementazione, infatti, degli impegni presi con gli elettori sarà un decisivo banco di prova.

La divisione della popolazione lungo linee partitiche potrebbe rivelarsi uno scoglio. Secondo un sondaggio il ruolo del k-12 per i Repubblicani è valutato negativamente (61%) a fronte del 72% dei Democratici che lo ritiene positivo. I dirigenti di scuola riscuotono la fiducia da parte del 72% dei Democratici e del 52% tra i Repubblicani. Positiva è l’opinione sul ruolo dei sindacati degli insegnanti tra i Democratici (60%) contro il 22% dei Repubblicani. Il 52% dei Repubblicani ritiene eccessiva l’influenza federale contro il 20% dei Democratici. Contrapposizioni si trovano anche in relazione ai temi di insegnamento, dalla schiavitù all’identità di genere, dall’educazione sessuale alla posizione degli USA nel mondo e allo spazio alla religione nelle scuole pubbliche.

Le rappresentanze – Le iniziative presidenziali possono essere favorite o ostacolate dai membri del Senato (il 5 novembre 33 posti su 100 saranno rinnovati), attualmente composto da 49 Repubblicani e 47 Democratici e della House of representatives con 220 i parlamentari Repubblicani e 211 Democratici. Devono superare, inoltre, il vaglio da parte dell’attorney general (AG)[18], una sorta di “independent watchdog authority” (a livello degli Stati attualmente 22 sono indicati dai Democratici e 27 dai Repubblicani).  Di rilievo è poi il rapporto con i governi dei singoli Stati (nel 2024, 27 governatori appartengono al partito repubblicano e 23 a quello democratico) e con i distretti scolastici.

La scelta della scuola – La traduzione operativa, ad esempio, dell’“universal school-choice”, un pilastro del programma di Donald Trump, è legata al consenso della maggioranza dei membri del Congresso, possibile se si realizza la piena convergenza all’interno del partito, talora critico sull’invasione del potere federale. Non è, comunque, senza rilievo per la opposizione del Partito Democratico il consenso che esiste negli Stati a maggioranza repubblicana (red) e a maggioranza democratica (blue): un sondaggio del 2024[19] registra un consenso sulla “school-choice” tra elettori “White, Black, Hispanic and Asian” che oscilla tra il 69% e il 76%.

Gli interventi del DoE – Anche l’eventuale abolizione del DoE (Department of Education) va decisa dal Congresso. Contrasterebbe, peraltro, con un’opinione pubblica che chiede maggiori interventi del governo federale sull’educazione. Tra le righe, inoltre, dei documenti elettorali di entrambi i partiti, si legge la richiesta implicita di un vigoroso governo federale capace di dar seguito alle promesse fatte prima del voto. Sembra quasi adombrarsi l’attenuazione, se non la fine, della politica dello “stato modesto”, sia nella versione di stampo conservatore reaganiano (“Il governo non è la soluzione, il governo è il problema”) sia nell’impostazione neo-liberale dei progressisti.

Il merit pay – Problemi di traduzione operativa potrebbero anche presentarsi per l’elezione diretta dei dirigenti di scuola che non ha precedenti, per le questioni molto controverse della generalizzazione del merit pay per gli insegnanti e del superamento della stabilità del contratto degli insegnanti in contrasto, peraltro, con norme generali.

Più servizi – Proposte come la generalizzazione dei servizi per l’infanzia, lanciata dal Partito Democratico, suppongono un consistente flusso di risorse finanziarie per un arco medio-lungo di anni e richiedono un forte coordinamento tra le decisioni federali e gli interventi dei singoli Stati e dei distretti scolastici impegnati nelle realizzazioni sul campo.

Il potere esecutivo del Presidente

Rispetto alle tradizionali distinzioni di competenze l’iniziativa del Presidente ha acquistato un ruolo crescente. Le numerose azioni unilaterali dei presidenti hanno generato una administrative presidency, cioè da parte di chi siede alla Casa Bianca l’uso del potere esecutivo per perseguire obiettivi politici ricorrendo a vari strumenti (“executive orders”, “proclamations”, “directives”, “memoranda”, sottoscrizione di documenti e di dichiarazioni…). Le probabilità di realizzazione degli annunci elettorali, qualunque sia il partito ad uscire vincitore il prossimo 5 novembre, dipenderanno dalla declinazione di modern presidency che sarebbe riduttivo considerare come una scappatoia per evitare il processo legislativo del Congresso[20].

L’educazione oscurata?

Il primo, e forse unico, dibattito tra i due candidati ospitato da ABC News l’11 settembre 2024 è stato dominato da argomenti forti, dalla immigrazione all’aborto, unitamente all’affidabilità dei contendenti per il ruolo presidenziale, non lasciando spazio alla scuola, salvo un cenno, in apertura, al sostegno alle famiglie per l’infanzia.

Evidente appare la discontinuità con la tradizione. Nel recente passato la maggior parte dei candidati presidenti avevano tracciato piani di dettaglio sulla scuola, partendo fin da John Kennedy e Lyndon Baines Johnson. George H.W. Bush voleva essere il presidente della scuola, Bill Clinton vedeva le scuole come strumenti per costruire un ponte al 21 secolo. George W. Bush si prefisse il “no child left behind” e orientò il partito repubblicano verso una maggior attenzione alla scuola. Barak Obama non ha avuto paura dell’opposizione dei sindacati per lanciare il merit pay per gli insegnanti e ha investito sulla prima infanzia. Ognuno di essi ha tradotto gli slogan in proposte e programmi di lavoro. Con gli ultimi candidati presidenziali la questione dell’educazione è scivolata dai primi posti in agenda e i contendenti sono diventati sempre più cauti nei loro programmi sulla scuola.

L’assenza di una visione ambiziosa per la scuola del Paese, da un lato, e la prevalenza di uno spirito anti-establishment, dall’altro, hanno visto dominare la scena questioni importanti ma laterali o di margine, senza interessare direttamente l’intero sistema K-12. In questo contesto l’elenco di problemi assenti non è breve, dal declino storico dei livelli degli apprendimenti alla disomogeneità di risultati tra gruppi sociali, dalla permanenza della segregazione delle scuole all’emergere delle criticità legate alla salute mentale degli studenti, ivi compresa la carenza di insegnanti.

Se i contenuti opposti dei programmi per la scuola di Kamala Harris e di Donald Trump confermano che il tema dell’educazione non è stato del tutto rimosso, rimane la constatazione che sia stato per lo meno oscurato.


[1] Ogni studente merita un’istruzione di qualità, indipendentemente dal codice postale o dal reddito dei genitori.

[2] Cfr. Zimmerman J., Whose America? Culture wars in the public schools, University of Chicago Press 2022.

[3] Burn J.,”The left is losing its grip on ethnic minority voters”, Financial Times, 12 ottobre 2024, p. 8.

[4] Appartenenza politica e livello medio: una proiezione recente stima nello scaglione inferiore il supporto a Trump al 52% rispetto al 48% dell’avversario, mentre nella fascia più alta Biden raggiunge il 54% rispetto al 46% di Trump.

[5] Critical race theory è un approccio interdisciplinare che cerca di comprendere e di combattere le iniquità razziali nella società considerando la razza non come dato naturale e biologico ma come categoria costruita socialmente per opprimere la gente di colore. Dal 2020 queste posizioni hanno incontrato la feroce opposizione dei conservatori. Per una panoramica sull’origine e sui contenuti della “Critical race theory” cfr. Ladson-Billings G., Critical Race Theory in Education: A Scholar’s Journey, Teachers College Press, New York 2021.

[6] OECD, Education at a Glance, OECD, Parigi 2024 p. 177.

[7] Cfr. OECD, Early Learning and Child Well-being in the United States, OECD Publishing, Paris 2020 (https://doi.org/10.1787/198d8c99-en).

[8] Cfr. La ricostruzione del movimento della school-choice negli USA, delle prospettive teoriche, dal classico saggio del 1955 di Milton Friedman (The Role of Government in Education) a quello del 2011 di John E. Chubb e Terry M. Moe (Politics, Markets, and American Schools), del controverso dibattito politico e delle soluzioni adottate, dalla scelta della scuola alle Charter Schools in cfr. Ravitch, D., The Death and Life o the Great American School System. How Testing and Choice Are Undermining Education, Basic Books, New York 2010. Per un’analisi storica, politica ed educativa, estensiva e autorevole, delle iniziative di school choice cfr. Henig, J.R., Rethinking School Choice. Limits of the Market Metaphor, Princeton University Press, Princeton 1994.  

[9] “Which States Have Private School Choice?”, Education Week. 31 gennaio 2024.

[10] Con il termine K12 si intende l’educazione pubblica durante gli anni che precedono l’università. La lettera K è l’iniziale di Kindergarten e 12 indica il dodicesimo anno di scuola dopo la scuola dell’infanzia, ossia l’anno di scuola superiore che regolarmente si frequenta a 18 anni.

[11] Cfr. Wang, K., Rathbun, A. e Musu, L., School Choice in the United States: NCES 2019-106, 2019. U.S. Department of Education. Washington, DC: National Center for Education Statistics.

[12] OECD, Education at a glance, OECD Parigi 2024, p.313.

[13] Trump said in a September 2023 video describing his education proposals.

[14] Cfr. The 1776 Report, The President’s Advisory 1776 Commission, gennaio 2021. Il rapporto venne aspramente criticato dagli storici e fu oggetto di articoli critici sui maggiori quotidiani.

[15] Vedi: Promemoria sul divieto di libri scolastici da PEN America (i risultati preliminari nazionali per l’anno scolastico 2023-2024 mostrano un aumento drammatico nei divieti di libri).

[16] IDEA (Individuals with Disabilities Education Act) è la legge nazionale sull’istruzione speciale. Dà diritti e protezioni ai bambini con disabilità. Copre la loro vita dalla nascita fino al diploma di scuola superiore o all’età di 21 anni (a seconda di quale dei due si verifica per primo). Anche i genitori e i tutori hanno diritti secondo la legge.

[17] Harris K, A new way forward. A Plan to Lower Costs and Create an Opportunity Econom, 2024.

[18] L’attorney general (AG) è al vertice del Department of Justice (DoJ), è the chief law enforcement officer del Governo federale e il consigliere principale del Presidente sulle questioni legali.

[19] AFC (Federazione americana per l’infanzia), New Poll: School Choice Support at All-Time High.

[20] Thompson F.L., Wong K.K. e Rabe B.G.,Trump, the Administrative Presidency, and Federalism, Brookings Institution 2020.