Con la cerimonia di inaugurazione, svoltasi a Cagliari lo scorso 16 settembre, si possono considerare ufficialmente aperte le danze del nuovo anno scolastico 2024/2025.
Tradotto in cifre, questo vuol dire che, da qualche settimana a questa parte, hanno riaperto i cancelli circa 7.500 istituzioni scolastiche autonome, per un totale di quasi 60 mila punti di erogazione del servizio; sono tornati tra i banchi poco più di 7 milioni di studenti, grazie al lavoro di squadra di più di un milione di operatori del mondo della scuola[1], tra dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
Le raccomandazioni del Presidente della Repubblica
È intervenuto alla cerimonia, trasmessa in diretta sulla prima rete, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, con un accorato discorso rivolto ai giovani e a chiunque entri in contatto con loro, ha tracciato le coordinate di quella fucina chiamata scuola, delineando le direttrici dell’impegno di cui deve farsi promotrice: fiducia, responsabilità, dialogo, accoglienza e rispetto, quali valori fondanti da interpretare e proporre per educare ciascuno ad essere cittadino consapevole dei propri diritti e dei propri doveri, per sviluppare il senso di comunità e far sperimentare la convivenza. Una tensione, quella che si legge tra le righe del discorso pronunciato dal nostro Presidente nel corso della cerimonia, volta a preparare la generazione di giovani e giovanissimi studenti che abita le nostre scuole, a vivere questo tempo, non lasciandosi condurre alla deriva: “La scuola non è una bolla, un recinto, un mondo a parte. Ma un organismo che vive nella società e concorre al suo progresso. Siamo immersi in un cambiamento impetuoso a livello globale. Che ci costringe, di continuo e in ogni ambito, a fare i conti con nuove e sorprendenti realtà. La scuola non può restare ferma ma si deve inserire efficacemente nell’innovazione e nel cambiamento, così da contribuirvi, rendendo i ragazzi e le ragazze protagonisti di questo cambiamento. Il futuro non deve incutere paura. I nuovi orizzonti sono essi stessi frutto dell’ingegno e dell’opera umana. Il nodo della questione non riguarda le nuove scoperte e le nuove intuizioni, ma l’uso – benefico o fraudolento – che se ne intende fare. I processi di conoscenza e di nuove opportunità non si arrestano, ma bisogna governarli e orientarli al bene comune”[2].
Si può provare a ripartire da questa raccomandazione per ritrovare il senso del nostro agire, tra le novità che ci attendono già dalla prima campanella e le sfide, vecchie e nuove, pronte a ricordarci la complessità del fare scuola.
Summer learning loss
Numerose esperienze di ricerca si sono concentrate negli ultimi anni sul tema del learning loss, in concomitanza con il lockdown dovuto all’emergenza pandemica, nel tentativo di misurare l’impatto della chiusura delle scuole e dell’interruzione della normale frequenza scolastica sugli apprendimenti di studentesse e studenti[3].
Di fatto, il tema era già stato oggetto di attenzione in diverse realtà geografiche, soprattutto anglosassoni, e noto come summer learning loss[4], dal momento che, ben prima della pandemia, si era posta l’attenzione sulle conseguenze della pausa estiva sulla progressione e tenuta degli apprendimenti, in particolare in quei paesi, come il Canada e gli Stati Uniti in cui si registrava un’interruzione sufficientemente ampia da consentire una stima degli effetti.
Ed è al summer learning loss che qui si intende fare riferimento, considerando l’ampiezza della pausa estiva per i nostri studenti italiani, da sovrapporre ai dati sulla povertà educativa di cui disponiamo[5].
Learning loss e povertà educative
Va detto, infatti, che la situazione di bambini e adolescenti in povertà in Italia è in netto peggioramento: nel 2022 si trovavano in condizione di povertà assoluta il 13,4% dei minori. A questo dato va aggiunto il 23,5% in povertà relativa. In cifre, si tratta di quasi 3 milioni e mezzo di minori che vivono una condizione di povertà, con sacche preoccupanti che si concentrano nel Mezzogiorno e interessano, in generale, gli stranieri.
La povertà assoluta classifica le famiglie in base alla capacità di acquisire determinati beni e servizi, mentre la misura di povertà relativa è legata alla disuguaglianza nella distribuzione della spesa per consumi. Ben si comprende, allora, come la pausa estiva, che per i più dura circa tre mesi, con la relativa chiusura dei cosiddetti “rubinetti” delle risorse messe a disposizione dalla scuola, in termini di esperienze e opportunità, possa incidere notevolmente sugli studenti che provengono da contesti svantaggiati. La lunga pausa estiva non solo incide sull’apprendimento permanente, ma anche sulla prosecuzione degli apprendimenti al rientro, proprio perché viene a mancare l’offerta dei servizi educativi che compensano le disparità di partenza; si interrompe quel lavoro delle scuole volto a rimuovere gli ostacoli che si frappongono al pieno sviluppo della persona umana, come detta la nostra Costituzione.
Cosa fare in attesa di interventi più radicali
Nell’attesa che si possano esplorare soluzioni idonee a rimodulare l’anno scolastico, rivedendo, per esempio, i tempi di interruzione e/o popolando il tempo della sospensione di esperienze extrascolastiche di carattere formativo istituzionalizzate, è importante tener conto che i nostri studenti continuano a subire molti svantaggi; pensiamo a quelli che non hanno vissuto un’estate esaltante, dal punto di vista di stimoli e di opportunità offerte in famiglia. Questo vuol dire maturare la convinzione di poter agire su svariati fronti:
- costruendo e/o aderendo a Patti educativi di comunità che possano cementare le alleanze a favore dei minori più fragili;
- agendo sulle famiglie e sulla costruzione di reti di supporto orizzontali;
- provando a cucire in modo sartoriale, nella collaborazione con il Terzo settore, una proposta integrativa, da poter vivere, dentro e fuori la scuola, per compensare il vuoto della lunga pausa estiva;
- offrendo, nell’immediato, un supporto specifico come forme di tutoring e mentoring o, comunque, di accompagnamento, anche tra pari, al percorso scolastico curricolare, laddove siano evidenti fragilità di tipo cognitivo, relazionale ed emotivo.
Si tratta di azioni che non solo possono sostenere un sereno rientro a scuola di ciascuno, ma rappresentare un serio investimento nelle misure di prevenzione e contrasto ai divari educativi e alla dispersione scolastica, sia essa esplicita o implicita[6]. Sono azioni necessarie proprio per quelle schiere di studenti già afflitti da marginalità e fragilità economica, sociale e culturale.
“Richiamo alle armi”?
Seppure manchi la suspence da romanzo poliziesco, anche in questo settembre ci sembra di trovarci di fronte alla cronaca di una morte annunciata: le notizie da prima pagina che vedono coinvolti ragazzi in età scolare dilagano, così come rimane sempre attuale l’emergenza educativa che pone sul banco degli imputati la scuola. Perché si sa che il dibattito pubblico e politico sulla scuola è prigioniero dei fatti di cronaca e i fatti di cronaca, in ambito scolastico o che vedono come protagonisti i più giovani, non scarseggiano mai.
E così, dovendo porre un argine alla crisi dei valori e dei modelli di comportamento dei giovani, alla progressiva diminuzione della cultura civica, al dilagante disamore verso le istituzioni e verso i beni pubblici, all’aggressività e alla violenza, perpetrate nel mondo reale e in quello virtuale, non può mancare una chiamata alle armi che, a suon di divieti e nuove indicazioni, orienti la scuola e l’aiuti a mantenere la barra dritta. Ma procediamo con ordine, rigorosamente cronologico.
Smartphone a scuola e registro elettronico
Mentre le aule si stavano ancora liberando del vociare dei nostri studenti, con propria nota il Ministero dell’Istruzione forniva disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione[7]. La circolare, non rappresenta affatto una novità, ponendosi, come è noto, nel solco della tradizione di quelle disposizioni diramate ciclicamente con lo scopo di contenere il fenomeno sempre più dilagante dell’uso improprio dei cellulari a scuola[8]. Lo Statuto delle studentesse e degli studenti[9] si era limitato ad una elencazione dei diritti e dei doveri degli allievi in ambito scolastico, che avrebbero trovato opportuna declinazione nei regolamenti delle singole istituzioni, chiamate a individuare nel dettaglio i comportamenti da considerare vere e proprie mancanze disciplinari. Ora, con le circolari citate si è voluta conferire maggiore evidenza al fenomeno, puntando, senza giri di parole, a vietare l’uso dei telefoni cellulari a scuola nel primo ciclo di istruzione, anche per scopi puramente didattici.
Le ragioni non sono ricondotte, almeno non esplicitamente, al processo di progressiva decadenza del rispetto delle regole, dell’altrui dignità e libertà, dentro e fuori la scuola, bensì alla correlazione negativa tra uso degli smartphone e livello degli apprendimenti degli studenti.
Le indicazioni dell’UNESCO 2023 e dell’OCSE-PISA 2022
Il Rapporto UNESCO 2023 che esplora il ruolo della tecnologia nell’istruzione, citato nella nota dello scorso luglio, mette in guardia sugli effetti del digitale: se è vero, infatti, che l’adozione della tecnologia ha comportato molti cambiamenti nel campo dell’istruzione, è però discutibile che la stessa abbia trasformato e potenziato l’apprendimento degli studenti. L’impatto positivo dipende, di fatto, non dal numero e dalla tipologia dei device a disposizione, ma dalla spinta pedagogica e dalla cornice didattica all’interno della quale vanno ad iscriversi strumentazioni e applicazioni. E mentre risulta sempre più complesso evidenziare gli effetti positivi delle numerose opportunità offerte dalla tecnologia – la personalizzazione dell’apprendimento, il coinvolgimento attivo e collaborativo, l’inclusione – appare evidente l’esposizione al rischio di distrazione e disimpegno[10]. Del resto, anche l’indagine PISA 2022 aveva posto l’attenzione sulla correlazione tra il modo con cui gli studenti approcciano strumenti e risorse digitali durante le lezioni e la misura con cui potrebbero disimpegnarsi, determinando caduta dell’attenzione e deconcentrazione. Gli studenti possono facilmente essere tentati dal fare più cose contemporaneamente, spostare la loro attenzione su altre informazioni o stimolazioni e utilizzare i device per attività che non hanno scopo didattico, con evidente ricaduta sulla qualità e quantità degli apprendimenti maturati[11].
Un dibattito ancora aperto
Non manca, poi, un riferimento agli effetti sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo dell’uso prolungato dello smartphone. A casa come a scuola può incidere sull’aumento di tutte le forme di isolamento sociale volontario e di dipendenza dai social e, più in generale, sulla salute mentale dei più giovani.
Il dibattito, tuttavia, accanto a posizioni più radicali, che attribuiscono all’utilizzo degli smartphone e dei social media la causa del progressivo aumento dei livelli di depressione, ansia e autolesionismo tra gli adolescenti[12], vede anche l’affermarsi di riflessioni tutt’altro che definitive. È convinzione comune che l’uso regolare della tecnologia digitale sia dannoso per la salute mentale dei bambini, ma le prove su questo argomento non sono ben chiare. I risultati delle ricerche sono contrastanti, inclusi gli studi che mostrano i vantaggi dell’uso del digitale e l’impatto negativo dell’esclusione digitale dei bambini. Esistono altri rischi evidenti (anche per gli adulti) in termini di perdita di privacy, cyberbullismo e sfruttamento sessuale. È importante che vengano compiuti sforzi per fornire agli studenti le competenze necessarie perché possano affrontare questi rischi, per sostenerli e proteggerli, rispettando allo stesso tempo le loro capacità di sviluppo mentre si avviano vero l’età adulta[13].
Alla luce delle emergenze che si affacciano sulla scena educativa, viene richiesto alle scuole del primo ciclo di istruzione di assumere una regolamentazione più stringente in materia, salvaguardando l’utilizzo dei device incriminati all’interno dei percorsi personalizzati e inclusivi, e di rendere edotti gli studenti sul corretto utilizzo delle nuove tecnologie, come previsto dal DigComp 2.2, quadro delle competenze digitali per i cittadini[14].
Nuove linee guida per l’educazione civica
A distanza di poche settimane dal lancio dello stop ai cellulari in classe, il Ministro Valditara annunciava le Nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica, trasmesse nella stessa giornata al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), per il previsto parere, e pubblicate successivamente con D.M. n. 183 il 7 settembre 2024.
Le Nuove Linee guida sostituiscono integralmente le precedenti emanate con il D.M. n. 35 del 22 giugno 2020 e, a partire dall’anno scolastico in corso, terminata la fase sperimentale cos’ come era stata prevista dalla stessa legge 92/2019, i curricoli di educazione civica avranno traguardi e obiettivi di apprendimento definiti a livello nazionale e non più a livello del singolo istituto.
Restano (quasi) fermi i tre gli assi attorno a cui ruoterà l’insegnamento, vale a dire, lo studio della Costituzione, lo sviluppo economico e la sostenibilità, la cittadinanza digitale, come ferma resta soprattutto la centralità della persona umana, dei valori di solidarietà, di libertà, di eguaglianza nel godimento dei diritti inviolabili e nell’adempimento dei doveri inderogabili[15].
È confermata, altresì, la prospettiva trasversale dell’insegnamento di educazione civica, i cui nuclei fondanti sono già presenti nei curricoli di istituto. Lo sforzo cui sono chiamate le comunità professionali rimane quello di rendere esplicite le connessioni tra i saperi. Ogni sapere potrà orientare azioni finalizzate all’esercizio di diritti e doveri, alla tutela del bene comune, dei patrimoni materiali e immateriali delle comunità e ciò consente agli allievi, grazie ad adeguati approcci metodologici, di sperimentare e sviluppare in modo autentico la partecipazione, le competenze civiche, la cittadinanza attiva.
Gli ambiti da privilegiare
Le nuove Linee guida sottolineano la particolare attenzione da riconoscere ad alcuni ambiti, sulla scorta dei richiami della normativa nazionale: la tutela dell’ambiente[16], l’educazione stradale[17] e la promozione dell’educazione finanziaria[18]. Evidenziano, altresì, la necessità di cogliere le urgenze del nostro tempo quali, ad esempio, il bullismo e il cyberbullismo, la violenza di genere, la dipendenza dal digitale, l’uso di sostanze stupefacenti e i disturbi alimentari. Sono questioni cui conferire opportuno spazio, in coerenza con i curricoli d’istituto, elaborati sulla base delle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo, delle Linee Guida degli Istituti tecnici e professionali e delle Indicazioni per i Licei; naturalmente con l’opportuna gradualità connessa all’età degli allievi.
Per la scuola dell’infanzia, si prevede di avviare “iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza” cui possono concorrere tutti i campi di esperienza individuati dalle Indicazioni nazionali e che porteranno ogni bambino a sviluppare alcune competenze di cittadinanza che si manifestano in comportamenti etici e prosociali. Al fine di favorire l’unitarietà dei curricoli, a partire dalla scuola primaria, ciascuno dei nuclei è declinato in traguardi per lo sviluppo delle competenze[19] e obiettivi di apprendimento[20] riferiti ai vari gradi scolastici da conseguire entro il termine del secondo ciclo di istruzione. Gli obiettivi articolano le conoscenze e le abilità considerate funzionali allo sviluppo dei traguardi e delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente[21].
Stress da rientro a scuola
Il momento del rientro a scuola degli studenti sembrerebbe liberare i genitori dal completo carico dei propri figli. Ma, non è proprio così: le routine che scandiscono la vita scolastica dei nostri studenti non liberano le famiglie dalle loro responsabilità, neppure in parte, né da compiti e incombenze quotidiane.
Oltre al problema della ricaduta sul bilancio familiare delle spese sempre più onerose da affrontare in vista del rientro, a rendere la vita difficile ai genitori sono soprattutto gli aspetti organizzativi, legati alla conciliazione tra i tempi di lavoro e di vita, privata e familiare.
Si parla in questi casi di “stress da rientro a scuola” e l’ADN Kronos riferisce che, tra i ventisette Paesi europei, l’Italia è addirittura seconda[22].
Questo vuol dire che riagganciare le famiglie nella fase della ripresa può essere compito assai arduo, soprattutto perché nella fase di avvio dell’anno scolastico al possibile burnout genitoriale si sovrappone la necessità di riproporre tutte quelle disposizioni che regolano la vita della scuola.
Riagganciare le famiglie alle prese con la ripartenza
Senza voler appesantire la ripresa con un eccesso di informazioni e disposizioni, si rende necessario in questo primo periodo riconnettere innanzitutto la comunità educante intorno al Patto educativo di corresponsabilità[23], impegnando le famiglie a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa, assumendo, ciascuno per la propria parte, responsabilità e oneri.
Essenziale è anche la diffusione tra gli utenti del Regolamento d’Istituto che sintetizza i processi democratici interni alla scuola e rende praticabile il piano dell’offerta formativa del quale il regolamento costituisce norma e garanzia di attuazione.
Vitale, soprattutto in quei contesti dove la dispersione scolastica appare tutt’oggi un fenomeno allarmante, è rimarcare la responsabilità in capo ai genitori o tutori dell’adempimento dell’obbligo di istruzione.
I dirigenti scolastici operano, in tal senso, un puntuale controllo sulla frequenza scolastica, secondo quanto disposto con il Decreto-legge 15 settembre 2023 n. 123, convertito con modificazioni dalla legge n. 159 del 13 novembre 2023, che ha introdotto una significativa modifica dell’articolo 114 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (D.lgs. 297/1994). Oltre a ciò, l’introduzione dell’articolo 570 ter del Codice penale prevede l’inasprimento delle sanzioni a carico dei genitori dei minori responsabili dell’adempimento dell’obbligo di istruzione che evadono o eludono tale obbligo.
È necessario, dunque, che la scuola agisca su due piani che si integrano tra loro. Innanzitutto, deve azionare il curricolo esplicito, espressamente dichiarato e promosso in modo trasversale, attraverso i vari strumenti di cui dispone, regolamentari e formativi. Ma il suo impegno non può dirsi completo se non agisce anche sul curricolo implicito, cioè su quella parte sommersa dell’iceberg che non si lascia facilmente comprendere e interpretare, puntando sulla forza dell’ambiente di apprendimento come strumento di riflessione e come veicolo di attribuzione di senso.
[1] Il Portale unico dei dati della scuola, istituito formalmente con la Legge 107 del 2015, è lo strumento che il Ministero dell’Istruzione e del Merito mette a disposizione dei cittadini per dare concreta attuazione al principio della trasparenza, garantendo il libero accesso alle informazioni e ai dati della scuola. È raggiungibile al seguente indirizzo https://dati.istruzione.it/opendata/
[2] L’intervento integrale del Presidente Mattarella alla cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico 2024/2025 è disponibile al seguente link https://www.quirinale.it/elementi/120294
[3] In proposito, Che cos’è il Learning Loss e perché è importante misurarlo, pubblicato il 19 febbraio 2021 su Invalsi Open
[4] La prima ricerca sulla perdita dell’apprendimento viene solitamente fatta risalire a più di 40 anni fa all’influente pubblicazione Summer Learning and the Effects of Schooling di Barbara Heyns nel 1978
[5] “La povertà in Italia – Anno 2022” Rapporto Istat pubblicato lo scorso ottobre 2023.
[6] R. Ricci, La dispersione scolastica implicita, Invalsi open, 2019. Si parla di “dispersione esplicita” o manifesta, per indicare l’assoluta non scolarizzazione di un soggetto, l’abbandono, ossia l’interruzione del percorso di istruzione, la ripetenza, il ritardo o il rallentamento dovuti al ritiro dalla scuola per un determinato periodo di tempo, la frequenza a singhiozzo. Si utilizza invece l’espressione “dispersione implicita” o latente per riferirsi alla quota di studenti che conseguono il titolo previsto in esito ad un determinato percorso, ma non raggiungono i livelli minimi attesi di competenza.
[7] Nota MIM prot. n. 5274 del 7 luglio 2024 “Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione – A.S: 2024-2025”.
[8] Per citare le ultime indicazioni fornite in merito, basterà ricordare la nota MIM prot. n. 107190 del 19.12.2022 e linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti prot. n. 30 del 15 marzo 2007.
[9] D.P.R. n. 249/1998 modificato dal D.P.R. n. 235/2007.
[10] Rapporto UNESCO, 2023 – Global education monitoring report 2023 – Technology in education: a tool on whose terms?
[11] OECD – PISA 2022 Results Learning During – and From – Disruption Volume II
[12] J. Haidt, La generazione ansiosa, Rizzoli, 2024.
[13] UNICEF, 2024 – Report: The State of Children in the European Union.
[14] Commissione europea, 2022 – DigComp 2.2 Il Quadro delle Competenze Digitali per i Cittadini
[15] Le linee guida di cui alla legge n. 92 del 2019 prevedevano come secondo nucleo di approfondimento “Lo sviluppo sostenibile”. Le nuove Linee guida, proponendo la formulazione “Lo sviluppo economico e la sostenibilità” intendono mettere in risalto il rapporto tra crescita e tutela della sicurezza, della salute, della dignità e della qualità della vita delle persone, della natura e dell’ambiente.
[16] La Legge 17 maggio 2022, n. 60 prevede all’art. 9 la promozione, nelle scuole di ogni ordine e grado, di “attività volte a rendere gli alunni consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti, coordinando tali attività con le misure e le iniziative previste, con riferimento alle tematiche ambientali, nell’ambito della legge 20 agosto 2019, n. 92”.
[17] Si fa riferimento al Disegno di legge recante “Interventi in materia di sicurezza del codice stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285”.
[18] Il Decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2017, n. 15, all’articolo 24 bis ha fornito “Disposizioni generali concernenti l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale”.
[19] D.M. n. 254/2012: “I traguardi per lo sviluppo delle competenze rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo. Costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le istituzioni scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e della qualità del servizio. Le scuole hanno la libertà e la responsabilità di organizzarsi e di scegliere l’itinerario più opportuno per consentire agli studenti il miglior conseguimento dei risultati”.
[20] D.M. n. 254/2012: “Gli obiettivi di apprendimento individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze. Essi sono utilizzati dalle scuole e dai docenti nella loro attività di progettazione didattica, con attenzione alle condizioni di contesto, didattiche e organizzative mirando a un insegnamento ricco ed efficace”.
[21] La Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2018/C 189/01), che ha aggiornato e integrato la Raccomandazione del 2006, delinea otto tipi di competenze chiave: competenza alfabetica funzionale, competenza multilinguistica, competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria, competenza digitale, competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare, competenza in materia di cittadinanza, competenza imprenditoriale, competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
[22] Demografica ADN Kronos, 18 settembre 2024, Rientro a scuola: allarme burnout genitoriale, Italia seconda in Europa.
[23] D.P.R. n. 249/1998 (modificato dal D.P.R. n. 235/2007) Statuto delle studentesse e degli studenti.