Ci sono eventi che hanno profondamente inciso sulle nostre convinzioni ideologiche e persino su alcune nostre scelte. Eventi che hanno segnato il corso della storia e che non possono essere cancellati.
Era il 4 giugno del 1989 quando furono filmate le incredibili immagini di un giovane manifestante che blocca solo col suo corpo un carro armato nella grandissima piazza di Tienanmen. Quella immagine è diventata il simbolo di quanto accadde tra il 3 e il 4 giugno di quell’anno in Cina, a Pechino.
Quel giovane venne successivamente denominato “il rivoltoso sconosciuto”. Nessuno ha mai saputo chi fosse e nemmeno quale sia stata, poi, la sua storia.
La protesta di Tienanmen
Il 4 giugno sono trascorsi trentacinque anni dai fatti di Tienanmen. In quella grande piazza di Pechino, le manifestazioni che da settimane vedevano studenti e lavoratori chiedere a gran voce una svolta democratica del Governo cinese si tradussero in una protesta decisa, culminata nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989. Le immagini, che hanno fatto il giro del mondo e che sono diventate un simbolo di quella protesta, raccontano purtroppo di una dura repressione del Governo cinese.
I carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare irruppero, su ordine del Governo cinese, nella piazza e spararono a centinaia di persone riunite lì per esprimere il proprio dissenso e chiedere un cambiamento. A distanza di anni, non è mai stato reso noto il numero delle vittime.
Non sono previste commemorazioni ufficiali in Cina per quegli avvenimenti di cui, negli anni, si è tentato di ridurre la portata evocativa.
Le ragioni della protesta
La protesta era cominciata qualche mese prima, subito dopo la morte dell’allora segretario del Partito comunista cinese, considerato un riformista. Come la storia spesso ci ha mostrato, furono gli studenti a innescarla, unendo a migliaia le loro voci per manifestare contro il modello di governo autoritario sotto cui erano costretti a vivere.
Quello che denunciavano era in particolare l’assenza di libertà civili, su tutte quelle di stampa e di espressione, la corruzione sempre più diffusa e le condizioni di vita. Le proteste coinvolgevano anche la qualità di vita dei lavoratori, per i quali chiedevano il giusto salario.
Gli studenti di oltre quaranta università marciarono su piazza Tienanmen, e quell’onda non lasciò indifferenti i lavoratori e gli intellettuali che si unirono a loro per significare un dissenso profondo e dilagante. La protesta, però, non si esaurì nella manifestazione e la piazza di Tienanmen rimase permanentemente occupata, nonostante il Governo ne chiedesse lo sgombero. Ma i manifestanti e le voci del dissenso continuavano a salire, si parla di presenze che arrivarono al milione di cittadini, e la risposta violenta del Governo, purtroppo, alla fine ebbe luogo: con l’esercito, gli arresti e centinaia di morti.
La versione ufficiale fu che l’azione militare fosse indispensabile per scongiurare la minaccia di quell’onda di studenti, accusati di complottare contro lo Stato e che, quindi, l’intervento dell’esercito si rese necessario per ripristinare l’ordine pubblico.
Non si è mai saputo il numero effettivo dei morti, né tanto meno quello degli arrestati o degli scomparsi. Tutto tace in un tentativo di oblio.
Il rivoltoso sconosciuto
Il rivoltoso sconosciuto era senza dubbio coetaneo di quanti, compresa la scrivente, nel lontano 1989 erano poco più che ventenni. Quello del 1989 è stato un movimento trasversale, con focolai in tutte le grandi città della Cina dell’epoca, culminato appunto nei drammatici fatti di piazza Tienanmen.
Quei fatti sono ancora oggi, in Cina, un tabù, un ricordo amaro che deve essere cancellato. Molti ritengono che ciò che è accaduto nel 1989 sia un fatto occidentale e legato alla caduta del muro di Berlino e alla fine della guerra fredda. Fu invece anche il momento più drammatico nella storia dell’evoluzione del sistema cinese.
Fa riflettere su quanto accadde e su quanto abbia significato e significa quella protesta. Fa riflettere la denuncia di Amnesty International, secondo la quale tantissimi attivisti per i diritti umani che vorrebbero commemorare la strage di Tienanmen sono stati minacciati o arrestati.
L’Europa della fine degli anni Ottanta
Quale clima politico si respirava allora in Europa? Furoreggiava la Glasnostdi Gorbaciov. Proprio in quell’anno, il 16 e 17 maggio Gorbaciov fece una visita in Cina, dopo 19 anni di assenza dell’URSS. La sua visita rappresentò un simbolo di rinnovamento e di riforma, diede slancio ai giovani ventenni cinesi e li portò a percepire che potevano finalmente parlare di nepotismo, di mancanza di libertà, di confronti e dibattiti.
Tutti uniti nel proposito di rinnovare una Cina che le riforme economiche del 1988 stavano cambiando profondamente.
Il ricordo negato
La Cina di oggi è riuscita a costruire una memoria collettiva che ha dimenticato quel periodo, definito dagli organi di governo una “legittima risposta a una ribellione studentesca”. Vi è anche un forte controllo dell’informazione, con i principali siti web e social media pronti a censurare sistematicamente parole chiave legate a quel 4 giugno.
C’è ancora spazio per il dissenso?
E i giovani cinesi di oggi? Da parte delle nuove generazioni si assiste ad una forte attenuazione della dimensione ideale, spinti verso un preponderante consumismo. È assai improbabile che si verifichino proteste come quelle del 1989. Il benessere raggiunto ha consentito a Pechino di guadagnarsi la fiducia della popolazione.
Oggi la Cina è un paese poliedrico e in grande trasformazione, dove però l’economia sta vivendo un pesante rallentamento e dove le disuguaglianze sociali si fanno sempre più evidenti.
La gente potrebbe tornare a protestare perché non è improbabile che verrà meno quella vita agiata che finora ha dato legittimità al PCC (partito comunista cinese).
Rimane pertanto una vaga speranza di cambiamento, specie se nel frattempo la Cina restituirà un nome e una memoria ai cittadini ingiustamente uccisi.
La speranza è che ci sia sempre un domani per la storia della libertà.