Nel contesto educativo contemporaneo, le sfide legate all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue sono molteplici, complesse ma sempre stimolanti. Michael Byram scriveva presentando il Quadro di Riferimento Europeo delle Competenze per la Cultura Democratica: “L’insegnamento delle lingue non dovrebbe limitarsi solamente alla comunicazione e allo scambio di idee – al dialogo interculturale – ma dovrebbe mirare a qualcosa di più: all’azione nel mondo, al coinvolgimento nella società civile, in particolare al coinvolgimento nella società civile internazionale. […] Abbiamo ora anche il dovere di preparare i nostri studenti per un mondo più interconnesso e diversificato”, (2018)[1].
Questo invito al cambiamento si è fatto anche più forte per effetto della pandemia: “Dobbiamo essere consapevoli che la sfida post-coronavirus non è solo rendere gli studenti di lingua straniera competenti nell’uso di modi di parlare e scrivere stranieri, ma piuttosto coinvolgerli nella vita di coloro che non parlano e non pensano come loro, che non vedono il mondo come loro e tuttavia da cui dipendono e a cui devono rendere conto” [2]. (Kramsch, 2022: 31).
Un nuovo documento del forum delle Associazioni
La necessità di affrontare il cambiamento, e soprattutto di farlo insieme, ha spinto numerose e importanti associazioni appartenenti all’area dell’Educazione Linguistica[3] a sottoscrivere un nuovo documento, intitolato “Officina per l’educazione linguistica, proposta per un rilancio”.
Il percorso che ha portato alla condivisione di questo documento affonda sicuramente le radici nella importante eredità del Forum delle Associazioni Disciplinari che il compianto Adriano Colombo coordinò negli anni 90 e nei primi anni del nuovo secolo. Quel forum era composto da disciplinaristi molto diversi fra loro che trovarono un terreno di confronto e di sintesi attorno a concetti oggi molto diffusi come “competenza”, “curricolo”, “trasversalità della lingua”, “epistemologia delle discipline”, “disciplina vs materia”.
Il lavoro di quegli anni trova una documentazione importante nei volumi 3 e 4 degli “Annali della Pubblica Istruzione” del 1999. Le associazioni disciplinari non si sono mai più ritrovate insieme dopo quelle esperienze di condivisione e progettazione. Ciascuna ha proseguito per la sua strada, soprattutto dopo la stagione del riconoscimento di Viale Trastevere, grazie al quale le associazioni sono state accreditate per la formazione del personale della scuola. Ognuna ha continuato a portare avanti idee e principi, lavorando con e per gli insegnanti che incontrava sulla propria strada attorno a progetti di diverso tipo.
Nel tempo l’azione associativa ha perso molta della sua efficacia rischiando talvolta una eccessiva autoreferenzialità. Non solo: i cambiamenti in corso sulla formazione iniziale e in servizio degli insegnanti hanno fatto sorgere di nuovo l’esigenza di provare a ricostruire una rete attorno ad una visione operativa condivisa.
Ripartire da Tullio De Mauro
Recentemente, nel giugno del 2023, le associazioni interessate si sono ritrovate in piazza Sonnino, a Roma, nella sede storica di Lend e Cidi che, assieme a Giscel, hanno dato l’incipit di questo nuovo racconto. Sullo sfondo della trama ci sono le “Dieci Tesi dell’Educazione Linguistica Democratica” di De Mauro e la consapevolezza che si potrebbero integrare con altre due, che lo stesso linguista ci ha lasciato in eredità: una undicesima e una dodicesima riferite alla dimensione corporea e “onlife” della persona e dei linguaggi.
“Una compiuta educazione linguistica è tale se si completa con la progressiva maturazione di un atteggiamento critico consapevole verso il sistema dell’informazione; […] parlando di radicamento corporeo, forse abbiamo sottaciuto l’esplicitazione di ciò che vuol dire: sviluppo delle capacità operative, pratiche, manuali e fondamentalità di questo fare cose e saper fare cose nella complessiva educazione intellettuale del genere umano” [4].
Sono due tesi attualissime e suggestive che si sposano perfettamente con le emergenze educative del mondo iperconnesso in cui l’educazione linguistica è elemento chiave essenziale.
Ecco allora il perché della scelta del sostantivo “officina”: vuole indicare uno spazio concreto, in cui agire, costruire, sperimentare, studiare e condividere le “buone pratiche”. Anche la parola “educazione linguistica”, ultimamente sostituita da “literacy”, ma non pienamente compresa nel suo campo semantico, è indicativa di una prospettiva ben chiara, quella della lingua come ricchezza e risorsa imprescindibile per lo sviluppo della persona e della società. Non si può inoltre, soprattutto oggi, rinunciare all’aggettivo “democratica” perché non sempre e non tutta l’educazione linguistica è democratica, sicuramente non lo è ogni tentativo di usare la lingua per discriminare, per creare separatezza, per dividere tra un “noi” e “gli altri”.
Ritornare ai fondamentali
Si sente l’esigenza di “tornare ai fondamentali” per poterli ricondividere prima fra le associazioni e poi oltre le associazioni, anche attraverso momenti formativi di particolare significatività. Bisogna, per questo, abbandonare la logica dell’“erogazione di un corso”, e porsi invece nella logica del mentore, cioè di quel consigliere saggio e fidato cui è riconosciuta autorità e competenza. C’è bisogno di uno stile più rigoroso e con una attenzione particolare all’idea di scuola, di lingua, di apprendimento e di formazione che le associazioni di educazione linguistica democratica oggi sanno bene rappresentare.
Il documento si propone infatti già dalle prime righe di favorire un’idea di lingua al centro del processo educativo, riconoscendola come fondamento nella costruzione dell’identità individuale e collettiva e nel sostegno alla partecipazione democratica.
Molto spesso nelle scuole la visione della lingua è molto riduttiva, non si tiene abbastanza conto della complessità e della ricchezza dei linguaggi umani. Questo atteggiamento si riflette spesso nella mancanza di coerenza tra insegnamento e studio delle lingue all’interno delle istituzioni scolastiche e percezione e utilizzo al di fuori della scuola. Il manifesto sottolinea l’importanza di riconoscere la diversità dei modi di comunicare e di costruire significati, che non si limitano alle lingue storico-naturali e alla comunicazione verbale. Il documento invita a considerare il plurilinguismo come risorsa e a valorizzare l’apprendimento linguistico anche in contesti non formali e informali, come parte integrante dell’educazione globale dei giovani cittadini.
È, tra l’altro, lo stesso dettato costituzionale, sulla funzione della scuola, che garantisce pienamente il ruolo dell’educazione linguistica nel promuovere pari opportunità per tutti i cittadini, come sancito dall’articolo 3 della Costituzione italiana. Tale principio rimane purtroppo ancora sulla carta e la scuola su questa mancanza ha una responsabilità importante.
La lingua per costruire l’identità della persona
Al cuore della proposta del documento si colloca, dunque, il concetto di lingua inteso non solo come strumento di comunicazione, ma come elemento che costruisce identità, forma pensieri, sollecita sentimenti e relazioni sociali. La lingua è un sistema complesso di usi che si adatta anche a contesti multiculturali. Il documento promuove quindi un approccio all’apprendimento linguistico come processo continuo in cui si costruiscono e si consolidano competenze; è un processo che supporta la creatività e l’autonomia degli studenti e che considera l’errore non come un ostacolo ma come parte integrante del processo di apprendimento.
La formazione come spazio di ricerca continua
Per affrontare queste sfide, la formazione continua degli insegnanti deve uscire innanzitutto dall’episodicità e dalla formalità, deve soprattutto incoraggiare la costruzione di spazi di ricerca, di sperimentazione e riflessione, in cui gli insegnanti possano condividere le proprie esperienze e conoscenze.
Il documento propone inoltre una serie di azioni concrete volte ad incentivare l’educazione linguistica democratica all’interno del sistema scolastico italiano. Tali azioni includono:
- la promozione di una visione condivisa della scuola e dell’apprendimento linguistico;
- il sostegno alla formazione dei docenti di tutte le discipline;
- il mentoring da parte di associazioni linguistiche;
- la creazione di un portfolio professionale per gli insegnanti;
- la ricerca di un equilibrio tra il digitale e la corporeità nella progettazione didattica ed educativa.
Si incomincia a parlare di “Stati Generali” dell’Educazione Linguistica? Chissà… intanto si può certamente riaffermare, dopo tanti anni, il valore dell’associazionismo come risorsa preziosissima per la scuola italiana.
[1] Developing the intercultural dimension in language teaching a practical introduction for teachers: “Language teaching should not just lead to communication and the exchange of ideas – to intercultural dialogue – but to something more than this: to action in the world, to involvement in civil society, in particular to involvement in international civil society. […] We now also have the duty to prepare our students for a more interconnected and diverse world.
[2] We have to be mindful that the post-corona challenge is not only to make foreign language learners proficient or competent in using foreign ways of speaking and writing, but rather to implicate them in the lives of others who don’t speak and don’t think like them, who don’t see the world like them and yet on whom they depend and to whom they are answerable.
[3] “Officina per l’educazione linguistica proposta per un rilancio”. Le associazioni aderenti al forum: AICLU; Associazione Italiana Centri Linguistici Universitari ASLI Scuola; Associazione per la Storia della Lingua Italiana sezione Scuola ANILS; Associazione Nazionale Insegnanti Lingue Straniere CIDI; Centro Iniziativa Democratica Insegnanti DILLE; Società Italiana di Didattica delle lingue e Linguistica educativa. APS GISCEL; Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica LEND; Lingua e Nuova Didattica MCE; Movimento di Cooperazione Educativa TESOL Italy – Teachers of English to Speakers of Other Languages.
[4] Cfr. Rivista “Insegnare” n. 4/2004.