Lo scorso gennaio, la senatrice di Fratelli d’Italia Carmela Bucalo ha depositato in Commissione Cultura e Istruzione un disegno di legge che proponeva l’istituzione del liceo del Made in Italy. La proposta sembra sia partita dall’idea di dare una ulteriore riconoscibilità ai prodotti del nostro Paese attraverso l’istituzione di un’apposita scuola volta a formare giovani intenzionati ad impegnarsi, anche a livello lavorativo, nella promozione e nella diffusione della cultura dei prodotti italiani.
Il Made in Italy al posto del Liceo economico sociale?
Nel secondo testo del disegno di legge, approvato in Consiglio dei ministri il 31 maggio 2023, si leggeva però questo passaggio: “A partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2024-2025, l’opzione economico sociale del percorso del liceo delle Scienze umane confluisce nel percorso liceale Made in Italy, ferma restando, per le classi successive alla prima, la prosecuzione ad esaurimento dell’opzione economico sociale. Di conseguenza, con effetto dall’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2 è abrogato il comma 2 dell’articolo 9, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, numero 89”.
La lettura di questo testo ha provocato una serie di reazioni perché non si immaginava che la nuova istituzione del liceo del “Made in Italy” comportasse la soppressione del LES (Liceo economico sociale). Dalla protesta del liceo “Fogazzaro” di Vicenza è nato il Comitato “Salviamo il LES”, composto da genitori e docenti, interessati al mantenimento dell’opzione economico sociale del liceo delle Scienze Umane, da dirigenti scolastici dei Licei interessati, a loro volta rappresentanti della Rete nazionale LES.
Un sacrificio poco gradito
Diverse sono le motivazioni che hanno spinto il Comitato a difendere il Liceo Economico sociale. La prima riguarda gli esiti a distanza e i risultati universitari degli ex studenti che sembrano molto incoraggianti. La seconda è che il LES risulta molto apprezzato sia dagli allievi sia dalle famiglie. In modo particolare non è stata gradita la scelta di istituire un nuovo liceo, tra l’altro profondamente differente, a danno di un altro con una sua storia e un suo percorso già consolidato (DPR 89/2010).
Il LES è stato sostenuto da associazioni di economisti come l’AEE Italia (Associazione europea per l’educazione economica), dalla Fondazione Rosselli, da diverse Università del Paese.
Nel tempo, seguendo il trend dei licei che ormai annoverano oltre la metà degli iscritti alla secondaria di II grado, il LES ha anche aumentato il numero degli iscritti: nell’anno scolastico 2023-2024 gli studenti che frequentano il primo anno sono 20.948 contro i 12.452 studenti che frequentano il quinto anno (fonte ministeriale).
Il LES viene, di fatto, ritenuto un liceo di forte attualità e in perfetta sintonia con le richieste del Paese e con le esigenze delle giovani generazioni.
La nuova opzione del Made in Italy
La rete dei Licei Economico sociali, mediante un’audizione della propria rappresentante alla X commissione della Camera (Attività produttive, commercio e turismo) e grazie al sostegno della VII Commissione Cultura della Camera è riuscita a far accogliere le proprie indicazioni di modifica della norma originaria che prevedeva l’abolizione del LES a favore di una nuova opzione: il “Liceo del Made in Italy” ora che va ad aggiungersi alle opzioni già esistenti.
Nel nuovo disegno di legge, infatti, non si propone più di abolire il percorso LES ma di aggiungere al sistema di istruzione liceale il nuovo liceo del Made in Italy, che potrà essere avviato all’inizio delle attività per l’anno scolastico 2024/2025.
Il provvedimento, attualmente in discussione alla Camera, richiede l’approvazione finale del Senato.
In attesa di un regolamento specifico del Ministro dell’Istruzione e del Merito, le prime classi saranno istituite su richiesta delle istituzioni scolastiche che hanno già, nel loro ordinamento, l’opzione economico sociale del Liceo delle scienze umane.
L’intento di promuovere e valorizzare le conoscenze e le competenze legate al prestigioso marchio Made in Italy avrà quindi bisogno, specialmente nella fase iniziale, di molta collaborazione delle scuole e del Paese.
Il “Made in Italy” dal percorso professionale a quello liceale
Tutelare il valore e la riconoscibilità dei nostri prodotti nel mondo attraverso una scuola dedicata è sicuramente un obiettivo importante: il Made in Italy va tutelato in tutte le forme. Ma tali intenti erano già palesi nelle precedenti legislazioni quando con il Decreto legislativo n. 61 del 13 aprile 2017 sono stati istituiti undici indirizzi di studio tra cui “Industria e artigianato per il Made in Italy”.
È pur vero che le iscrizioni al Liceo hanno una percentuale molto più alta delle iscrizioni agli indirizzi professionali (51% contro il 16,9%, nell’anno scolastico 2023-2024). È pur vero che il settore manifatturiero, che caratterizza il Made in Italy nel mondo, richiede un intreccio di competenze plurime e variegate costituite da conoscenze e abilità complesse ed articolate. Ciò non significa, tuttavia, che tali competenze siano valide solo se acquisite attraverso percorsi liceali.
Forse si poteva ripartire da ciò che esiste già e che ha come obiettivo proprio quello di far acquisire ai propri studenti competenze nei settori artigianali e industriali che innervano la produzione e l’economia del Paese.
La scelta sembra purtroppo orientata a rafforzare gli indirizzi liceali a scapito di quelli professionali. Il liceo Made in Italy non sarà, infatti, solo un’opzione, ma un istituto liceale a pieno titolo, equiparabile ai licei artistico, classico, linguistico, musicale, scientifico e delle scienze umane, compresa l’opzione del Liceo Economico Sociale (LES) che non verrà abolita, ma potrà coesistere con il nuovo percorso, con la sola condizione finanziaria che vieta l’aumento del numero totale di classi.
Un quadro orario senza novità rilevanti
Oltre alle discipline di base, che caratterizzano l’istruzione liceale, il quadro orario del nascente liceo si caratterizza per la presenza del Diritto, dell’Economia politica, della seconda Lingua e Cultura straniera mentre la Matematica comprenderà l’Informatica. Nella logica della valorizzazione delle discipline STEM, il Latino e la Filosofia, mancheranno all’appello.
La scelta, dunque, dovrebbe rappresentare un cambio di rotta per la difesa dell’italianità, ma ciò sembra avvenire applicando gli stessi paradigmi che hanno delineato un sistema scolastico secondario di secondo grado fortemente frammentato e diviso e senza alcuna osmosi.
Ci si aspettava una maggiore attenzione alle esperienze costruite faticosamente attraverso l’impegno formativo e di elaborazione metodologico-didattica dell’istruzione professionale. Il timore è anche quello che la licealizzazione del percorso possa ignorare o porre in secondo piano le infrastrutture laboratoriali, le competenze tecniche e il patrimonio di esperienza professionale acquisito nel tempo.
La parola “liceo”, sicuramente sarà molto attrattiva in termini di iscrizioni, ma la scelta difficilmente risolverà i problemi che ci trasciniamo da decenni. Se da un lato noi vantiamo il primato degli iscritti ai percorsi liceali, perché considerati i più solidi, contestualmente abbiamo anche il disonorevole primato nell’esiguo numero di laureati rispetto ai Paesi UE. Ci troviamo forse di fronte allo stesso senno che ispirava la scuola di nuoto, sulla quale ironizzava J. Dewey, poiché funzionante “a secco” al trentesimo piano di un grattacielo di New York[1]?
[1] G. Reale – D. Antiseri – M. Laeng “Filosofia e Pedagogia dalle origini ad oggi”, 1986, La Scuola, Brescia.