Il 5 ottobre scorso si è celebrato il World Teachers’ Day, cioè la Giornata mondiale dedicata agli insegnanti. Viene festeggiata ogni anno a partire dal 1994 con l’obiettivo di sostenere i docenti e di garantire i bisogni formativi alle future generazioni. Sappiamo che le istituzioni scolastiche per poter funzionare in maniera efficace hanno bisogno di avere a disposizione, fin dal primo giorno di scuola, un numero adeguato di docenti ben preparati. È un problema questo non solo italiano, ma mondiale. Non a caso il tema del World Teachers’ Day del 2023 è stato proprio dedicato al problema della carenza dei docenti: “Gli insegnanti di cui abbiamo bisogno per l’educazione che vogliamo: l’imperativo globale per invertire la carenza di insegnanti“.
Le origini della giornata
La storia della Giornata mondiale affonda le sue radici nella “Raccomandazione concernente lo Status dei Docenti” redatta a Parigi il 5 ottobre 1966[1] al termine di una conferenza organizzata dall’UNESCO[2] e dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). L’istituzione della giornata mondiale, però, è arrivata soltanto 28 anni dopo, nel 1994. Ogni anno viene scelto un tema di attualità per fronteggiare i tanti problemi legati all’educazione e all’insegnamento offrendo, in tal modo, l’opportunità di riflettere sulle sfide che gli insegnanti devono affrontare nella loro professione, ma anche l’opportunità di promuovere il miglioramento delle condizioni di lavoro.
Nel 2020, per esempio, in piena pandemia da COVID-19, il tema scelto fu “Insegnanti: guidare nelle situazioni di crisi, reinventare il futuro“, mentre il tema dello scorso anno è stato “La trasformazione dell’istruzione inizia con gli insegnanti“, un tema che ha focalizzato l’attenzione sulla capacità dei docenti di trasformare e rinnovare costantemente il percorso formativo degli studenti.
La carenza dei docenti: un problema mondiale
Il Direttore Generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, ha voluto mettere in evidenza che 44 milioni di insegnanti, di primo e di secondo grado, devono ancora essere reclutati a livello globale per raggiungere gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Con l’adozione dell’Obiettivo 4, “Istruzione di qualità”, i docenti vengono riconosciuti come soggetti chiave. Il loro impegno è fondamentale per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, di migliorare, quindi, la vita delle persone.
Malgrado tale consapevolezza, ad inizio di ogni anno scolastico, anche nella nostra realtà nazionale, si ripete lo stesso triste rituale mancando i docenti per coprire tutte le classi, le scuole si trovano a gestire una emergenza che va a ricadere negativamente sulla qualità dell’istruzione. I giorni che si perdono non sono ininfluenti, soprattutto per i ragazzi più fragili. È un problema posto in evidenza anche nel PNRR che ha previsto nuovi sistemi semplificati di reclutamento. Nella Riforma 2.1 si dice infatti: “L’attuale sistema di reclutamento degli insegnanti richiede una revisione finalizzata a poter coprire, con regolarità e stabilità, le cattedre disponibili con insegnanti di ruolo. Tale misura ha l’obiettivo strategico di comportare un significativo miglioramento della qualità del sistema educativo del nostro Paese che non può non passare attraverso un innalzamento delle professionalità del personale scolastico. Il processo normativo sarà avviato nel 2021 e concluso nel 2022”. In realtà, come è noto, il percorso è stato appena avviato e tutt’altro che concluso.
L’attrattività che non c’è
La carenza dei docenti è, dunque, un fenomeno globale. Secondo Azoulay la causa principale è la scarsa attrattività della professione, che arriva a compromettere il reclutamento di nuovi insegnanti e porta anche, a livello internazionale, ad alti tassi di abbandono tra coloro che sono già in servizio, soprattutto nei primi tre o cinque anni dopo l’ingresso nel mondo del lavoro. “Gli insegnanti – afferma il Direttore Generale dell’UNESCO – possono aspettarsi tipicamente di essere pagati di meno rispetto ad altre professioni, si trovano sempre più oberati da responsabilità aggiuntive e compiti amministrativi. A causa di queste cattive condizioni di lavoro, l’insegnamento è spesso visto in modo negativo come una professione di ultima risorsa, e agli insegnanti non viene riconosciuto lo status che meritano”.
Il tema della giornata mondiale è stato scelto proprio per evidenziare il ruolo cruciale degli insegnanti e l’importanza fondamentale di invertire la carenza globale di docenti, lanciando un invito a tutti i Paesi del mondo affinché “l’insegnamento sia trasformato in una professione più attraente e valorizzata, dove gli insegnanti vengano apprezzati e adeguatamente supportati per soddisfare le esigenze di ogni studente”.
Un lavoro socialmente poco riconosciuto
Questo problema in Italia lo sentiamo in maniera particolare. Anche se rispetto al passato la percezione sociale è un po’ migliorata[3], nell’immaginario collettivo il docente resta sempre un lavoratore a tempo parziale. Di fatto chi è estraneo al mondo della scuola fa fatica a capire quanto impegno ci sia dietro le 18/25 ore di insegnamento diretto e quante ore di lavoro ci siano al di là dell’orario cattedra.
Tale situazione non si discosta molto se allarghiamo lo scenario a livello europeo. Da una indagine TALIS, pubblicata da Eurydice, risulta, infatti, che gli insegnanti in Europa percepiscono il loro lavoro in maniera molto impegnativa e onerosa tanto da dichiarare di lavorare in media circa 39 ore settimanali[4].
Cosa fare quindi per migliorare la percezione sociale del docente e contestualmente l’attrattività verso una così importante professione?
Professionalità di alto profilo
Quella del docente è una professionalità di alto profilo che richiede competenze elevate, preparazione continua, autorevolezza, capacità di coinvolgimento, di ascolto, di aiuto. “Le scuole esistono perché gli studenti imparino e chi ha la responsabilità di insegnare non può avere altro scopo se non quello di migliorare gli apprendimenti di chi le frequenta”. Così M.G. Dutto sottolineava in uno dei suoi libri. “Chi opera nella scuola lavora per ‘pezzi unici’, come l’artigiano di rango, con la differenza che non può permettersi scarti. Ogni studente ha diritto a un proprio percorso di crescita e di sviluppo, i docenti hanno la missione di tracciarlo e di proporlo efficacemente. E la scuola ha il compito di agevolarlo” [5]. Colui che è maestro di scuola può cambiare la faccia del mondo (lo diceva Leibniz nel diciassettesimo secolo) perché l’educazione cambia le persone e le persone cambiano il mondo (lo sottolineava Paulo Freire nel ventesimo secolo).
I bravi docenti sono quelli che migliorano le scuole, che riescono a creare interesse, a far crescere la motivazione, ad aiutare a costruire senso e responsabilità, che lo sanno fare perché sono competenti, perché sono appassionati, perché conoscono le strategie, perché sono rispettosi degli studenti… “Gli insegnanti sono capaci di valore aggiunto e, come tali, sono da considerare risorse pregiate (…) rappresentano un patrimonio da coltivale perché sono, da sempre, la forza delle nostre scuole”[6].
Riconoscere le professionalità che servono
Uno degli aspetti che rende poco attrattivo il “mestiere di insegnare” è la mancanza di uno sviluppo di carriera. Spesso, però, quando si parla di “carriere” l’idea che emerge è quella di un sistema dove alcuni contano più di altri per posizione gerarchica, per apprezzamento sociale, per riconoscimento economico. In realtà le “carriere” che si immaginano nella scuola devono avere una identità diversa perché la scuola non è una azienda come tutte le altre, ma è una “comunità educante” dove la qualità del sistema dipende dalla preparazione e dall’impegno di tutti i suoi componenti. Non si tratta quindi di premiare qualcuno a scapito di altri, ma di riconoscere coloro che si impegnano, oltre che ad insegnare, anche a migliorare l’organizzazione e la gestione della scuola. Ci sono figure che rappresentano punti di riferimento per tutti i colleghi o perché sono esperti nelle discipline e nelle didattiche o perché aiutano a curare la professionalità.
Incentivare la qualità della scuola
In tutte le professioni etiche, come è quella del docente, gli incentivi professionali dovrebbero non solo essere finalizzati a rendere attrattivo un lavoro e a migliorare la vita della persona, ma soprattutto a potenziare la qualità della scuola, ad aiutare a fare evolvere i processi, a migliorare gli esiti formativi degli studenti. In altre parole dovrebbero essere incentivate soprattutto le attività che ricadono su tutta la comunità scolastica e professionale.
La formazione è lo strumento privilegiato che caratterizza l’identità del docente che ha cura della propria professionalità. Ma non è sufficiente. È altresì importante il confronto con i colleghi, la partecipazione a comunità di pratiche, l’aver lavorato in contesti diversi dal punto di vista linguistico e culturale, anche l’aver fatto esperienze in altri Paesi. La qualità dell’istruzione ha radici non solo nel sapere teorico, ma anche nel sapere pratico, che non è un sapere minore, ma un insieme di conoscenze, abilità e capacità, costruite nel tempo, condivise con i colleghi e alimentate continuamente dal dialogo professionale.
Un obiettivo irrinunciabile
Un obiettivo irrinunciabile, dunque, è quello di fare in modo che tutti i docenti siano in grado di far acquisire a tutti gli studenti gli apprendimenti necessari per la vita, per lo studio, per il lavoro e per vivere da cittadini responsabili. È un obiettivo irrinunciabile perché la diversità fra docenti efficaci e docenti non efficaci è un fattore che accentua le disuguaglianze. Gli allievi più deboli, quelli che non possono beneficiare di altri aiuti, avrebbero ancor più bisogno di essere sostenuti da docenti particolarmente preparati e competenti.
Anche se l’obiettivo è difficile da raggiungere, il nostro sistema non può rassegnarsi di fronte ad una situazione non equa e ritenerla inevitabile. Per influire sullo stato attuale bisogna, quindi, continuare a migliorare gli strumenti che abbiamo apportando, però, i necessari correttivi: formazione continua, cura delle comunità di pratiche, valorizzazione dell’impegno, reclutamento più efficace, inserimento mirato e accogliente nella professione, ma anche standard professionali e cultura della documentazione.
[1] The ILO/UNESCO Recommendation concerning the Status of Teachers (1966) and The UNESCO Recommendation concerning the Status of Higher-education Teaching Personnel (1997) with a user’s guide.
[2] UNESCO: Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura.
[3] Da un recente sondaggio IPSOS, realizzato dal team Public Affairs, sembra che gli italiani apprezzino molto il lavoro dei docenti e ritengono anche inadeguati i loro stipendi.
[4] Vedi anche: “insegnanti in Europa: carriera, sviluppo professionale e benessere”.
[5] M.G. Dutto, Il dirigente scolastico e la leadership della scuola, Tecnodid, 2019.
[6] Ibidem.