Le dimensioni dell’inclusione
Maria Teresa Stancarone, saggista ed esperta di formazione e valutazione, attualmente Dirigente dell’Ufficio II – Dirigenti scolastici presso la Direzione Generale del personale scolastico del MIM, ha introdotto la mattinata di lavori mettendo a fuoco il concetto di povertà educativa, con il suo corollario di sfruttamento e delinquenza minorile.
Le dimensioni dell’inclusione sono molteplici e comprendono la lotta ai divari nell’apprendimento, il contrasto alle differenze territoriali, la promozione della parità di genere, l’eliminazione del digital divide, il riconoscimento del diritto al lavoro e la creazione delle condizioni che rendano effettivo questo diritto.
La realizzazione dell’inclusione è un compito che non può essere demandato alla sola scuola: esso richiede l’impegno del legislatore, dell’amministrazione e dell’intera società. Ma è sicuramente tra le mura di un edificio scolastico che un insegnante, consapevole dei propri doveri professionali e civici, deve sapere leggere le condizioni di partenza del proprio alunno e riconoscerne e valorizzarne le caratteristiche personali, così da poter progettare e realizzare per lui interventi formativi che gli forniscano gli strumenti per imparare ad imparare e gli facciano acquisire competenze orientative per gestire con efficacia e consapevolezza le proprie esperienze formative e lavorative.
Inclusione e dispersione: uno sguardo all’Europa
I bisogni di inclusione scolastica che caratterizzano il nostro Paese sono stati oggetto della relazione di Nilde Maloni, già dirigente scolastica, saggista ed esperta di formazione, che ha messo a confronto i nostri dati e le nostre iniziative con dati e iniziative degli altri paesi dello spazio europeo dell’istruzione.
Di fronte alle possibili ripercussioni che la pandemia da COVID-19 minacciava di avere sui sistemi di istruzione e formazione, facendo perno sulla collaborazione con cui i paesi UE avevano perseguito gli obiettivi fissati dalla Strategia “Istruzione e formazione 2020” (ET 2020, adottata con Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009), il 30 settembre 2020, con una comunicazione al Parlamento, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, la Commissione europea ha infatti definito i mezzi e le tappe per la realizzazione di uno spazio europeo dell’istruzione entro il 2025, con il sostegno del piano europeo di ripresa (NextGenerationEU) e del programma Erasmus+.
Tra le sei dimensioni in cui si articola lo spazio europeo dell’istruzione, la seconda è costituita proprio dall’inclusione, coniugata insieme con la parità di genere (le altre dimensioni sono: qualità, transizioni verde e digitale, insegnanti, istruzione superiore e un’Europa più forte nel mondo).
Il valore aggiunto dato dall’approccio “europeo” al tema è dato da una molteplicità di fattori: l’utilizzo di un glossario comune e condiviso; l’individuazione dell’inclusione, a cavallo tra istruzione, diritti sociali e occupazione, come fondamento di un’Europa sociale forte (il diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi è proclamato nel pilastro europeo dei diritti sociali come primo principio); l’introduzione dell’indicatore di equità dei sistemi educativi; l’analisi delle evidenze emergenti dai dati raccolti come premessa per la definizione delle scelte strategiche; l’individuazione di alcune priorità in tema di inclusione e di contrasto alle disuguaglianze: sviluppo dell’ECEC (Early Childhood Education and Care, ovvero l’educazione e cura della prima infanzia), lotta all’abbandono scolastico, rafforzamento dell’IFP e dell’educazione degli adulti come obiettivi prioritari.
Nel suo intervento, Maloni si è poi soffermata sulla «Raccomandazione del Consiglio del 28 novembre 2022 sui percorsi per il successo scolastico che sostituisce la raccomandazione del Consiglio, del 28 giugno 2011, sulle politiche di riduzione dell’abbandono scolastico» e sul «Quadro strategico per il successo scolastico ad essa allegato», per poi indicare, tra gli strumenti combinati di prevenzione, intervento e compensazione, più largamente adottati dai Paesi UE nel contrasto alla dispersione, la maggiore fruibilità di attività extracurricolari ed extrascolastiche (con un focus su tempo scuola e scuole aperte) e il miglioramento del sistema di orientamento scolastico al lavoro.
Il PNRR nella progettazione strategica per superare i divari
Sulla crucialità dell’orientamento scolastico quale strumento di innalzamento delle competenze di base e conseguente diminuzione dell’abbandono scolastico si è soffermato anche Damiano Previtali, autore di numerose pubblicazioni sulla scuola e attualmente dirigente l’Ufficio per il Sistema nazionale di valutazione al MIM.
La necessaria premessa è però che «con il PNRR si hanno a disposizione molte risorse finanziarie e un’occasione irripetibile», ma la sfida può essere vinta solo se alla base della rinnovata progettualità si riuscirà a porre un’idea di scuola in cui tutti si riconoscono e per la quale tutti si impegnano.
Il PNRR, inteso sia come misure relative al Piano di riduzione dei divari territoriali (DM 24/06/2022 n. 170) che come azioni previste dal Piano “Scuola 4.0”, si pone infatti in continuità e potenziamento rispetto a quanto già precedentemente messo in campo dal Ministero dell’Istruzione.
Come già evidenziato dalla nota DGOSVI, n. 23940 del 19 settembre 2022, la lettura comparata dei documenti PNRR e della normativa di riferimento del Sistema nazionale di valutazione evidenzia una sostanziale consonanza di obiettivi, metodologie e strumenti.
Nel definire i propri obiettivi specifici, la progettazione da parte di ciascuna scuola beneficiaria degli interventi PNRR finalizzati alla riduzione della dispersione scolastica e al potenziamento delle competenze di base degli studenti deve necessariamente tenere conto dell’analisi del contesto e del RAV.
Di conseguenza il PDM, nel definire percorsi e azioni da attuare per il raggiungimento delle priorità individuate, non potrà non collegarsi agli obiettivi previsti nel PNRR, e perseguiti dalla scuola.
Il PTOF, infine, conterrà necessariamente le iniziative curriculari ed extracurriculari pianificate nell’ambito della prevenzione della dispersione scolastica promossa dall’investimento del PNRR e la descrizione delle nuove strategie didattiche e organizzative richieste dalla trasformazione delle classi in ambienti innovativi di apprendimento in relazione al Piano “Scuola 4.0”.
La Piattaforma del PTOF, messa dal MIM a disposizione delle scuole sul SIDI, già prevede, sia nella sezione «Scelte strategiche» che in quella relativa alla «Offerta formativa», campi e collegamenti alle aree di intervento PNRR.
La difficile strada dell’inclusione: il service learning, una possibile risposta
Rosa Stornaiuolo, dirigente scolastica, esperta di tematiche inclusive, ha chiuso la sessione di lavoro proponendo all’uditorio uno strumento da adottare immediatamente per il contrasto alla dispersione: il Service Learning, un approccio educativo che coniuga gli obiettivi di apprendimento con il servizio alla comunità, così da realizzare un’esperienza di apprendimento pragmatica e progressiva, che si intreccia con i bisogni della società.
Per quanto si tratti di un servizio solidale, il Service Learning non può essere confuso con un’attività di volontariato, perché ha a che fare con l’apprendimento scolastico, con il curricolo.
Esso non è tuttavia nemmeno una mera attività di studio formale, perché richiede che le conoscenze e le competenze si confrontino e si mettano alla prova con problemi reali.
Non va però nemmeno confuso con lo stage, perché a differenza di questo ha come beneficiario chi riceve il servizio e non solo chi lo eroga, come obiettivo il servizio alla comunità e non solo l’apprendimento, come finalità educative lo sviluppo di competenze civiche e non solo disciplinari; inoltre, fa parte integrante del curricolo e si impernia su una disciplina scolastica.
Nel suo intervento Stornaiuolo non si è tuttavia limitata a tracciare le coordinate pedagogiche del Service Learning e a individuarne i nobili ascendenti nel “learning by doing” di J. Dewey, e nella “pedagogia degli oppressi” di Paulo Freire, ma ha ripercorso, con entusiasmo ma rigore di analisi, le tappe e le procedure che hanno portato al pieno successo scolastico le alunne e gli alunni di un istituto comprensivo ubicato nella periferia degradata di una grande città italiana.