Orientamento: quali futuri?

Possibili, plausibili, probabili, preferibili

Nel numero 334 di Scuola7 (21 maggio scorso) abbiamo sostenuto che sarebbe opportuno evitare, per una serie di ragioni, di chiedere ad un adolescente ‘Cosa farai da grande?’, sarebbe più produttivo, in sede di orientamento, evitare anche di focalizzare l’attenzione su un unico ‘fare’ e su un unico futuro possibile.

Continuando a riflettere sulle possibili applicazioni all’orientamento della visione dei futuri riprendiamo le nostre riflessioni a partire da alcuni spunti che lo stesso Voros[1] dichiara di derivare dalla classificazione dei futuri proposta da Henchey[2].

Futuri possibili

In questo raggruppamento potremmo includere tutti i tipi di futuro che possiamo riuscire ad immagine, quelli che “potrebbero accadere” a prescindere da quanto possano apparire inverosimili e improbabili.  Potrebbero richiedere conoscenze, strumenti e tecnologie che lo studente, oltre a non possedere, potrebbe addirittura non riuscire nemmeno ad immaginare. Ci sono saperi che sembrano oggi contrastare con le nostre argomentazioni logiche e, addirittura, con le stesse leggi che le scienze ci indicano come non trasgredibili. Si tratta, quindi, di futuri che possono dipendere dall’esistenza e dalla fruibilità di conoscenze che ancora non abbiamo, ma che non si possono escludere perché potrebbero essere disponibili nel tempo e rendere così realizzabili quei futuri che oggi potremmo considerare inverosimili, proprio a causa delle nostre attuali carenze conosciute.

Futuri plausibili

Questa categoria comprende quei futuri che “potrebbero accadere”, che non sono cioè da escludere, in base alle nostre conoscenze attuali. Derivano dalla nostra comprensione delle leggi fisiche, dei processi, della causalità, dei sistemi di interazione umana. Questo è chiaramente un sottoinsieme rispetto alla categoria di quelli possibili in quanto si baserebbero su conoscenze e dati ‘presenti’, di cui alcuni sono già a disposizione.

Futuri probabili

Sono i futuri che, in base alle conoscenze attuali e alle loro proiezioni e anticipazioni, in base alle tendenze che già si intravedono nel presente, appaiono facilmente intuibili, praticabili e quindi probabili. Alcuni di questi, sulla base della ‘robustezza’ delle tendenze enfatizzate, possono essere ritenuti più probabili di altri, a più breve termine ed attirare le simpatie soprattutto di coloro che temono il rischio eccessivo. Alcuni futuri sono considerati, quindi, più probabili di altri.  Il meno ‘incerto’ è spesso chiamato “business-as-usual”, un futuro, cioè, che richiede solamente un’ordinaria amministrazione, un agire rutinario, un fare come si è sempre fatto, essendo una semplice estensione lineare del presente. Tuttavia, le tendenze, comprese quelle che appaiono molto probabili, sbiadiscono man mano che cerchiano di riproiettarle nel tempo (dopo qualche anno o un decennio come molti sostengono) mostrando evidenti segni di discontinuità. Alcune tendenze possono svanire improvvisamente, mentre alcune possono emergere inaspettatamente. Considerare solamente quelle più robuste (cosa richiedono ad esempio oggi i mercati di una circoscritta realtà locale) fornisce maggior certezza al gioco previsionale, ma circoscrive massicciamente le possibilità rispetto ai due precedenti futuri.

Futuri preferibili

La quarta tipologia di futuri, invece di basarsi sulle informazioni disponibili, sui dati “più o meno big” che potrebbero essere raccolti e processati da algoritmi sofisticati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, fa riferimento a componenti meno cognitive, esplicitamente a ciò che ognuno desidera che accada. I futuri preferibili, infatti, traggono linfa dalle emozioni, dalle aspirazioni, dai valori, dagli interessi e dalle preferenze che possono essere anche marcatamente eterogenee e variare da una persona all’altra, da un gruppo all’altro, da un momento all’altro. Si tratta, di fatto, di futuri che si basano sulle soggettività e singolarità delle persone, che derivano dai giudizi di valore che esse nutrono e che riescono anche ad esprimere assertivamente a difendere.

La variabilità dei futuri desiderabili è pertanto piuttosto ampia ed è improbabile che possa essere contenuta in un elenco ristretto gradito a tutti. Per questo non hanno senso molte Linee guida nazionali, né il riferimento a standards minimi, o a modalità preconfezionate, a buone pratiche che dovrebbero funzionare per tutti in ogni contesto (Soresi[3]). I futuri desiderabili richiedono approcci e percorsi personalizzati. È questo che li rende particolarmente interessanti ed intriganti a chi fa orientamento: possono trovarsi collocati in ciascuna delle classi precedenti ed apparire al contempo probabili, plausibili e possibili; allontanandosi consapevolmente da quelli indesiderabili, potrebbero offrire all’umanità ulteriore fiducia nelle sue possibilità di sviluppo e sopravvivenza.

Rappresentazione di futuri

La figura 1 mostra una rappresentazione grafica di questi quattro tipi di futuri alternativi, usando una metafora ben nota del cosiddetto “The Futures Cone”. La figura, oltre a far riferimento agli scenari che potrebbero comparire nel regno del plausibile, segnala anche la presenza delle cosiddette Wild Cards – eventi a bassa probabilità (e pertanto collocabili al di fuori del dominio del futuro probabile) che potrebbero far registrare impatti decisamente elevati e spesso molto preoccupanti (una pandemia non prevista, l’impatto di un asteroide sulla terra, un‘incidente atomico, un’alluvione inattesa, una carestia generalizzata, ecc.).

Fig. 1. Adattatamento di Voros del cono dei futuri di Hancock & Bezold (1994[4]).

La figura suggerisce anche che l’ampiezza degli scenari che potremmo associare ai vari futuri possono variare notevolmente ed andare da quelli quasi infiniti, a quelli più ristretti e lineari dei futuri probabili. Tra quelli plausibili, in ogni caso, rientrano anche quelli desiderabili che un orientamento votato alla prevenzione, all’inclusione e alla realizzazione di sviluppi sostenibili per tutti e tutte e i loro contesti naturali e sociali di vita, dovrebbe considerare con particolare attenzione e dedizione.

Cosa farai da grande?

Queste considerazioni ci inducono a riflettere quanto sia inadeguata la domanda “Cosa farai da grande”. È opportuno invece sostituirla con altre, seppure più impegnative, ma sicuramente più utili per il ragazzo che deve riflettere sulla strada da intraprendere. Potremmo chiedere, ad esempio ‘Per quanto concerne il tuo futuro, pensando magari a ciò che potrà accadere nei prossimi 3-5 anni, cosa ti troverai probabilmente a fare?’, ‘Dove e con chi probabilmente vivrai?’, ‘Come trascorrerai le tue giornate, cosa sarà ancora interessante per te?’ E così via… Sono domande più semplici che richiedono uno sguardo previsionale a breve gittata, che meglio si adattano a coloro che non hanno né tempo né voglia di dedicarsi a programmi impegnativi e precoci di orientamento, o che si accontentano, non potendo far altro, di indirizzare la propria attenzione su ciò che già le tendenze presenti suggeriscono, trasformandole in aspettative che potrebbero avere anche elevate probabilità di realizzazione.

Domande per riflettere

L’interazione e gli effetti che tali domande stimolano potrebbero essere molto diversi se ci permettessimo di pensare e aspirare a dell’altro: potremmo ad esempio premettere che i futuri possono almeno in parte essere costruiti e che avremo consapevolezza di viverli solamente quando potremo costatare che anche noi ‘non saremo più quelli di una volta’ e che la realtà richiederà cambiamenti non solo da parte nostra. Così in alternativa alla domanda ‘Cosa farai da grande?’ potremmo procedere chiedendo: ‘Secondo te, quando una persona può essere considerata adulta?’; ‘Cosa guardi soprattutto per decidere se hai a che fare o meno con una persona adulta?’; ‘E tu, quando ti considererai adulto, maturo… quanti anni avrai allora? E per te, quando inizierà il tuo futuro?

Qui i contenuti e le risposte probabilmente presenteranno una variabilità talmente elevata che ci porteranno a pensare di aver a che fare effettivamente con persone diverse e singolari che condividono però il comune desiderio di futuri di qualità.

Lo scopo di queste richieste è essenzialmente quello di stimolare il passaggio dai futuri probabili a quelli possibili, preferibili e temibili e a ‘collocare’ l’orientamento più in là nel tempo, a ciò che potrà accadere tra 10-15 o 20 anni. Questo, ovviamente, richiederà più tempo, pazienza e, sicuramente, competenze professionali più sofisticate nel trattare ciò che i nostri studenti potranno fare da grandi.


[1] Voros, J. (2003a) Reframing environmental scanning: A reader on the art of scanning the environment, Australian Foresight Institute Monograph Series, No.4, Swinburne University Press, Melbourne.

[2] Hehenchey, N. (1978). Making Sense of Future Studies. Alternatives: Perspectives on Society, Technology and Environment.7, 2, pp. 24-27. 

[3] Soresi, S. (2022) A proposito delle innovazioni introdotte nelle nuove idee guida per l’orientamento. Nuova Secondaria, 4, annno XL.

[4] Hancock, T., Bezold, C. (1994). Possible futures, preferable futures, Healt Care Forum Journal, 37, 2, pp. 23-29.

Salvatore SORESI

Salvatore SORESI

Professore ordinario presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell’Università degli Studi di Padova, fondatore del Laboratorio di Ricerca e Intervento per l’Orientamento alle Scelte (La.R.I.O.S.)