La firma sul nuovo contratto ci ha colti quasi di sorpresa, non ci si aspettava che potesse avvenire con questa rapidità. Come si spiega?
Intanto diciamo che quella raggiunta è un’intesa sulla parte economica, peraltro aperta a ulteriori sviluppi in relazione alle scelte che verranno fatte con la prossima legge di bilancio, ma non è ancora il rinnovo del contratto nella sua interezza. Il confronto prosegue infatti sulla parte cosiddetta normativa, dove ci sono questioni di grande rilevanza, e resta ancora da affrontare la parte relativa ai dirigenti scolastici, per i quali addirittura manca ancora l’atto di indirizzo.
Ma qual è la novità sul piano economico, rispetto al budget delle risorse note ci sono state poi risorse aggiuntive?
Con un approccio che potremmo anche definire “innovativo”, si è scelto di anticipare un’intesa sulla parte economica, visto che ce n’erano ormai le condizioni. Era infatti chiaro il budget di risorse a disposizione, integrato dai 300 milioni originariamente destinati al fondo MOF e dirottati al tavolo dell’ARAN; gli impegni assunti dal Ministro Valditara su quest’ultima quota di risorse, con l’aggiunta di ulteriori 100 milioni nel decreto legge aiuti quater licenziato la sera dell’11 novembre dal Consiglio dei Ministri, hanno reso possibile definire un accordo che credo di poter definire il miglior risultato possibile nelle condizioni date. Per un sindacato che sa fare il suo mestiere, è quello il momento in cui si deve decidere di firmare. Il fatto che entro dicembre troverà applicazione al 95% l’aumento degli stipendi (che si completerà a gennaio 2023), e che sempre entro dicembre il personale incasserà gli arretrati del triennio, con cifre significative, mi sembra una bella notizia, dati i tempi che viviamo e l’attacco pesante cui sono sottoposti oggi i redditi delle famiglie.
Certo, per tutti i lavoratori è importate poter contare su alcune risorse aggiuntive. Ma questi benefici economici sono adeguati considerando anche le attese?
Certamente no, perché la strada per un giusto riconoscimento del valore del lavoro nella scuola e in generale nei settori della conoscenza non è certo conclusa, né abbiamo mai venduto l’illusione, almeno come CISL, che quel traguardo fosse alla portata, raggiungibile con un solo contratto. Oltretutto in un quadro di difficoltà dell’economia che non ha bisogno di essere spiegato. Resta ancora un cammino da fare per colmare il divario che ci separa da altri paesi europei, ma anche da altri settori della Pubblica amministrazione. Quello fatto oggi è, tuttavia, un passo importante, verso un obiettivo più ambizioso che non si raggiunge certo a colpi di demagogia. Vale per i fatti sindacali una regola aurea: chi contesta un risultato, deve dimostrare di essere in grado di conseguirne uno migliore. Non esistono, nelle vicende sindacali, risultati scontati o “atti dovuti”: i risultati bisogna saperseli costruire e conquistare.
Sulla parte normativa quali tempi prevede, e quali sono i nodi più intricati?
Mi auguro, e ci sarà sicuramente su questo il nostro massimo impegno, che i tempi siano ragionevolmente brevi. Non ha alcun senso, in un negoziato, fissare limiti rigidi, che potrebbero ritorcersi a nostro danno in presenza di nodi difficili da sciogliere. Tra questi ci sarà sicuramente la mobilità, che richiamo anche per fare chiarezza rispetto a qualche sciocchezza che sta circolando in questi giorni. Recuperare quanto più possibile la materia alla contrattazione è l’obiettivo di fondo, visti i pesanti interventi fatti per legge, con norme che hanno posto vincoli alla mobilità del personale docente. Col contratto integrativo di gennaio, firmato solo da noi, ne abbiamo aggirato alcuni, consentendo a migliaia di docenti di chiedere e ottenere il trasferimento.
Si, infatti, la questione della mobilità costituisce per i docenti uno dei problemi maggiori che investe anche la sfera personale ed esistenziale. Ci sono le condizioni per riprendere le trattative?
Infatti, su quel contratto di gennaio scorso si è riaperta una trattativa, anche perché nel frattempo alcuni vincoli sono stati cancellati da norme di legge sopravvenute, che però ne hanno introdotti di nuovi, rendendo inevitabile una modifica del contratto per i movimenti del prossimo anno scolastico. A chi vorrebbe interpretare quella riapertura come una sconfessione del contratto integrativo di gennaio, rispondo che per fortuna i benefici prodotti da quel contratto sono al sicuro dalla minaccia di possibili effetti retroattivi. La partita vera sarà quella che giocheremo al tavolo con l’ARAN sul nuovo CCNL: quella sì che può essere davvero decisiva. Non so invece se saremo in grado di portare a compimento un lavoro che sarebbe davvero utile e necessario, cioè la riscrittura delle norme contrattuali in un testo unificato e leggibile senza difficoltà; c’è una stratificazione di norme contrattuali nella quale è sempre più difficile orientarsi.
Quali altri temi saranno al centro dell’agenda sindacale, nell’immediato e in prospettiva?
Anche su questo approfitto per fare un po’ di chiarezza, perché nelle ultime ore sono state spesso fatte rientrare fra i temi in discussione all’ARAN questioni che col contratto hanno ben poca attinenza. Si è parlato di reclutamento, di precariato, di organici: questioni che, come dovrebbe essere noto, esulano dalla disciplina contrattuale. Come CISL, nel primo incontro col ministro Valditara – ma lo stesso ha fatto per la Confederazione il nostro segretario generale Luigi Sbarra a Palazzo Chigi il 9 novembre – abbiamo posto la questione del ruolo da riconoscere al confronto con le parti sociali e alle relazioni sindacali. Una questione di metodo per noi fondamentale, con ogni governo e per ogni maggioranza. Non chiediamo di sostituirci alla politica e alle sue prerogative, ma siamo convinti che alla qualità delle scelte possano dare un contributo importante anche le proposte di cui le organizzazioni sindacali sono portatrici, sostenute dall’esperienza e dalla conoscenza di problematiche vissute quotidianamente, come nel nostro caso, nel loro ruolo di rappresentanza di un corpo professionale.
Quindi la questione del reclutamento dei docenti esula dal contratto?
Sul reclutamento non avremmo avuto i ripetuti fallimenti delle scelte compiute negli ultimi anni se si fosse dato più ascolto alle posizioni del sindacato. Chiederemo che su questa materia si riapra un confronto serio e si rivedano scelte sbagliate: noi abbiamo da tempo, per esempio sulle modalità di reclutamento dei docenti, proposte concrete e ancorate alla realtà, non all’ideologia. Proposte che valorizzano fra l’altro l’esperienza di lavoro come fattore di cui tenere conto e su cui fare leva, anche attraverso un adeguato e sistematico supporto formativo, per assicurare alla scuola, formandola sul campo, la qualità professionale di cui ha bisogno. Una cosa è certa: non è sostenibile una situazione che vede il 20% dei posti di lavoro nella scuola coperto da lavoro precario. Sono senz’altro approssimativi e poco credibili alcuni conteggi che stanno circolando sui costi di una eventuale stabilizzazione di tutti i precari oggi in servizio. Ma certamente si è rivelata un’illusione quella di poter soddisfare il fabbisogno di personale con la moltiplicazione di concorsi che lasciano quasi sempre il tempo che trovano.
Che dire sugli organici?
Sugli organici, si tratta di rompere l’equazione che lega il calo demografico a una conseguente riduzione dei posti. Se è vero che occorre un investimento in formazione nelle aree di maggior disagio socio economico, se è vero che occorre ridurre disuguaglianze e squilibri, allora le dotazioni organiche siano considerate una risorsa e un investimento, non un mero costo. Se vogliamo dare al Paese la scuola che merita, una scuola che unisce e che promuove la personalizzazione dei percorsi formativi, non ripetiamo l’errore già fatto in passato di politiche recessive in materia di organici.