La Conferenza Unificata, presieduta dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, il 28 Settembre scorso ha sancito, tra Governo, Regioni, Province autonome, Anci e UPI la conferma annuale dell’Accordo quadro per la realizzazione dei servizi educativi a favore di bambini dai due ai tre anni, anche con lo scopo di migliorare i raccordi tra nido e scuola dell’infanzia e di concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio educativi 0-6.
I protagonisti della governance, in embrione
L’accordo complessivamente ripropone e conferma quanto già sancito in Conferenza Unificata in data 1° agosto 2013 e negli accordi successivi, fino ad arrivare a quello dell’8 luglio 2021, inerente al piano nazionale pluriennale per il Sistema Integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni per il quinquennio 2021-2025.
Dalla data di entrata in vigore del D.lgs. 65/2017 riguardante, come è noto, l’istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni, Stato Regioni ed Enti Locali sono stati chiamati a sostenere il processo di diffusione e di rafforzamento dei servizi socio educativi per la prima infanzia in modo sistemico. Si è giunti, quindi, a delineare un Piano pluriennale di azione nazionale confluito poi nel bilancio di previsione dello Stato e, in particolare, nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione per la realizzazione delle sezioni aggregate alla scuola dell’infanzia con una dotazione in termini di competenza crescente fino al 2025.
Oltre la legge che ha istituito le sezioni Primavera
L’accordo, dunque, conferma la volontà di prosecuzione, in forma diffusa sul territorio, di servizi educativi integrativi sulla scia di quanto già avviato a partire dal 2006 con la legge 296. La legge prevedeva per la prima volta la possibilità di attivare progetti tesi all’ampliamento qualificato dell’offerta formativa per i bambini dai 24 ai 36 mesi di età, anche mediante la realizzazione di iniziative sperimentali basate su criteri di qualità pedagogica, flessibilità, rispondenza alle caratteristiche della specifica fascia di età. La legge prevedeva anche la definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni.
La “cenerentola” del sistema integrato 0-6
La volontà di prosecuzione però, ancora una volta, non si traduce in un piano sistematico di interventi. Sbiadisce, sulla carta, la pratica sperimentale. Il ricorso alla espressione linguistica “progetto” è usato come sinonimo di azione educativa sperimentale “a tempo”. Di fatto resta una eterogeneità geografica che si colora di luci ed ombre a seconda dei virtuosismi dell’Ente locale di riferimento.
Anche se le sezioni Primavera “reggono” perché espressamente contemplate sul piano normativo e perché permangono anche nella volontà attuativa, tuttavia restano marginali all’interno del sistema 0-6.
Il documento rimanda alle norme di attuazione delle regioni, in particolare di quelle a statuto speciale. Già nell’accordo del 2013 si sottolineava la necessità di valorizzare gli esiti delle esperienze e le risorse professionali strumentali e finanziarie impiegate per la loro attuazione, proprio al fine di garantire una maggiore qualità dell’offerta, ma anche l’opportunità di avviare sui singoli territori la messa a sistema di ogni altra iniziativa volta a diffondere una cultura educativa e attenta ai bisogni e alle potenzialità dei bambini.
Una cultura per l’infanzia ancora timida
La cultura della sezione Primavera resta ancora debole, c’è una precarietà attuativa in termini di governance, ci sono molte differenze organizzative e livelli di qualità troppo diversi.
Le azioni educative rivolte alla prima infanzia sono pensate prevalentemente come risposta “alle esigenze delle famiglie”, prima ancora che come attenzione ai diritti dei bambini. Non tutti sono proiettati ad accrescere la cultura dell’infanzia, non tutti sono consapevoli dell’importanza dell’educazione precoce. Non ovunque si percepisce la sensibilità nei confronti del mondo dei più piccoli. L’attenzione alla magia dei gesti, all’espressività e alle emozioni è un primo embrione concettuale che passa attraverso la graduale affermazione del sé nella relazione con gli altri e con il mondo.
Gli strumenti per la realizzazione delle sezioni Primavera
L’attivazione del servizio prevedeva a suo tempo (vedi Memorandum e circolari applicative MIUR anno 2007) l’assegnazione di un contributo una tantum fino ad un massimo di 30.000 euro a sezione, in relazione alla dimensione della stessa e all’ampiezza di funzionamento orario.
Tuttora, un apposito gruppo interistituzionale, operante presso ogni USR (in cui sono rappresentati i diversi soggetti, oltre che l’ANCI) procede ad esprimere pareri tecnici per l’espansione del servizio, l’erogazione dei fondi, il monitoraggio e la formazione del personale. In alcune regioni il gruppo interistituzionale “sezioni Primavera” è riuscito a svolgere una sostanziosa azione di governance, promuovendo una visione complessiva sui diritti all’educazione dei bambini al di sotto dei sei anni, ma in altre realtà ciò è avvenuto in minima parte.
I fondi statali vengono erogati annualmente, in genere molti mesi dopo l’effettivo avvio del servizio, a seguito della sottoscrizione dell’accordo sottoscritto in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali. Gli accordi hanno previsto l’integrazione del contributo statale con specifici contributi regionali. Non a caso il D.lgs. 65/2017 prevede che, a fronte di un contributo statale per il sostegno al sistema 0-6, le regioni siano tenute ad integrarlo obbligatoriamente con un co-finanziamento via via crescente.
È indicata in genere una contribuzione degli utenti, che tuttavia varia da realtà a realtà (più alta al Nord, più bassa al Sud). Il dato della contribuzione dovrebbe essere comparato a quanto previsto per il nido, ove fonte attendibili calcolano il 21% di contributo dei genitori ai costi del servizio; il D.lgs. 65/2017 pone una soglia massima del 30%.
Nulla di nuovo sotto il sole
Ebbene, dopo oltre 15 anni di sperimentazioni l’ultimo accordo si traduce di fatto in una ulteriore proroga degli accordi precedenti che come tale “non deve determinare maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
La assenza di sistematicità programmatica non favorisce il processo di accreditamento e di sensibilizzazione culturale sui diritti dell’infanzia.
La precarietà istituzionale incide fortemente sull’atteggiamento dei genitori, che sono indotti a non considerare la sezione Primavera un servizio educativo con garanzie certe di funzionamento. Si pensi ad iscrizioni che avvengono in periodi diversi dagli altri servizi educativi, alla mancata indicazione preventiva delle rette, all’attivazione e all’apertura del servizio spesso ad anno scolastico-educativo inoltrato, all’instabilità delle figure professionali coinvolte.
La precarietà degli attuali sistemi di finanziamento spiega in parte la gracilità dell’esperienza delle sezioni Primavera, che dopo il boom fatto registrare nel primo anno di attuazione (l’a.s. 2007-2008: con circa 1.200 sezioni) hanno visto uno sviluppo altalenante e molto diversificato nei territori: assai contenuto nelle regioni del Nord, percentuali prossime allo zero nelle regioni del Sud. Qui la sezione Primavera costituisce spesso un servizio per le famiglie che non trovano altre proposte educative a carico dell’Ente locale e che non possono permettersi i servizi privati[1].
L’apparato amministrativo attuale non incoraggia l’attivazione delle sezioni Primavera poiché la bilancia, tra valori-benefici/responsabilità-oneri, pende sempre dalla parte del costo, sia nell’immaginario collettivo sia tra gli addetti ai lavori (anche tra gli stessi dirigenti scolastici).
Bisogna aggiungere che la tipologia contrattuale del personale educativo impegnato nelle sezioni Primavera è molto variegata, dipende dagli Enti gestori e non rende onore ai tanti educatori che in oltre 15 anni di sperimentazione hanno delineato e consolidato un profilo importante che, tuttavia, necessita di un legittimo riconoscimento.
Ripartiamo dai dati
Rimane ancora attuale il decalogo di proposte de “La via italiana alle sezioni Primavera (per i bambini di 2-3 anni)”. Si rimanda alla lettura dell’articolo su Scuola7 del 2019[2].
In sintesi, sembra opportuno continuare a procedere – in sede di “Cabina di regia” – alla verifica dei dati essenziali per il loro funzionamento:
- estensione e presenza del servizio delle sezioni Primavera nei diversi territori (su scala almeno provinciale) in relazione alla copertura del servizio, alle diverse tipologie gestionali, alla complementarietà di tale servizio rispetto alla presenza di nidi di infanzia, alla comparabilità dei costi di gestione e di quelli a carico degli utenti. Bisogna contestualmente monitorare le sezioni Primavera attualmente funzionanti e rilevare i dati essenziali sulle caratteristiche e tipologie di gestione;
- configurazione “strutturale” del servizio (qualità degli ambienti e delle attrezzature; tempi di erogazione del servizio, tipologie organizzative, qualificazione e titoli del personale, forme di esternalizzazione e relative garanzie, attività di formazione del personale e di coordinamento e supervisione pedagogica);
- titolarità statale (che implica generalmente la esternalizzazione del servizio) e possibilità di incardinare un organico specifico delle sezioni Primavera statali all’interno degli istituti comprensivi e delle direzioni didattiche, individuando tipologie e quantificazione di posti e relativo personale da impegnare.
È opportuno verificare se l’estensione “statale” del servizio sezioni Primavera possa consentire di affrontare le diverse questioni in gioco tra cui l’organico di potenziamento, il riutilizzo “intelligente” degli effetti del calo demografico.
… e dalle esperienze per rafforzare il servizio
L’avvicinamento all’obiettivo strategico del 33% di copertura del servizio 0-3 (che è posto dall’Europa e quindi anche dal nostro D.lgs. 65/2017) richiede il concorso di una pluralità di soluzioni organizzative che si innestino con le condizioni strutturali delle diverse aree del nostro paese, che rispondano credibilmente ad una domanda sociale ed educativa da stimolare e che siano “fattibili” e “sostenibili” dal punto di vista economico e gestionale, salvaguardando naturalmente rigorosi livelli di qualità.
C’è già un patrimonio di esperienze che non va disperso. La scuola e, in particolare, il sistema educativo 0-6 necessitano di attenzioni continue, investimenti economici e culturali, scelte politiche, amministrative e pedagogiche. Occorrono interventi strategici che facciano leva sul coordinamento pedagogico, la formazione in ingresso e continua del personale, la diffusione delle sezioni Primavera e dei Poli per l’infanzia.
Qualche timore all’orizzonte
Sappiamo che nella seduta in Conferenza Unificata dello scorso 6 agosto, che ha portato a sancire la prosecuzione dell’accordo sulle sezioni Primavera, l’ANCI ha rinnovato la richiesta – già avanzata negli anni precedenti – di far confluire le risorse destinate alle sezioni Primavera nel fondo per il sistema integrato 0/6, pur mantenendo le diverse destinazioni dei finanziamenti. La proposta è stata condivisa anche a livello tecnico dal Ministero dell’Istruzione.
Si auspica che tale richiesta non sia prodromica del tentativo, molto spesso sopito, di scardinare il processo virtuoso di realizzare tali servizi educativi all’interno delle istituzioni scolastiche statali e che questi non diventino solo appannaggio di una gestione esclusiva dei Comuni e dei soggetti privati.
[1] Vedi R. Marchisciana, Infanzia e tempo scuola al Sud, in “Rivista dell’istruzione”, n. 1, gennaio-febbraio 2019, Maggioli, Rimini.
[2] A cura di Giancarlo Cerini, Claudia Lichene, Rosalba Marchisciana, Elio Raviolo, Giovanna Zunino Scuola7.it il 18-11-2019.