Il difficile periodo che stiamo attraversando (incerta uscita dalla pandemia, gravi conseguenze dei cambiamenti climatici, devastante guerra nel cuore dell’Europa) non deve farci perdere di vista che nel 2022 ricordiamo una serie di ricorrenze che hanno cambiato radicalmente il nostro sistema d’istruzione e, più in generale, la società italiana. Ricordiamo alcuni di questi importantissimi passaggi che hanno segnato gli ultimi 50-60 anni della nostra storia culturale, sociale e civile.
Il filo conduttore di tali momenti, dal forte significato simbolico, può essere ricondotto al lungo cammino dell’inclusione delle fasce più fragili ed emarginate della popolazione infantile.
1962: nasce la “nuova scuola media”
La legge 1859 del 31 dicembre 1962è senza ombra di dubbio la riforma più importante della scuola italiana. Sessanta anni fa, a 14 anni dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, dopo una serie di tentativi finiti nelle sabbie mobili di un estenuante scontro politico, il nascente governo di centro-sinistra riuscì a concretizzare il principio chiave contenuto nell’art. 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”.
Per i figli delle classi meno abbienti (contadini, operai, pastori, artigiani, commercianti…) finiva un’epoca, quella della “reclusione” nei collegi, nei seminari, nelle strutture religiose e laiche e cominciava una stagione completamente nuova, che avrebbe affrancato milioni di bambine/i da uno stato di inferiorità e di storica esclusione.
Fino al 1962, i più fortunati (coloro che abitavano nelle città o nei centri urbani maggiori), dopo aver conseguito il diploma della scuola elementare e superato un esame di ammissione, potevano accedere alla “vecchia” scuola media (“del latino”, per intenderci). Esisteva poi una seconda possibilità, quello dell’avviamento professionale, per conseguire una qualifica per l’inserimento nel mondo del lavoro.
La legge istitutiva della scuola media cancellerà definitivamente questo “doppio canale”.
L’obbligatorietà e la gratuità
La scuola media unica del 1962 aveva il suo punto focale nell’obbligatorietà e nella gratuità della frequenza scolastica fino al compimento del 14° anno di età. Ma il punto più significativo del nuovo ordinamento era “l’unicità”. Nella legge infatti si stabilisce che le preesistenti scuole medie e i corsi di avviamento professionale saranno immediatamente trasformati in un’unica tipologia scolastica. L’innalzamento a quattordici anni dell’obbligo scolastico avrà conseguenze estremamente positive sull’intero sistema di istruzione. Infatti, la stragrande maggioranza delle alunne e degli alunni, una volta conseguito il diploma di licenza media, continuerà gli studi nel ciclo superiore. Per molti di loro questa scelta segnerà un cambiamento epocale, mai accaduto nella storia del nostro Paese! L’istituzione della scuola media unica aprirà la scuola secondaria di II grado anche alle ragazze, la presenza delle quali, in alcuni indirizzi, diventerà rapidamente predominante.
L’attenzione alle fasce fragili
Nell’art. 12 della legge 1859/1962 si prevedeva l’istituzione delle classi differenziali per gli alunni “disadattati scolastici”, che non dovevano superare i 15 allievi per classe. La valutazione che facciamo oggi di tale scelta è senz’altro negativa. Le classi differenziali, infatti, sono un’evidente manifestazione di discriminazione e di ghettizzazione. Nella concezione educativa del Dopoguerra, però, tale misura rappresentava una chance volta a supportare con dispositivi facilitanti alunne e alunni che provenivano dalle fasce più svantaggiate della popolazione italiana. Classi poco numerose, programmi e tempi differenziati, strumenti didattici mirati… costituivano condizioni di supporto e sostegno per far fronte a forme implicite di analfabetismo che si vivevano soprattutto nelle grandi città del Nord, ad alto tasso di eterogeneità sociale, a seguito anche dei massicci flussi migratori dal Mezzogiorno.
Qualche anno dopo, più precisamente con la legge 118/1971 (prima) e con la 517/1977 (dopo), questo sistema venne totalmente smantellato. Ebbe inizio il lungo cammino dell’inclusione in tutti nelle classi normali.
1982: i bambini con disabilità nella scuola dell’infanzia
La seconda ricorrenza è meno conosciuta della prima. Anch’essa riveste però un forte valore simbolico. Si tratta della legge 270 del 20 maggio 1982, che revisiona le forme del reclutamento nella scuola materna (non solo) e rivede la composizione degli organici, al fine di evitare la formazione del precariato.
Nell’art. 12 della legge si stabilisce che l’organico provinciale della scuola dell’infanzia (allora materna) è calcolato comprendendo anche i posti per i bambini “portatori di handicaps”.
A seguito dell’approvazione di questo provvedimento, ai Provveditori agli Studi veniva conferita la possibilità di nominare insegnanti di sostegno nella scuola dell’infanzia, riconoscendo di fatto ai bambini con disabilità nella fascia di età 3-6 anni il diritto di frequentare tale segmento educativo.
A cinque anni di distanza dalla legge 517/1977, che tale diritto aveva assicurato agli alunni disabili nella scuola dell’obbligo (elementare e media), con la legge 270/1982 si completava la prospettiva inclusiva per i soggetti con deficit dai 3 ai 14 anni.
Occorrerà attendere la Sentenza 215/1987 della Corte costituzionale e i conseguenti dispositivi del Ministero della Pubblica Istruzione (CM 262/1988) per garantire il diritto di frequenza degli studenti con disabilità anche nell’istruzione di secondo grado.
1992: la legge quadro sull’integrazione e i diritti delle persone handicappate
Il primo periodo dell’integrazione degli alunni con disabilità (1971-1992) si conclude con la legge quadro 104 del 5 febbraio 1992. Ancora oggi tale provvedimento rappresenta il principale riferimento normativo anche delle azioni assunte negli ultimi trenta anni.
“La Repubblica, si afferma all’art. 1, garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e autonomia della persona handicappata”. La legge 104 colloca il principio dell’integrazione nell’ambito dei diritti inviolabili della persona e del cittadino di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione (diritto all’istruzione, alla salute, alla sicurezza sociale, alla mobilità…).
Nella legge si abbandona l’espressione fino ad allora utilizzata, “portatori di handicap”, quasi a sottolineare il peso da portare e gli ostacoli da superare. A tale definizione si preferisce quella di “persona handicappata” che richiama l’unicità e l’integrità della persona, anche quando vive condizioni handicappanti. La Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone fragili (dicembre 2006), ufficializzerà la definizione “persone con disabilità”.
Una recente legge n. 227 del 22 dicembre 2021 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di disabilità. La legge 104/1992 sarà, pertanto, oggetto di una profonda revisione.
2012: la normativa sui BES
L’ultimo importante anniversario è la Direttiva 27 dicembre 2012 riguardante gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) e l’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica. In essa e nella Circolare applicativa del 6 marzo 2013, n. 8 vengono ricapitolati i principi posti alla base dell’inclusione scolastica con riferimento agli alunni con BES, in particolare agli allievi con disturbi specifici, con disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, con funzionamento cognitivo limite.
L’area dello svantaggio scolastico, si afferma nella Direttiva, è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.
La Direttiva completa il lungo cammino cominciato agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso e estende il principio della personalizzazione ad una fascia di popolazione molto più ampia rispetto agli alunni con disabilità e con DSA.
In sintesi
Abbiamo rivisitato quattro ricorrenze che hanno caratterizzato in modo rilevante il nostro sistema d’istruzione. In particolare, la riforma della scuola media del 1962 è ancora oggi al centro del confronto e dell’attenzione di esperti, analisti e personalità del mondo della scuola, tanto che non mancano occasioni per il rilancio di una sua revisione.