Il conflitto russo-ucraino è entrato prepotentemente nelle nostre case, attraverso la TV, ormai da tempo. Occorre quindi che noi adulti ci poniamo, per quanto possibile, come “filtro” per fare in modo che il perdurare di questa guerra non provochi nei nostri bambini e ragazzi traumi che potrebbero segnare, anche pesantemente, il loro sviluppo psicologico. Questo contributo può essere utile alle famiglie, e anche ai docenti, per gestire le emozioni dei bambini davanti agli orrori della guerra.
Fare da filtro è una responsabilità di noi adulti
Le immagini crude e terribili continuano quotidianamente a sconvolgere la nostra serenità, nonostante noi, in quanto adulti, abbiamo ormai sviluppato sistemi più o meno efficaci di protezione emotiva dagli stress psicologici. I nostri bambini, invece, compresi i nostri ragazzi più grandi, non hanno ancora maturato strumenti psicologici “difensivi” efficaci, non sono ancora capaci di innalzare “barriere virtuali” per fronteggiare adeguatamente la visione di scene di guerra raccapriccianti e sempre più frequentemente tragiche e spaventose.
Spiegare la guerra ai bambini non è facile. È un processo complesso, costituito da tante azioni e che richiede un dialogo continuo costruito “a misura” sull’età dei nostri piccoli interlocutori.
Curare la sensibilità emotiva dei bambini
La TV continua a portare dentro le nostre case, quasi prepotentemente, le immagini devastanti della guerra. Più il conflitto va avanti e più le immagini che giungono fino a noi sono crude, pesanti e pericolose per il sereno sviluppo psicologico dei nostri bambini. Diventa indispensabile, dunque, evitare che i bambini assistano a questo bombardamento mediatico e, perché no, è bene anche distrarli. La mattina, ad esempio, è sicuramente opportuno fare colazione con loro, parlando del più e del meno e se proprio si accende la TV… meglio scegliere Cartoonito, RAI Gulp, o comunque programmi adatti alla loro età. È opportuno, quando è possibile, che i report mattutini della guerra rimangano appannaggio esclusivo degli adulti, come pure i telegiornali, che spesso accompagnavano le cene e i pranzi famigliari. In questo periodo, inoltre, non lasciamo soli i bambini davanti alla TV (non si dovrebbe fare mai) e tuteliamoli dalla visione di scene strazianti. È ovvio, invece, che i ragazzi più grandi potranno essere “accompagnati” durante la visione dei telegiornali o potranno essere invogliati alla lettura dei giornali on line per cercare di capire il senso delle scelte e lo sviluppo degli eventi.
Essere capaci di ascoltarli
Ascoltare le paure, le ansie e le angosce è il primo passo. È bene che i soggetti in crescita verbalizzino le emozioni che provano in relazione alla guerra. Noi adulti non siamo, a volte, “buoni ascoltatori” nei confronti dei nostri figli. È nella nostra natura dispensare consigli, “fare lezione”, spiegare, dare delle regole. In molti casi ci sfugge l’interiorità dei ragazzi e bei bambini. A volte non conosciamo le diverse emozioni che si nascondono sotto l’apparente indifferenza, né i sentimenti che i nostri figli possono provare di fronte alle vicende del conflitto, guardando i report di guerra in TV. Saper ascoltare significa entrare in empatia con le emozioni dell’altro, significa fare in modo che i bambini, parlando degli eventi, “tirino fuori” l’ansia, la paura, la rabbia, la tenerezza, lo sbigottimento… Sono emozioni che non si presentano sempre con immediata chiarezza ai bambini, in alcuni casi possono costituire un veleno, trasparente e silenzioso che, col tempo, potrebbe minare profondamente la serenità dei nostri ragazzi.
Spiegare che si può ancora avere fiducia
A seconda dell’età è utile anche rassicurare i bambini in relazione alle paure incombenti. La paura più diffusa tra i ragazzi più grandi è che il conflitto diventi mondiale o che l’Italia diventi parte attiva all’interno di esso.
Molti bambini e ragazzi restano sconvolti dalle condizioni di vita dei loro coetanei, costretti a rifugiarsi nei bunker, negli scantinati e nelle metropolitane. Non si può negare quanto sta accadendo, ma si può provare ad evidenziare la rete di aiuto e di solidarietà che il conflitto ha determinato, per sentirsi meno soli. Il fatto che moltissimi bambini con le loro mamme hanno trovato ospitalità presso parenti amici e gente comune in altri Paesi, ad esempio, è un aspetto positivo che fa ritrovare fiducia nel genere umano, al di là della tristezza per le condizioni di vita dei bambini ucraini che nell’immediato non sono fuggiti dai luoghi del conflitto.
Parlare del conflitto lontano dai bambini
Tutti gli adulti dovrebbero porre molta attenzione alle parole che usano quando parlano del conflitto. In primo luogo è bene che tali discorsi si facciano sempre lontano dai bambini più piccoli, ed è anche bene prestare molta attenzione se fatti in presenza di bambini più grandi. I piccoli sono spugne che assorbono tutto con propri strumenti di decodifica, che possono provocare interpretazioni distorte tali da creare ulteriori paure. I bambini ascoltano anche quando sembrano distratti o occupati a leggere fumetti, a giocare alla play-station o quando sembrano intenti a guardare cartoni animati alla TV. Hanno invece “orecchie paraboliche”, capaci di captare anche i discorsi che gli adulti fanno nella stanza accanto. Occorre attenzione.
La gioia che resta, nonostante tutto
Insegnare ai nostri figli a provare gioia per un tramonto, un fiore appena sbocciato, un vitellino nato da poco, per le manifestazioni più semplici della natura, per un piccolo successo nello sport o a scuola, per il calore che regala un abbraccio o un sorriso, per una giornata al parco o una scampagnata con un pic-nic significa aiutare i nostri figli a comprendere intimamente che la gioia è uno stato d’animo importante che può essere conquistato e può donare a se stessi e agli altri un benessere intenso e a volte inatteso. Provare gioia e trasmettere gioia è un modo per costruire armonia e per rendere più belle anche le persone intorno a noi.
Insegnare ai nostri bambini e ai nostri ragazzi ad ascoltarsi, imparando a gioire per le cose semplici e vere della vita, è uno dei tanti modi utili per continuare a trovare le occasioni per gioire, anche se attorno aleggia il pensiero della guerra.