“La scuola ci salverà” titola Dacia Maraini la sua avvincente testimonianza di pensiero positivo sull’istruzione[1], un contributo raro, per la verità, in tempi in cui la distruzione è diventata diffusa categoria interpretativa della storia della nostra scuola[2]. Chi salverà la scuola? Viene spontanea la domanda. Pochi, tra chi nella scuola lavora o di scuola si occupa, sottoscriverebbero che saranno gli ispettori a giocare tale ruolo. Molti esperti, tuttavia, condividono il parere che un funzionale servizio ispettivo sia uno strumento importante che può anche diventare determinante nel miglioramento del servizio scolastico.
Il valore aggiunto del servizio ispettivo
La questione che emerge nei sistemi scolastici che possono contare su funzioni ispettive consolidate e mature, è quella dell’impatto sul miglioramento della scuola e sui livelli di apprendimento degli studenti. In una stagione in cui a tutte le istituzioni è richiesto ormai di render conto, di dare prova di sé, di giustificare gli investimenti che comportano, non stupisce, quindi, che ci si possa interrogare sul valore aggiunto del servizio ispettivo nel management strategico di un sistema di istruzione e nell’andamento delle competenze raggiunte dagli studenti.
Naturalmente la domanda è fuori luogo e non può essere posta là dove non si è di fronte ad un’organizzazione puntuale e permanente e là dove sia difficile identificare un corpus chiaramente circoscrivibile di pratiche professionali che possa essere oggetto di analisi e, eventualmente, di valutazione. È così nel nostro paese. Siamo di fronte ad un tramonto ormai più che decennale delle funzioni ispettive, logorate dalle soluzioni temporanee adottate per il reclutamento, pur in presenza di periodici atti di indirizzo e di annunciate e ripetute intenzioni di ripartenza[3].
Sebbene sia difficile da contestualizzare nella realtà italiana, la questione del contributo degli ispettori nell’azione pubblica per l’istruzione ha un crescente interesse di carattere generale e rientra nel mettere a punto strategie efficaci di miglioramento. Una questione, quindi, oggi imprescindibile.
E se si puntasse seriamente sugli ispettori?
La constatazione che venti anni di autonomia e oltre dieci di valutazione di massa non abbiano portato a progressi significativi nei livelli di apprendimento degli studenti (si veda l’andamento dei risultati dei test PISA dal 2003 al 2018) impone la ricerca seria. Probabilmente le strategie definite a livello generale non hanno fertilizzato a sufficienza e in modo efficace la nostra scuola.
Purtroppo quanto avviene in classe non è molto conosciuto e, soprattutto, non è facile da conoscere a fondo. Spesso le fonti di informazioni sono indirette (le dichiarazioni degli insegnanti, i racconti degli studenti…) o approssimative (ricordi personali…). I dati quantitativi, d’altra parte, delineano scenari e tendenze ma faticano a cogliere i processi autentici di apprendimento. La ricerca basata su osservazione in classe, peraltro, non è molto sviluppata ed è particolarmente laboriosa e impegnativa.
In questa ottica gli ispettori possono essere insostituibili come punti di contatto e di dialogo tra le scuole garantendo l’interazione dinamica tra la decisione amministrativa, la strategia politica e la realtà scolastica. Per svolgere questo ruolo di ponte e di dialogo occorre certamente superare lo stigma dell’accertamento punitivo e, soprattutto, prendere cura seriamente della praticabilità organizzativa e, in particolare, del capitale professionale necessario. Così l'”alta professionalità” esce dalla affascinante retorica e si traduce in pratiche professionali.
Un recente parere del CSPI
Severo, abitualmente se non sempre, nei confronti delle intenzioni ministeriali[4], il CSPI ha espresso recentemente un parere sullo schema di decreto ministeriale sulle attività ispettive[5]. Apparentemente semplice, il parere risulta incisivo e puntuale nel richiamo all’architettura di sistema da tener presente in modo da ancorare in termini stabili la funzione degli ispettori, non solo nell’ambito di un triennio. In questa prospettiva il richiamo alle criticità organizzative e funzionali è quanto mai cruciale come l’indicazione delle opportunità oggi esistenti per un reclutamento ‘snello’.
Ci sono molte ragioni che possono spiegare il destino della funzione ispettiva nel corso degli ultimi decenni e non mancano le ricostruzioni convincenti di un silenzioso tramonto rallentato solamente dalle esigenze funzionali legate soprattutto agli accertamenti ispettivi e alla messa in opera dell’esame di Stato. Non si tratta, comunque, di un destino inarrestabile. Ma richiede una rivisitazione delle funzioni non nella loro articolazione, bensì nel modo in cui sono organizzate, messe in atto e sottoposte a periodiche revisioni. Alcune priorità sono da questo punto di vista le condizioni per una nuova stagione di dirigenti tecnici. Il parere citato del CSPI sembra indicare una completa e funzionale strutturazione con precise priorità.
Le priorità per un rilancio efficace delle funzioni ispettive
Non c’è alcun dubbio che il carico di lavoro sia piuttosto elevato e spesso sproporzionato rispetto ai tempi di un’attività che deve essere meditata, sviluppata, condivisa e coordinata, evitando la dispersione delle risorse e la marginalizzazione delle azioni di maggior rilievo professionale, quali le attività di riflessione e di ricerca al servizio delle scuole. Occorre, al contrario del sovrapporsi di compiti, un passo in avanti in termini di metodo di lavoro lungo tutte le direttrici della funzione ispettiva. L’accertamento sul campo e l’attività di consulenza non possono rimanere ferme alle soluzioni tradizionali: solo una rivisitazione dei modi di espletamento può portare ad un livello di alta professionalità. Parimenti gli interventi nella comunicazione professionale, come il dialogo con i docenti, richiedono ormai un linguaggio che sia comprensibile, che sia ispirato dalla riflessione pedagogica e culturale e che collochi al posto giusto le varianti della cultura amministrativa e giuridica di ieri. Solo in questo modo gli ispettori potranno dare voce alla realtà della scuola contribuendo alla conoscenza pubblica dei processi educativi, irrobustendo culturalmente l’azione amministrativa e valorizzando le potenzialità dei gruppi di docenti che operano professionalmente.
Al centro gli apprendimenti degli studenti
Oltre al metodo e al linguaggio la rinascita del corpo ispettivo deve avvenire all’interno di uno scenario che vede al centro i percorsi di formazione degli studenti. La disponibilità di informazioni e di analisi sui livelli di apprendimento devono entrare nel cruscotto di un servizio ispettivo che non abbandoni il senso della direzione. Se non diventa visibile il valore aggiunto delle alte professionalità per il progresso degli studenti, si indebolisce il profilo stesso dei dirigenti tecnici.
A dare vigore culturale alle funzioni ispettive è senza dubbio la passione per l’insegnamento, per la cultura e per l’apprendimento. La provenienza dal mondo delle scuole non è un criterio di contenimento degli accessi, bensì la convinzione che senza esperienza sul campo non è possibile occuparsi di accertamenti ispettivi o di servizi di consulenza. C’è una comprensione dei problemi e dei processi che deriva dal vissuto professionale e che può essere la base per tappe successive di crescita.
Indipendenza e discrezionalità
L’indipendenza e la discrezionalità sono componenti intrinseche al mestiere di ispettore; non sono, tuttavia, condizioni di partenza, bensì traguardi di credibilità, di fiducia, di affidabilità che si costruiscono nel tempo e nella pratica del dialogo con gli insegnanti e con le scuole. Da questo punto di vista l’autentica autonomia di pensiero deriva da una profonda cultura dell’educazione, da una esercitata capacità di dialogo e di comprensione nonché dalla disponibilità a guardare oltre gli stereotipi e le convinzioni consolidate. L’educazione è un terreno in cui le conoscenze si sviluppano, diventano obsolete, si rinnovano con problemi che rimangono aperti per lungo tempo. La cartina di tornasole dell’autenticità delle alte professionalità non è nella chiarezza formale delle enunciazioni, sempre comunque importante. Risiede fondamentalmente nelle pratiche professionali. Non c’è modo più convincente del valore di una professione della prova della realtà, della sua traduzione operativa e dei risultati che raggiunge. Il campo di lavoro è complesso, sfugge a facili categorizzazioni e risulta faticoso oltre misura. L’unica via di uscita è mettere alla prova i profili definiti nella norma di fronte allo spettro delle questioni che la scuola deve affrontare.
Il futuro ha radici nel passato
Come avviene per molte istituzioni il futuro ha le radici nel passato. Per questa ragione gli esempi, di cui è ricca la nostra tradizione, di ispettori di alta cultura professionale e di elevate capacità operative che negli anni passati hanno lasciato il segno nei diversi campi disciplinari di competenza o nelle diverse stagioni di innovazione continuano ad essere di riferimento.
Perché queste priorità abbiano la possibilità di guidare l’attività dei dirigenti con funzioni ispettive è indispensabile una strategia nazionale robusta e coerente, nella direzione indicata dal parere del CSPI. Un’architettura funzionale, articolata, chiara e dinamica non è l’essenziale delle funzioni ispettive, ma la condizione perché possano essere espletate compiutamente al servizio delle scuole.
La relazione triennale sullo stato della scuola
Il punto di maggior interesse nel parere del CSPI riguarda la previsione di una relazione triennale sulla scuola e sui servizi[6]. Se nulla di rivoluzionario c’è nel riprendere quanto già previsto nel 1974 come compito della funzione ispettiva, di nuovo ci potrebbe essere l’uscita da un più che decennale deficit di implementazione[7]. Tradizionalmente l’indicazione normativa è stata interpretata come relazione sull’attività svolta dal servizio ispettivo perdendo di incisività e acquistando i tratti di un documento amministrativo interno non direttamente rivolto a chi nella scuola lavora o della scuola si interessa.
Un banco di prova
Tutti sappiamo che non c’è nulla di più convincente di un programma realizzato, di più apprezzabile di una iniziativa condotta a termine e, potremmo dire, di insolito di un’intenzione tradotta nella realtà. La compilazione di una relazione triennale potrebbe essere un banco di prova significativo dell’alta professionalità, ma anche un antidoto all’eccesso di retorica sull'”alta professionalità” o allo stesso ritualismo dell’elencazione delle funzioni dei dirigenti tecnici con compiti ispettivi. Tale relazione, se non si relega al mero adempimento amministrativo, richiede impegno e competenze mirate: presuppone capacità di analisi, inclusa l’anticipazione dei problemi, metodi affidabili di indagine, familiarità con i big data oggi accessibili, abilità di comprensione sintetica, disponibilità di una prosa leggibile e di un linguaggio efficace.
Per la riuscita di un ruolo che potrebbe rivelarsi importante è indispensabile che la lettura della realtà della scuola, delle dinamiche che l’attraversano, dei problemi che l’angustiano e dei possibili scenari del domani siano lasciate agli ispettori stessi.
Al CSPI il merito di aver indicato la necessità di evitare soluzioni preconfezionate o riedizioni di rapporti su questioni già abbondantemente esplorate e analizzate.
[1] Dacia Maraini, La scuola ci salverà, Solferino Milano 2021.
[2] Si vedano i lavori di Ernesto Galli della Loggia (L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola, Marsilio, Venezia 2019), di Luca Ricolfi (La società signorile di massa, La nave di Teseo, Milano 2019) e di Stefano D’Errico,La scuola distrutta. Trent’anni di svalutazione sistematica dell’educazione pubblica, Mimesis, Milano-Udine 2019.
[3] Dalla Premessa dello schema di decreto del Ministro dell’istruzione recante “Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva”, si legge: “Nell’ambito del quadro delineato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dalle Linee programmatiche del Ministro, dall’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2022, la dirigenza con funzione tecnico-ispettiva è coinvolta nel processo di innovazione che connota la Scuola “motore del Paese”.
[4] Cfr. i pareri sullo schema di decreto su “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica” (18 giugno 2020) e, più recentemente, sullo schema di decreto sulla sperimentazione dei percorsi quadriennali (18 novembre 2021).
[5] Ministero dell’Istruzione, Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 30 settembre 2020, n. 166.
[6] Nello schema di decreto del Ministro dell’istruzione recante “Modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva” si legge: Organizzazione della funzione tecnico ispettiva: “Il Coordinatore nazionale predispone, sentiti i Coordinatori regionali, una Relazione triennale sulle tematiche e problematiche emergenti; detta relazione, per il tramite del Capo Dipartimento, è trasmessa all’esame del Ministro“.
[7] La previsione di una relazione non è, in realtà, un’innovazione. Già nel Decreto delegato n. 416 del 1974 l’art.4 che si riferisce alla funzione ispettiva prevedeva espressamente: “Al termine di ogni anno scolastico il corpo ispettivo redige una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei servizi”.