Il protrarsi dell’emergenza pandemica e i casi di confinamento forzato o di isolamento domiciliare fiduciario hanno prodotto effetti devastanti sull’equilibrio psichico della popolazione.
Il rischio del vuoto progettuale
Studi condotti da vari atenei hanno evidenziato, soprattutto tra i giovani, un incremento di ansia, depressione e stress per la necessità di dover contemperare l’esigenza del distanziamento sociale con il fisiologico mantenimento delle relazioni di prossimità con i coetanei. Costretti dalle restrizioni anti-covid a vivere una vita mutilata degli abituali contatti di aggregazione che fino a poco tempo prima si sostanziavano in rapporti scolastici, sportivi e di svago, corrono ora il rischio di sostanziale esclusione dal mondo societario, per cui vivono in una sorta di sospensione, in un vuoto di progettualità sociale e di speranza. La percezione di ritrovarsi da soli, senza il supporto dei pari nei quali riponevano il senso e il significato della vita, scatena in loro un diffuso senso di malessere, un disagio che non sanno descrivere né chiamare per nome. Nella loro vita, che sembra aver perso ogni valore, la centralità è rappresentata dal presente permeato da un vissuto di vuoto. Ed è la noia che s’insinua a colmare questo deserto affettivo.
Dalla noia all’aggressività
Spesso, oltre alla musica sparata a palla nelle orecchie è la visita dei profili social ad occupare quegli spazi vuoti: si tratta di intrattenimenti che offrono ai giovani l’illusione di sconfiggere la noia, di non sentirsi soli. Purtroppo la percezione di benessere dura il tempo di un collegamento virtuale, perché nel momento stesso in cui gli strumenti tecnologici vengono spenti, la noia riprende il sopravvento e li sprofondare nell’abisso dell’angoscia.
Ecco allora che il vuoto emozionale, rappresentato dal loro presente, diventa un assoluto da vivere con la massima intensità: per poter assaporare sensazioni eccitanti, attaccare qualcuno percepito come più debole rischia di indurre ad una vera e propria forma di aggressività.
I fattori di disturbo
È quanto è accaduto ad Albizzate, nel varesotto, dove la vittima è stata colpita con un bastone da un gruppo di ragazzi incensurati, afflitti da noia, come titolavano sia i quotidiani locali che il servizio mandato in onda dal TG1 il 19 maggio scorso “Pestato a sangue per noia, arrestati tre minorenni”.
Ma cosa spinge un giovane a molestare una ragazza, un gay, un disabile o comunque qualcuno percepito come fragile?
Sicuramente un coagulo di fattori. In tempo di covid, tra questi fattori c’è la possibilità che se ne inneschino altri. Oltre alla sensazione di mancanza d’aria e alla difficoltà di addormentamento, uno dei disturbi più tristemente lamentati ad esempio è senz’altro la noia, nella quale i giovani si sentono invischiati come in una spessa coltre che li avvolge fin quasi a soffocarli. La noia è un qualcosa di invisibile, impalpabile, inafferrabile; è un ospite “inquietante” – per dirla con Galimberti (U. Galimberti, L’ospite inquietante: il nichilismo e i giovani, 2007) – che si può insinuarsi pian piano nella vita di coloro che, comunemente immersi in un circuito di intensa socialità, all’improvviso vengono chiamati ad un sostanziale distacco sociale.
Una specie di paralisi cognitiva ed affettiva
I giovani rischiano si annoiarsi perché non sanno cosa fare nel tempo non occupato dagli impegni scolastici o sportivi, hanno poche idee su come poterlo riempire. Anche nei confronti delle tecnologie spesso hanno instaurato un atteggiamento passivo: in qualità di natives digitales l’overdose di tecnologia cui sono stati sottoposti fin dalla nascita in alcuni casi può aver esaurito ogni loro interesse. Per poter passare ad un atteggiamento attivo e propositivo nei confronti di questo tempo vuoto che per loro è un eterno presente di noia, sarebbe necessario che sviluppassero delle passioni, perché le passioni costruttive rendono vivi. Ma le passioni non sono come i talenti, non nascono con noi; vengono acquisite o scoperte guardandosi intorno. Senonché, l’ambiente di vita di cui oggi i giovani si nutrono è inesorabilmente vuoto, e la noia, dalla quale si sentono braccati, rischia di generare in loro una sorta di paralisi cognitiva ed affettiva.
Ovviamente, il disagio celato dietro certe azioni di bullismo, non esiste in sé, non svela semplicemente l’esistenza di dinamiche di isolamento, di estraneità dal mondo societario e chiusura in sé stessi.
Le responsabilità del contesto
Si tratta di una condizione di emergenza esistenziale che, pur rinvenendo nell’attuale isolamento da covid-19 il suo motivo scatenante, affonda le sue radici nella difficoltà di crescere in un determinato ambiente sociale.
Ecco allora che entra in campo, sia l’influenza del contesto socio-culturale di appartenenza, sia l’azione esercitata dalla famiglia di origine. Il contesto sociale contemporaneo, con la sua grave carenza valoriale e i suoi molteplici modelli d’identificazione, può già di per sé condurre le giovani generazioni ad assumere uno stile di vita antisociale caratterizzato da comportamenti a rischio: oltre alla precarietà, l’incertezza e l’inquietudine che connotano il clima di complessità del nostro tempo, l’attuale condizione di isolamento forzato spinge a volte i giovani a cercare l’affermazione della loro personalità nella provocazione, nella sopraffazione, nel bullismo.
I condizionamenti familiari
Tuttavia, al di là dell’instabilità societaria, del distanziamento imposto dalla pandemia e dell’innegabile influenza dei fattori biologici, molto spesso è proprio la famiglia che incuba il germe del disagio e dell’eventuale successivo atteggiamento deviante dei giovani, nel senso che gli schemi di comportamento familiare rappresentano la principale fonte di modellamento del loro modo di comportarsi.
Il contesto familiare rappresenta, dunque, un indicatore sociale estremamente condizionante.
Se potessimo entrare nelle dimore dove vivono i nostri giovani, il più delle volte ci imbatteremmo in case non vissute, non abitate; case come semplici luoghi di sosta, nel senso che ogni componente del nucleo familiare vive sostando in una stanza. Difficilmente a pranzo o a cena ci si ritrova insieme e ci si racconta, ci si confronta. Tutt’al più si intesse un rapido scambio di informazioni indispensabili, qualche accenno, mezze frasi, ma non si interagisce, non si dialoga: ogni relazione è svuotata di emozioni, e i sentimenti non vengono condivisi perché non c’è tempo, per cui nulla resta dentro a renderci e mantenerci vivi.
Il disagio economico e culturale
Se a tutto ciò si aggiunge poi la provenienza da situazioni familiari critiche, segnate da disagio economico, scarsi strumenti culturali, emarginazione sociale o addirittura vicende di illegalità conclamata tali da determinare nei figli una condotta ribelle e oppositiva, il quadro si completa tragicamente. Spesso, infatti, alle spalle di molti giovani che sfoderano atteggiamenti provocatori, sfidanti e ostili nei confronti delle figure d’autorità, e aggressivi nei confronti dei pari, c’è un passato vissuto nelle comunità, nelle strutture assistenziali, di abbandono da parte della famiglia, con conseguente assenza o inadeguato appagamento del bisogno di ascolto, di comprensione, di armonia, di tenerezza, oltre ad un’insoddisfazione di quelle esigenze di autorevolezza e di disciplina di cui i minori hanno bisogno perché costituiscono per loro veri e propri punti di riferimento.
La famiglia come spazio di dialogo e di autorevolezza
Da qui, l’assoluta necessità per i ragazzi di crescere nella considerazione dei familiari, perché è essenziale per loro sapere di essere ascoltati e compresi, e potersi rispecchiare in loro.
Ecco perché alla famiglia, oggi più che mai, viene richiesta la pratica del dialogo e dell’ascolto. Ma per farsi ascoltare, la famiglia deve parlare.
Pertanto, recuperando autorevolezza, energia e mezzi di natura culturale, psicologica e morale, la famiglia che rappresenta la prima e inalienabile composizione educativa e sociale, deve impegnarsi a ritrovare il tempo e lo spirito per dialogare con i propri figli. Perché è il dialogo che sostanzia e conferisce valore alle dinamiche sociali, prime fra tutte quelle agite in famiglia, la cui funzione educativa risulterà tanto più ampia e incisiva, quanto più tornerà a connotarsi come luogo di relazioni autentiche e a rispondere con quotidiana devozione all’incessante bisogno di amore dell’essere umano.