Caro Giancarlo, sei stato Maestro di vita e il mio padre putativo in campo professionale.
Ero una giovane e inesperta insegnante di scuola dell’infanzia, quando alla fine degli anni Ottanta ho avuto la fortuna di incontrarti sul mio cammino, grazie alla militanza nel CIDI.
Mi sentivo, allora, insicura e incapace di misurarmi con chi aveva tanta profondità di pensiero, di esperienza, di cultura. Ma sono stata una “spugna assorbente” come direbbe Montessori e il mio fare silenzioso e discreto non è passato inosservato ai tuoi occhi. Mi hai dato fiducia, hai creduto in me, in ciò che potevo mettere specialmente al servizio del nostro comune interesse: “la scuola dei piccoli”.
Debbo a te, l’orgoglio della mia scelta professionale fino al passaggio alla dirigenza.
È grazie anche a te che sono divenuta, come tu stessi mi hai definito a suo tempo, “paladina della scuola dell’infanzia”, ma con uno sguardo lungo, capace di innestare quell’esperienza in una cornice culturale sempre più ampia, che mi ha permesso poi di cimentarmi nella scrittura, collaborando alla rivista ScuolaInfanzia del CIDI di Forlì, a vari scritti a tua cura, fino ad entrare a far parte del team di Tecnodid.
Hai contributo non poco nel mio essere sempre più fiera della scelta fatta di non transitare in altri ruoli dell’insegnamento e anche il passaggio alla dirigenza è frutto di tue sollecitazioni e supporti continui. Ogni volta che ci siamo incontrati negli anni in cui si profilava all’orizzonte la possibilità di partecipare al concorso per dirigenti scolastici, non è mai mancato un tuo dono, con un autore suggerito, un saggio consigliato, tuoi scritti regalati.
Hai supportato me, nella mia crescita professionale (ma anche personale), come hai supportato e accudito tutta la scuola italiana.
Ti sei preso “cura” di tutti noi, delle nostre singole individualità e della Scuola intesa come sistema, fatta da persone.
E lo hai fatto con un agire equilibrato, garbato, ma determinato e convincente, soprattutto attraverso i tuoi dialoghi e i tuoi scritti.
Non a caso preferisco parlare di “dialoghi”: perché ogni tuo intervento pubblico era in realtà un “dialogo” nel senso etimologico del termine, caratterizzato da quella modalità affabulatoria capace di entrare in relazione; di carpire l’attenzione; di creare “dissonanza cognitiva”, a dirla con Festinger; di arrivare al cuore e alla mente.
Una capacità “dialogante” trasferita anche in tutti i tuoi innumerevoli scritti.
Quanto hai scritto, nell’arco della tua esistenza, fino alla fine! Credo sia difficile contarne un numero di scritti certo.
In merito, anch’io come altri ho vivo il ricordo del tuo consistente pacchetto di appunti che ti seguiva ovunque e che ogni volta si accresceva, si modificava e da cui balzava agli occhi il tuo incessante lavorio, fatto di sottolineature colorate, di collegamenti e note a margine, di parole cerchiate o evidenziate.
Quel fardello credo sia l’emblema della tua infaticabile e incessante dedizione allo studio, alla ricerca, all’approfondimento di ogni questione inerente all’educazione, ma in termini di paideia e di bildung.
La scuola italiana deve tanto anche a te! Il tuo acume è stato al suo servizio fino alle fine e le Linee pedagogiche 0-6 rappresentano l’epilogo e un testamento al contempo. Non solo per i contenuti in esse raccolti, con un lavoro a tante mani guidati dalla tua sapiente e sagace regia, ma anche per il metodo di elaborazione condiviso e utilizzato, fino alla scelta di arrivare ad un testo definitivo solo dopo essere passato al vaglio di una consultazione pubblica, ora in atto.
Sento ora che debbo, dobbiamo, restituirti quanto ricevuto, assumendomi e assumendoci la responsabilità di proseguire nel solco del tuo lavoro, che tu hai svolto nell’arco della tua vita pur affrontando prove dure, come la perdita di una figlia prima e la tua sofferenza poi.
Mancherà certamente il tuo profondo sguardo, il tuo “gesto cavo” di accoglienza e accudimento, il tuo dolce sorriso, il tuo eloquio raffinato e affascinante. Sono tratti di te che ognuno di noi continuerà a mantenere vividi nel tuo ricordo.
Ma una cosa è certa: tutti quelli che hanno avuto la fortuna di “viverti”, a cominciare da me, ci adopereremo perché tu possa continuare a vivere, diffondendo la tua visione del mondo che vede nella “cura” dell’infanzia il suo fulcro.
Un ultimo pensiero mi sento di rivolgere ai tuoi cari, che hanno saputo amorevolmente condividerti con tutti noi. Che sia più lieve il loro profondo dolore, avendo la certezza che tu continuerai a vivere nelle nostre azioni, oltre che nei nostri cuori.
Con tanta riconoscenza, tanta stima e tanto affetto.
Ciao, Giancarlo.