Lo scorso 15 aprile, con una nota mirata (n. 8249) il Ministero dell’Istruzione (Ufficio II della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici) ha formulato una serie di suggerimenti e ha fornito materiali di supporto per l’organizzazione degli incontri territoriali, finalizzati alla consultazione pubblica sulle Linee Pedagogiche 0-6.
Una Nota per gli Uffici Scolatici Regionali
La nota suddetta è stata indirizzata ai Direttori Generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici Scolastici Regionali, per conoscenza, anche alle Regioni (per il tramite del Coordinamento della Conferenza delle regioni sullo zerosei) e alle A.N.C.I. regionali, attraverso l’organismo nazionale.
Nella nota, che lascia la più ampia libertà a strutturare gli incontri e a individuare gli esperti da coinvolgere, viene ribadito l’importante ruolo di coordinamento che gli USR devono assumere in stretta collaborazione con le Regioni e le ANCI regionali.
Il duplice obiettivo degli incontri territoriali
Gli incontri a carattere regionale hanno un duplice compito. Il primo riguarda la possibilità di dare massima diffusione al documento, specialmente tra gli addetti ai lavori: per sollecitarne la piena conoscenza e per stimolare il dibattito e la riflessione pedagogica, con l’intento principale di rendere realmente operativi, nella prassi quotidiana, i principi enunciati all’art. 1 del D.lgs. 65/2017[1].
Il secondo mira a raccogliere osservazioni e suggerimenti per migliorare il testo delle Linee pedagogiche 0-6, partendo anche dalla conoscenza e condivisione delle buone pratiche realizzate sul territorio, da diffondere e replicare.
Durante le iniziative territoriali è necessario riservare uno spazio adeguato alla presentazione dei due strumenti elaborati dal MI per la consultazione pubblica[2], soprattutto per coglierne le differenze, sulla base dei destinatari. Invero, il questionario strutturato è rivolto ai singoli e ai team[3], mentre la scheda di lettura e raccolta di osservazioni è a disposizione di gruppi strutturati di stakeholder[4].
Tempi e modalità della consultazione pubblica
La consultazione pubblica dovrà terminare nella prima decade di luglio. Sicché, gli incontri territoriali dovranno essere realizzati a stretto giro, tra fine aprile e non poco oltre la metà di giugno. Viene suggerito di realizzarli di pomeriggio, per garantire la massima partecipazione di educatori, docenti, operatori dei servizi educativi e delle scuole statali, paritarie (comunali e private), coordinatori pedagogici (laddove presenti), raggiungendo almeno un’unità di personale per ogni punto di erogazione.
Gli incontri devono caratterizzarsi per essere plurali nelle rappresentanze e il più possibile partecipati. In ragione di ciò, si auspica la massima collaborazione tra USR, Regioni ed ANCI in ogni fase (programmazione, ideazione, etc.) necessaria alla realizzazione delle iniziative territoriali.
Nella nota suindicata, a cui è allegato anche un modello di report finale di ogni iniziativa ad uso degli USR, si offrono spunti operativi per la definizione della scaletta degli incontri. Il dettaglio dei vari punti elencati forse ha un intento preciso: creare i presupposti di una modalità organica ed unitaria su tutto il territorio nazionale, pur nel rispetto delle specificità territoriali.
E non manca la disponibilità di personale qualificato del Ministero e dei componenti della Commissione nazionale ad intervenire come relatori a titolo gratuito, soprattutto per entrare nel merito delle Linee pedagogiche così come state elaborate, nonché di alcuni aspetti peculiari, relativi alle parole chiave della proposta educativa in esse contenuta.
L’architettura delle Linee Pedagogiche 0-6
Il documento è composto da sei parti strettamente interconnesse, con una loro insita coerenza logica. Ciascuna parte è anche definita e compiuta in sé, con un indice molto articolato, che esplicita il filo dei ragionamenti e delle riflessioni condotte dalla Commissione, a cui anche chi scrive ha avuto l’onore e l’onere di apportare il proprio contributo, collaborando da esterna, su individuazione dello stesso Presidente.
Pensando alla struttura del documento viene alla mente una doppia immagine: il documento nel suo insieme evoca l’immagine di un sasso nello stagno, le cui parti si propagano come cerchi concentrici, sempre più dilatati ed estesi; al contempo, rimanda all’idea di una mappa complessa, i cui vari nuclei tematici delle sei parti si intersecano, si intrecciano e si riannodano in un continuum che unisce e dà senso a tutto l’insieme.
Ogni parte ha una sua precisa collocazione all’interno del documento: la progressività dei nuclei tematici tiene conto dello sviluppo di una riflessione, che parte da principi di base e si snoda a mano a mano nel dettaglio di ciò che deve caratterizzare il sistema integrato 0-6 e di ciò che è necessario a qualificarlo e a renderlo fattibile nella sua realizzazione. Come ha fatto notare il Presidente della Commissione 0-6 nel suo intervento all’evento lancio del 31 marzo scorso[5], la prima e l’ultima parte focalizzano aspetti più prettamente “istituzionali”, mentre le parti centrali si occupano di aspetti maggiormente pedagogici.
Parte I – I diritti dell’infanzia
È la parte che traccia l’inquadramento generale istituzionale e normativo a partire dai principi base, concernente i diritti dei bambini come declinati nella Convenzione dei diritti dell’Infanzia e che rimandano ai principi fondamentali della nostra Costituzione (art. 2, 3 e 31). Non mancano i riferimenti ai principali documenti europei e nazionali che hanno dato impulso ad una visione educativa, superando quella meramente assistenzialistica e conciliativa delle esigenze familiari in relazione alla fascia di età 0-6 anni.
Nella prima parte sono trattate in nuce tutte le altre e ne rimanda lo sviluppo in ciascuna di esse. Il punto di riferimento certo è, inevitabilmente, il diritto soggettivo di ogni bambino/a all’educazione e all’istruzione in luoghi adeguati alle diverse fasce d’età e di elevata qualità, tali da promuovere lo sviluppo di tutti attraverso la formazione, intesa in termini di bildung, ovvero di “ambiente” che sa accoglierli ed accompagnarli nel percorso di crescita.
Servizi educativi e scuole dell’infanzia rappresentano per antonomasia questi luoghi. In ragione di ciò, devono sempre più essere in grado di accogliere tutti i bambini e le bambine nello loro unicità e diversità, nessuno escluso. Devono essere in grado di riconoscere ciascun bambino nella propria individualità, rispondendo ai suoi bisogni ed esigenze, facendosi promotori di uguaglianza educativa, integrazione sociale, diffusione culturale[6]. Sono i contesti in cui è possibile garantire una prospettiva di educazione e cura di lunga durata, secondo un’ottica di investimento che va a beneficio dei singoli e della collettività.
Fare riferimento alla dignità dell’essere bambino/a, rimanda la riflessione a quanto difficile sia oggi essere bambini, per la complessità dell’ecosistema in cui essi vivono, su cui ci si sofferma nella seconda parte del documento.
Parte II – Un ecosistema formativo
In questa parte sono tratteggiati i grandi cambiamenti che riguardano la nostra società, i cambiamenti nelle famiglie, nella cultura, nelle tecnologie, negli stili di vita che si riverberano all’interno delle sezioni. I bambini arrivano ai servizi educativi e alle scuole dell’infanzia con il proprio vissuto. Sono lo specchio di contesti familiari caratterizzati sempre più da differenze a più livelli. Si tratta di differenze culturali non solo legate alle origini dei genitori, ma spesso riferite a diverse culture educative, a differenti scelte familiari che investono ogni dimensione della vita infantile.
L’infanzia è immersa in una realtà sociale in continuo movimento e sottoposta ad una serie di sfide, che nel documento vengono indicate e illustrate in dettaglio. Sono le disuguaglianze e le povertà; le famiglie plurali e senza reti; la dimensione interculturale e multilingue; i media e la cultura digitale; i cambiamenti del mercato del lavoro. Naturalmente non può mancare il riferimento anche alla situazione che stiamo vivendo ormai da oltre un anno, con un evento pandemico che ha stravolto il mondo e soprattutto il mondo infantile stesso.
Nel documento traspare un dialogo aperto con le famiglie, finalizzato alla costruzione di un rapporto di fiducia verso le istituzioni, che prende avvio proprio da una delle prime istituzioni che le famiglie possano incontrare. È un’occasione che può permettere ai genitori di accrescere la consapevolezza del proprio ruolo, ma anche in termini di partecipazione ad una comunità, in cui sperimentare concretamente il passaggio, non scontato, dall’io al noi.
Questa seconda parte fa da train d’union tra la prima e tutte le altre, poichéindica tutti gli aspetti e i valori dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia (che saranno illustrati poi, nel dettaglio, nelle altre quattro parti), tra cui la centralità della dimensione infantile, l’inclusione e la coesione sociale, ma anche la promozione della cittadinanza democratica.
Parte III – La centralità del bambino
È il capitolo in cui emerge quanto nelle Linee Pedagogiche si miri a riscoprire il bambino. Non in termini di una riscoperta generica e buonista, ma cogliendo le loro caratteristiche dinamiche ed evolutive. Vi fa riferimento in termini sintetici lo stesso articolo 1 del D.lgs. 65/2017, laddove si sottolinea che debbono essere garantiti e rispettati i diritti, i bisogni di sviluppo e di potenzialità di tutti i bambini. Pur se nel documento non ci sono citazioni, si coglie “un DNA pregiato”, poiché ci sono concetti che rimandano ai padri fondatori della pedagogia infantile. Ne sono un esempio lampante: il concetto di potenzialità, che rimanda a Gardner; i concetti di socialità e di relazione adulto-bambino che rinviano a Winnicott; il concetto di autonomia, che fa pensare alla Montessori; quello di creatività dei cento linguaggi di Loris Malaguzzi; di apprendimento di Bruneriana memoria; o ancora, il concetto di campo di esperienza molto vicino al pensiero di John Dewey.
In questa terza parte si guarda, invero, alla centralità della “bambinità”, quale dimensione infantile che ha di per sé valore e piena dignità e va vissuta compiutamente, in contesti adeguati al dispiegarsi delle potenzialità e aspetti peculiari dell’infanzia, quali:
- intrecciare l’educazione e la cura;
- alimentare le relazioni tra pari;
- garantire una dimensione inclusiva;
- promuovere e sostenere l’apprendimento come elaborazione di significati;
- riconoscere nel gioco la voce dei bambini e la leva privilegiata per esprimersi, per scoprire e conoscere il mondo.
In tale prospettiva, questa parte rimanda alla successiva, che nello specifico riflette sulle scelte organizzative che sostanziano la progettualità per questa fascia di età, a partire dagli scopi e dai processi sottesi all’educazione 0-6 anni
Parte IV – Curricolo e progettualità: le scelte organizzative
Benché vi sia un approccio cauto nel parlare di curricolo per lo zerosei[7], in questa parte si rimanda alla sua definizione secondo la delineazione concettuale presente nella Raccomandazione del Consiglio UE del 2019[8] e che si associa al concetto di “progettualità educativa” in termini unitari e alle scelte organizzative in grado di accogliere e sostenere tutte le dimensioni dei bambini, favorendo l’incontro con i sistemi simbolico-culturali, per scoprire, interpretare e amplificare le loro esperienze.
Nel documento si parla di un curricolo del quotidiano in termini di trama visibile, che va a sostanziare e supportare una progettualità intenzionale, a partire dall’“alta intensità relazionale” che deve caratterizzare l’ambiente in cui si accoglie ogni bambino. Non a caso, come ha ricordato anche G. Cerini, nel suo intervento, nell’incontro di lancio delle Linee pedagogiche, una delle parole-chiave è il concetto di cura, intesa come sguardo attento, di responsabilità etica e di attenzione a tutte le manifestazioni infantili significative, che esprimono un bisogno di crescita, di autonomia, di iniziativa[9].
Per questo motivo, l’organizzazione di spazi, tempi e gruppi di apprendimento sono alla base di ciò che deve caratterizzarsi come “ambiente educativo”, nel testo definito “terzo educatore”. In esso ogni scelta – in termini di spazi, arredi, strutture, materiali, tecnologie, routine, etc. – implica e sottende una intenzionalità pedagogica garantita solo da personale altamente qualificato, capace di svolgere un accompagnamento competente. Come viene esplicitato nella penultima parte delle Linee Pedagogiche.
Parte V – Coordinate di professionalità
Progettazione e organizzazione di nidi e scuole dell’infanzia presuppongono professionalità di alto profilo, in grado di lavorare collegialmente in una prospettiva di lavoro di team, orizzontale e verticale, e di raccordo con agenzie educative diverse presenti in un territorio e con le famiglie.
Contesto e bambino sono, dunque, le coordinate di riferimento per il personale educativo e docente. Osservazione, documentazione e valutazione, invece, sono gli ineludibili “ferri del mestiere”, che si caratterizzano come “strumenti professionali” strettamente interconnessi, in una dimensione sistemica, ricorsiva e che, pertanto, rappresentano l’indispensabile terreno di confronto tra gli educatori, tra i docenti, tra gli educatori e i docenti.
Il carattere riflessivo della dimensione professionale riferita allo 0-6 (e non solo!) è connaturato all’esercizio della professione stessa. Una professione che deve tenere ben presente quali siano le dimensioni, le “posture” che la connotano, in termini di adulto accogliente, incoraggiante, regista, responsabile e partecipe. Un tale profilo di professionalità necessita di essere sostenuto con una formazione robusta e continua, soprattutto attraverso precise scelte politiche, amministrative e culturali.Scelte che necessitano di un quadro istituzionale certo, responsabile e che il documento illustra nel dettaglio nell’ultima parte, come modello di governance multilivello, così come delineato dal D.lgs. 65/2017.
Parte VI – Le garanzie della governance
La complessità dell’articolazione di una governance come declinata nel D.lgs. 65/2017 e opportunamente esaminata nelle Linee Pedagogiche – anche con l’intento di essere propulsive verso i vari livelli istituzionali coinvolti (Stato, Regioni, Enti Locali, Uffici Scolastici Regionali) – mette in luce un elemento da tenere bene presente: i servizi educativi e le scuole dell’infanzia sono beni fragili. Ecco perché necessitano di attenzioni costanti, di scelte oculate e determinate, di investimenti adeguati, di un dialogo e di un confronto che superino i compartimenti stagni dei diversi livelli istituzionali.
Da questo punto di vista la scelta di una governance così articolata rappresenta una sfida epocale: presuppone un cambiamento culturale, una rivoluzione copernicana nelle relazioni tra soggetti che, in virtù di una differenziazione di ruoli e funzioni (riforma del Titolo V della Costituzione!), sono notoriamente sui propri livelli di competenza, pur se con spazi definiti di confronto (v. Conferenza Unificata). Quegli spazi di confronto sono ora essenziali, vitali e a garanzia di una reale governance da rendere dinamica, per mettere a sistema le prospettive dello 0-6 che necessita di:
- Coordinamento pedagogico territoriale, che parte dalla valorizzazione delle migliori esperienze di coordinamento pedagogico esistenti, ma che è tutto da definire;
- Formazione del personale, sia specifica in ingresso, sia adeguata e costante in servizio.
A questi elementi si aggiunge la necessità di investire su tutte le strutture caratterizzanti lo zerosei, puntando a che siano davvero accoglienti, belle, luminose.
In particolare, gli opportuni investimenti vanno indirizzati verso i Poli per l’infanzia, da caratterizzarsi come centri risorse educative; come veri e propri campus, in cui alle famiglie è data la possibilità di ritrovare un nido, una sezione primavera, una scuola dell’infanzia, dei servizi comuni di alta qualità. Tali da far accrescere anche la domanda e, con essa, l’immaginario positivo e quella narrazione emozionale che danno risposte concrete ai diritti dei bambini e sono coerenti con gli standard fissati a livello europeo.
[1] Al comma 1 dell’art. 1 del D.lgs. 65/2017 si legge: “Alle bambine e ai bambini, dalla nascita fino ai sei anni, per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo, sono garantite pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”.
[2] Cfr. https://www.istruzione.it/sistema-integrato-06/linee-pedagogiche.html e anche: https://www.scuola7.it/2021/230/linee-pedagogiche-0-6/
[3] educatori, insegnanti, equipe, Consigli di intersezione, coordinatori didattici e pedagogici, dirigenti scolastici, funzionari e singoli uffici regionali/comunali, personale ausiliario, singoli gestori pubblici e privati, genitori.
[4] organizzazioni sindacali, associazioni professionali, associazioni del terzo settore, associazioni di gestori pubblici o privati, U.S.R, singoli enti locali, etc.
[6] Cfr. S. Bigi, Le caratteristiche del modello zerosei, in Linee Pedagogiche zero-sei (a cura di G. Cerini), Notizie della Scuola 11/12, anno XLVIII, 1/28 febbraio 2021.
[7] Cfr. G. Cerini, Linee Pedagogiche per il sistema integrato zerosei. Elaborato il documento, 10.01.2021, Scuola7-217.
[9] Il concetto di cura rimanda alla definizione che ne dà Luigina Mortari – docente di pedagogia generale e sociale dell’università di Verona – in alcuni suoi saggi, laddove spinge a riflettere e a considerare l’aver cura come atto imprescindibile dal nostro essere umani, poiché ricevere cura significa sentirsi accolti dagli altri nel mondo; la cura autentica è umana e umanizzante sia per chi la riceve sia per chi la offre; l’intera opera educativa può essere letta come aver cura dell’altro perché l’altro impari ad aver cura di sé. Cfr. Mortari, L. (2015), Filosofia della cura, Raffaello Cortina, Milano.