Un viaggio meraviglioso tra le naturali diversità dei bambini, pensando ad un processo valutativo che promuova l’umanità di ciascuno…
… a volte una bambina di sei anni impara a conoscere la sua cara maestra prima ancora che la maestra memorizzi il suo cognome… (scritto e firmato su un muro di Ascea Marina da Claudia Vitullia).
Lessico e sintassi – maestri o impiegati?
Con il suo ultimo messaggio Papa Francesco[1] ha chiesto agli insegnanti di dedicarsi di più a chi ha di meno: “è facile amare (ed aiutare) quelli volenterosi e ben educati”. La sfida educativa riguarda l’assunzione di uno stile maggiormente inclusivo che aiuti quelli – e sono sempre di più – che restano ai margini del processo formativo e di sviluppo.
Papa Bergoglio riprende così la tematica centrale del pensiero e dell’opera di don Lorenzo Milani[2].
Sembrerebbe giusto definire e qualificare meglio lo stile educativo del docente che, nonostante D.P.R., D.lgs., D.M., O.M., C.M.…, è impegnato ogni giorno con bambini e ragazzi ricchi di variegate personalità ed a cui è difficile, il più delle volte, applicare Indicazioni ad hoc come è avvenuto recentemente per le linee guida per la valutazione periodica e finale degli alunni delle classi della scuola primaria (OM 4 dicembre 2020, n. 172). Eppure per qualche fanatico della normativa sembrava impossibile raggiungere qualche risultato.
Forse il docente (che non è un impiegato) nasce e cresce su altre variabili e parametri professionali che non sempre coincidono con le ordinanze.
La storia di Cosimo…
Massimo Recalcati[3] ci racconta quanto sia stato importante l’incontro con Giulia, professoressa capace di creare empatia e di aiutare a rimuovere gli ostacoli (prevalentemente psicologici) per agevolare l’affermazione del sé prima ancora che la capacità di studio.
Meno noto il percorso di Cosimo, classe 1950, figlio di genitori poverissimi, famiglia numerosa e bravo in strada: aiuta il padre e la madre a vendere la frutta in un paesino della costiera amalfitana. Distratto ed un po’ interattivo a scuola incrocia severità, regole non comprese, antipatia preconcetta e qualche severità aggressiva e violenta. Quel bambino un giorno mi confida: “Vedi Guglielmo, noi siamo qui sulla spiaggia, sempre senza una lira in tasca…. da grande voglio comprare quell’albergo o almeno un ristorante che sia tutto mio”.
Il sogno di Cosimo sembra infrangersi di fronte a mille bocciature e lo perdo di vista: emigra. La vita me lo regala otto anni fa, semplice e di poche parole come sempre, imprenditore in Liguria per oltre trent’anni, si sposta in costiera e realizza in parte quel suo sogno. Mi invita e vedo un uomo che organizza, sceglie, ascolta, interpreta, riflette, rivede, decide e riparte, sa riconoscere capacità e competenze. “Guglielmo se avessi studiato di più oggi potrei leggere un libro di psicologia per organizzare meglio il lavoro, i miei sono tutti bravi ma è difficile farli andare sempre d’accordo tra di loro”.
È evidente che Cosimo ha imparato dalla vita. Esprime diffuse competenze trasversali, potrebbe essere un modello se lo confrontiamo con le migliori definizioni dei documenti ufficiali, da Lisbona 2000 ai Nuovi Scenari per il primo ciclo 2018. Ho riflettuto tanto e sono rimasto dell’idea che a scuola – un po’ di volte – ci perdiamo il “meglio”: l’umanità delle bambine e dei bambini.
Da Alessandra a Sara, da Valentina a Katia
Oggi non ci sono le condizioni economiche generali che hanno consentito, tanti decenni fa, a Cosimo lo sviluppo parallelo ma autonomo dal percorso scolastico. Mario Dutto[4] ha ben descritto quanto oggi l’ascensore sociale sia in crisi ed è quasi interdetto per le classi sociali meno abbienti. In forma più sempliciotta Massimo Troisi[5] dà una capacità perfino al nome di battesimo di un figlio, non suo, che vorrà crescere con una donna: viene meglio se si chiamerà Ugo o Ciro perché Massimiliano diventa scostumato.
Nell’apparente semplicismo si disvela perfino l’embrione di un carattere che – al femminile – potrà farci assistere a vicende molto diverse. Sara che ci aspettiamo più solida e matura, bambina che legge e approfondisce; Alessandra vivace e un po’ creativa, a volte troppo lunatica, sembra più somigliante alla zia che alla madre; Valentina, energica ed intraprendente, vorrebbe quasi essere un maschio che comanda, essenziale a scuola, molto presente nel contesto extrascolastico; Katia naturalmente predisposta per il disegno e la danza, socievole quanto basta, segue le lezioni e collabora quanto basta con le compagne, cura il proprio aspetto e tiene all’ordine.
Chi è arrivato a leggere fin qui può facilmente comprendere che – nell’apparente finzione – vengono sommariamente descritte personalità decisamente distinte e mai confrontabili.
E se tutte le quattro bambine avessero avuto 7 in italiano e 8 in matematica, dov’è la diversità a scuola? Aveva forse ragione il grande maestro Alberto Manzi[6] che, quarant’anni fa, si rifiutò di compilare documenti di valutazione che falcidiavano i bambini più poveri e scrisse su ogni modulo “Fa quel che può. Quel che non può non fa”.
I decreti non bastano
È noto che il buon vino deve stare al buio ed in una cantina asciutta che il buon contadino visita con attenzione, pur lasciando le ragnatele che non fermano il progredire del processo di fermentazione. Qualche dubbio sulle ragnatele c’è nei casi in cui – a volte – crescono davanti, sopra e perfino dietro le scrivanie. I documenti inviati con la migliore ordinanza o direttiva nulla possono se tutti dimentichiamo che la fermentazione delle personalità ha bisogno della luce dell’intelligenza, del calore della socialità, del sapore dell’individualità e delle onde delle mille iniziative collocate in contesti differenti.
Non è dal Ministero, né dai documenti, che scaturisce quel cambiamento o innovazione spesso poco voluta. La scuola si innova con le migliori esperienze didattiche e di gestione comunitaria e le persone, più che il buon decreto innovativo, avvicinano meglio l’Italia al contesto europeo a volte perfino frenato dalla lentezza e dalle ossessioni della burocrazia troppo centralizzata.
I paradossi della valutazione
Esemplifichiamo nel campo della valutazione degli allievi, anche alla luce della recente novità dell’abolizione del voto numerico nella scuola primaria.
Il paradosso è che anche il DPR 122/2009 (Regolamento)[7] aveva posto le basi per una modifica radicale della valutazione nella scuola valorizzando:
- il processo di apprendimento e non la singola performance;
- l’individuazione delle potenzialità e non l’ossessiva ricerca dell’errore in chi studia e vive;
- la creazione di processi di autovalutazione e miglioramento per gli alunni e non la difesa di uno status weberiano del docente;
- l’orientamento di tutti al successo formativo nella dimensione dell’apprendimento permanente e non l’idea che “tanto, poi, nella vita ognuno farà da sé”.
È vero che in Italia la normativa precede l’innovazione e la buona innovazione spinge ad una nuova normativa, ma questa strana dinamica oramai rallenta ogni serio processo di crescita professionale del singolo docente e del macrosistema scuola.
Le perplessità emerse sulle aspettative ed i primi risultati dell’OM 172 del 4 dicembre 2020 (e delle annesse linee guida) sulla nuova valutazione nella Scuola Primaria fanno solo sperare in una (certamente non velocissima) autoformazione e crescita dei docenti nel passaggio dal voto numerico al giudizio descrittivo che, a parere dei più, non può essere imbrigliato in una griglia o tabella word/excel.
Linee provvisorie per una “valutazione umana”
Come si fa a valutare centinaia di migliaia di bambini con uno stesso metodo generale? e chi sono i bambini oggi nella scuola primaria?
La famiglia è un nucleo sociale fondamentale per la costituzione della Società. A questa prima ovvietà aggiungo la seconda: i pilastri sono importanti per costruire l’edificio. Eppure la coppia da cui si genera la famiglia è composta da un uomo ed una donna che si innamorano alla follia e grazie a questa follia si sposano.
Chi scommetterebbe più sulla durata di un matrimonio? Chi può negare che il matrimonio durevole, così come una coppia solida per decenni, sia il frutto di un lavoro personale e reciproco tra le persone? E se consideriamo i figli: come si scelgono, quale IKEA vende il figlio perfetto e quale app consente a ogni figlio/a di modificare in meglio i propri genitori?
La verità è che la straordinaria grandiosità e complessità delle Umanità di tutti e di ciascuno non si possono sistemare né in una scala da uno a dieci né in 4 righe di un file di word su livelli più o meno correttamente enunciati.
Ogni bambina/bambino è portatore di una storia unica particolare e speciale.
Al di là del sistema valutativo dovremmo domandarci come un bambino o bambina (Katia, Ugo, Massimiliano, Alessandra) potrà mai esprimersi al meglio? Come può essere aiutato, come lo motiviamo, come impara?
Siamo noi adulti che dobbiamo capire il valore del nostro silenzio attivo ed imparare ad osservare molto attentamente. Dobbiamo imparare ad ascoltare per riuscire davvero a percepire l’anima piena di umanità, vivacità e potenzialità che già esiste nei bambini e nelle bambine.
Ben oltre il numero, l’ho scritto subito a giugno 2020[8], salverei dalle linee guida connesse con l’OM 172, lo stralcio che sottolinea che la “descrizione deve essere analitica, affidabile rispetto al livello raggiunto in ciascuna delle dimensioni (di sviluppo: motoria, emotiva, affettiva, cognitiva, estetica, musicale, sociale, linguistica, logica…) relative agli apprendimenti”.
Dalla paura dell’epidemia all’anno 2053
Passerà questo tempo, passerà …
Difficile ed un po’ ironico descrivere le dimensioni di apprendimento con bambini privati di tante dimensioni di vita e di sviluppo, forse era meglio lavorare sulle coordinate pedagogiche per avviare un dibattito nelle scuole aprendo finalmente la strada ad una intensa formazione psicologica di tutta la classe docente e creare le condizioni per generare un vaccino di maggiore considerazione del valore della persona….
Nel 2053 io farò di tutto per esserci e spegnere, magari a piccoli tratti, le cento candeline sognando di andare verso un’estate in cui mi auguro di poter vedere i bambini, oggi ancora non nati, essere sé stessi ed essere accettati davvero.
Spero di incontrare ancora – oltre l’epidemia – i bambini e le bambine di oggi diventati maestri che ricordino il sacrificio della chiusura sociale e la remissione formativa spostata in DAD.
Spero davvero che – sempre di più – docenti e genitori comprendano che la scuola è il luogo più divertente dove lavorare e crescere ed imparare stando in mezzo ai bambini.
Questo luogo va predisposto con sapienza costruendo quel contratto formativo[9] che, lungi dall’essere un’altra carta da scrivere, è la coprogettazione tra team dei docenti e bambini (…genitori). Si tratta di colloquiare, di anno in anno, e di pensare alla qualità del contesto, del suo aspetto motivante e delle sue mille colorate tappe per imparare ad imparare, vivere bene, crescere e diventare quelli che si è già in piccolo e magari valorizzando meglio l’Ugo, il Valentino, la Sara, la Lucia, e perfino il Massimiliano che è in ognuno di noi.
[1] il Papa ha chiesto agli insegnanti di “amare di più gli studenti ‘difficili’, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili e gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola. E ce ne sono di quelli che fanno perdere la pazienza”. “Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti – è il monito di Papa Francesco – se oggi un’Associazione professionale di insegnanti cristiani vuole testimoniare la propria ispirazione, è chiamata ad impegnarsi nelle periferie della scuola, che non possono essere abbandonate all’emarginazione, all’ignoranza, alla malavita”.
[2] “Non c’è maggiore ingiustizia che valutare tutti con lo stesso metro”, Don Lorenzo Milani.
[3] Recalcati M. (2014), L’ora di lezione, Einaudi, Torino.
[4] Dutto M., L’ascensore sociale non parte ancora, in Scuola7, numero 226.
[5] Troisi M., Ricomincio da tre, 1994- film ultima scena.
[6] Il Maestro Alberto Manzi, efficacissimo in Tv in epoca quasi paleolitica, viene apprezzato in Italia ed all’estero come pensatore, persona colta e grande pedagogista. il Maestro Manzi fu destinatario di una “carta, una censura e poi una sospensione con taglio stipendiale di alcune settimane perché si rifiutò di compilare un modello di valutazione da lui ritenuto ancora largamente discriminatorio a livello sociale.
[7] DPR 122 del 22 giugno 2009: “La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico complessivo degli alunni. La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo, anche in coerenza con l’obiettivo dell’apprendimento permanente di cui alla «Strategia di Lisbona nel settore dell’istruzione e della formazione», adottata dal Consiglio europeo con raccomandazione del 23 e 24 marzo 2000”.
[8] Rispoli G. (giugno 2020), Bambini senza voto, ricominciamo dai punti di forza, Vita Scolastica, Giunti, Firenze.
[9] Il contratto formativo tra scuola e utenza e, più in particolare, tra docenti ed alunni, è stabilito dal D.P.C.M. (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) 7 giugno.1995 e ci sono esperienze d’avanguardia da osservare e capire.