I giudizi nella primaria

Ma sono davvero meglio dei voti?

Rappresentare e comunicare i risultati scolastici alle famiglie è un problema antico. Le scuole ci provano da quando esistono. Sappiamo che una recente ordinanza ministeriale (4 dicembre 2020, n. 172) ha fornito ai docenti indicazioni su come formulare il giudizio descrittivo, ripristinato, per la scuola primaria, a norma di legge[1]. Gli insegnanti si sono trovati, però, nelle condizioni di cambiare repentinamente le modalità valutative. Da una ricognizione, seppure parziale, sui comportamenti delle scuole si evince che la ridondanza e la genericità di alcuni giudizi descrittivi fanno quasi rimpiangere il semplicismo e la categoricità dei voti. Siamo però convinti che le risposte attualmente insoddisfacenti rispetto alle indicazioni delle Linee Guida saranno superate grazie all’impegno dei docenti e ai percorsi di ricerca che le scuole avvieranno per individuare “modalità via via sempre più coerenti con la valutazione di tipo descrittivo”.

Una rappresentazione tabellare insoddisfacente

La forma della rappresentazione tabellare suggerita dalle Linee Guida per i giudizi disciplinari è stata adottata nella maggior parte delle scuole, anche perché è apparsa, prima facie, agevole da usare. Tuttavia da un certo numero di docenti è stata pure interpretata come un elenco di generici obiettivi a ciascuno dei quali far corrispondere uno dei livelli previsti già dal modello per la certificazione delle competenze (avanzato, intermedio, base, prima acquisizione). A ciò si sono aggiunti brevi giudizi descrittivi riferiti all’insieme degli obiettivi o a ciascuno di essi: soluzioni queste assai provvisorie che non corrispondono, però, all’obiettivo di formulare una“descrizione autenticamente analitica, affidabile e valida del livello raggiunto in ciascuna delle dimensioni che caratterizzano gli apprendimenti” (Linee Guida O.M. 172/2020).

Per comprendere i problemi incontrati nella nuova valutazione, è utile agli insegnanti e alle scuole porsi domande sulle proprie modalità di progettazione, sulle proprie prassi didattiche, sulla propria interpretazione delle competenze. La nuova valutazione, infatti, sia nell’uso dei livelli, sia nella scelta delle dimensioni da descrivere (autonomia, situazioni in cui si registra l’apprendimento, uso delle risorse, continuità di performance), è stata pensata dal legislatore come valutazione di competenze.

Quali sono le informazioni veramente utili?

Nei giudizi descrittivi, che i docenti hanno approntato frettolosamente in ottemperanza alle Linee guida, né gli obiettivi né i livelli hanno fornito (spesso) informazioni utili a descrivere il processo dell’allievo: gli obiettivi selezionati, tratti dai traguardi di sviluppo o dagli obiettivi specifici di apprendimento, sono rimasti generalmente privi di contestualizzazione e di dettaglio, quindi generici e poco significativi. Le cose non sono andate molto meglio quando la rappresentazione tabellare ha previsto, accanto ai livelli, un giudizio descrittivo riferito al singolo obiettivo (Tabella A) o all’insieme degli obiettivi (Tabella B): generici gli obiettivi, generica anche la descrizione.

Tabella A – Un livello intermedio

Tabella A

Tabella B – Un livello avanzato

Tabella B

Erano meglio i voti?

Non è che sia mancata la chiarezza su chi fosse l’alunno bravo e quello meno bravo, ma le tabelle in realtà non hanno fornito molte più informazioni di quante ne lasciasse inferire il voto: a chi, infatti, poteva essere attribuito un 10, se non ad un allievo capace di comprendere testi in ascolto e in lettura, di intervenire in discussioni con proprietà di linguaggio, di scrivere in maniera corretta, e così via?

Alla mancanza di significatività degli obiettivi si è aggiunta la cripticità della descrizione nazionale dei livelli. Al genitore che abbia voluto capire qualcosa di più sui processi del proprio figlio e quindi abbia domandato all’insegnante “che significa livello Intermedio? che significa livello Base”?” l’insegnante, coerentemente con il dettato nazionale, avrà risposto:

che intermedio significa “L’alunno porta a termine compiti in situazioni note in modo autonomo e continuo; risolve compiti in situazioni non note utilizzando le risorse fornite dal docente o reperite altrove, anche se in modo discontinuo e non del tutto autonomo”;

che livello base significa “L’alunno porta a termine compiti solo in situazioni note e utilizzando le risorse fornite dal docente, sia in modo autonomo ma discontinuo, sia in modo non autonomo, ma con continuità”.

Cosa avrà compreso in più il genitore rispetto al voto in decimi? Forse è da giustificare che qualcuno possa continuare a preferirei sistemiusuali.

Le prime forme di giudizio descrittivo sono rimaste dunque molto lontane dalle intenzioni di una norma che chiedeva di “sostituire il voto con una descrizione autenticamente analitica, affidabile e valida del livello raggiunto in ciascuna delle dimensioni che caratterizzano gli apprendimenti” (Linee Guida O.M. 172/2020).

Il nesso stretto tra traguardi ed obiettivi

Le Linee Guida dedicano un apposito paragrafo al rapporto tra obiettivi di apprendimento e giudizi descrittivi e raccomandano formulazioni specifiche, dettagliate, osservabili. Ma nella specificità raccomandata spesso non c’è riferimento ad esempi di obiettivi selezionati dalle scuole.

Ma è proprio nella formulazione degli obiettivi che si nasconde il nodo problematico della progettazione e della valutazione.

Proviamo a rileggere, nelle Indicazioni nazionali, alcune affermazioni che certamente abbiamo letto più volte, ma che forse è utile ri-significare.

Tabella C – Traguardi ed obiettivi nelle Indicazioni nazionali

Tabella C

Tra i traguardi e gli obiettivi specifici esiste dunque un rapporto strettissimo, la cui corretta interpretazione è condizione essenziale dell’atteso sviluppo di competenze: i traguardi, se privi della loro funzione di guida (piste culturali e didattiche) e non sostenuti da una funzionale declinazione in obiettivi specifici, resteranno solo generiche enunciazioni d’intenti; gli obiettivi specifici, a loro volta, se percorrono piste prive di una meta e di una finalizzazione unitaria e complessa quale sono i traguardi, produrranno esiti molecolari e scarsamente significativi nelle personali esperienze di realtà.

Gli obiettivi tra progettazione e valutazione

Nelle Indicazioni nazionali il rapporto fra traguardi e obiettivi specifici è linguisticamente rintracciabile nella corrispondenza tra enunciati ad alto livello di generalità ed inclusività (traguardi) ed enunciati ad alto livello di specificità e strumentalità (obiettivi specifici). Le azioni richieste allo studente, i contenuti delle azioni, le modalità di manifestazione delle azioni, le situazioni in cui promuovere le azioni, sono indicati ad alto livello di generalità nei traguardi di competenza e ad alto livello di specificità negli obiettivi specifici di apprendimento.

È l’interpretazione intenzionale e consapevole di tale rapporto che consente, all’insegnante competente nella propria disciplina, una progettazione didattica ricca e dettagliata sul piano degli obiettivi, ma dichiaratamente mirata allo sviluppo di ambiti di competenza unitari, osservabili nelle prestazioni dell’allievo in situazioni di gioco, di studio, di realtà.

È l’interpretazione intenzionale e consapevole di tale rapporto che consente, altresì, all’insegnante che abbia ben progettato, di verificare analiticamente i risultati ottenuti e di costruire descrizioni autenticamente analitiche, affidabili e valide dei livelli raggiunti da ciascun allievonelle diverse dimensioni dell’apprendimento. La tabella che segue può risultare utile alla ricerca di modalità (di progettazione e di valutazione) via via più coerenti, perché aiuta ad analizzare i traguardi e ad individuarne aspetti ineludibili e aspetti affidati alla autonoma progettazione/valutazione degli Istituti.

Tab. D – La scrittura/analisi

Tabella D

Brevi riflessioni conclusive

Forse è utile ricordare che l’efficacia descrittiva ha come condizione non solo una buona pratica progettuale, ma anche una coerente pratica didattica ed una rigorosa pratica dell’accertamento, che si serva di strumenti e forme di verifica funzionali ai diversi tipi di apprendimento.

Forse è anche opportuno riflettere sul fatto che la scuola può imbattersi in indicazioni che non “indicano” abbastanza e in linee guida che non “guidano” sufficientemente. Ciò costituisce un problema solo quando l’Istituto compie scelte prive di spirito critico e senza consapevolezza della propria autonomia.

Nel nostro caso occorre aver chiaro che la valutazione e le sue forme sono responsabilità del Collegio dei docenti e che rispettare il dettato della norma non significa applicarla in maniera rigida e utilizzarne meccanicamente i termini, ma comprenderne lo spirito, servirsene come guida, elaborarne interpretazioni efficaci.

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[1] Legge 6 giugno 2020, n. 41, modificata poi dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, articolo 32, comma 6 sexies.