“Recuperare” è il verbo più usato quando si parla di scuola in questo periodo di pandemia. L’idea che i ragazzi dovessero “recuperare le carenze” ha fatto sì che il nuovo anno scolastico 2020/2021 sia cominciato il 1° settembre con lo svolgimento delle “attività di integrazione e recupero degli apprendimenti” previste dall’ordinanza ministeriale n. 11 del maggio 2020. Ci riferiamo ad alcune ore in circa dieci giorni, durante i quali ogni scuola si è organizzata autonomamente per svolgere attività nei confronti di chi aveva avuto insufficienze allo scrutinio finale. Non sappiamo come gli insegnanti abbiano svolto le attività in quei giorni, né conosciamo l’efficacia del lavoro svolto. Cosa che, invece, sarebbe stata molto utile sapere.
Un verbo abusato
Recentemente, poi, complice anche il cambio del governo, l’opinione prevalente sui media è che si debba “recuperare il tempo perduto”.
Ecco un breve testo tratto da Repubblica: “L’idea ‘fino al 30 giugno’, la scuola prolungata per recuperare sapere e metodo, piace molto ai genitori italiani […] I genitori sono d’accordo, il resto del mondo scolastico contrario (docenti e studenti) o scettico (i presidi)”[1].
Ecco dunque i giornalisti improvvisarsi pedagogisti e sentenziare che il prolungamento di circa quindici giorni di scuola serva per recuperare sapere e metodo: parole altisonanti di fronte alle quali i genitori non possono che essere d’accordo. A sostegno di ciò viene riportata infatti, nello stesso articolo, la voce di una mamma che scrive a “Dietro la lavagna”, newsletter di Repubblica: “Magari i miei figli andassero a scuola fino al 30 giugno, penso non ci sia un padre o una madre che non accetterebbe di buon grado per cercare di colmare lacune, anche psicologiche, che questo periodo ha portato”.
C’è molta superficialità, e aggiungerei incompetenza, nel trattare il problema della scuola sui quotidiani. E questo ci fa pensare ancora una volta che, nel preparare i futuri cittadini di domani, dobbiamo fare in modo che i ragazzi possano sviluppare soprattutto la capacità di pensare, di riflettere in modo critico, di coltivare l’arte del dubbio, di usare la “propria testa” per valutare le informazioni che leggono e ascoltano.
Per favore, non dite che abbiamo perso tempo
Sempre sui media si legge che i docenti sono contrari alla chiusura della scuola il 30 giugno. In realtà non ne fanno una rivendicazione sindacale legata ad avere più soldi o a fare meno lavoro. Vogliono soltanto affermare di aver lavorato duramente durante l’anno, in presenza e a distanza, in una scuola “a singhiozzo” tra aperture e chiusure che ha messo a dura prova non soltanto la propria salute fisica (molti si sono ammalati) ma anche il proprio equilibrio psicologico.
Roberto Galiano, ad esempio, insegnante e scrittore, ci tiene a sottolineare che gli insegnanti non hanno perso tempo: “Abbiamo perso studenti, perché quando abbiamo dovuto chiudere tutto e rifugiarci nelle piattaforme online per proseguire le lezioni, abbiamo scoperto improvvisamente che almeno uno studente su dieci non aveva i mezzi per farlo. Abbiamo perso diottrie, stando intere dozzine di ore davanti allo schermo di un PC cercando a volte di interpretare geroglifici scritti a mano e mandati con foto via mail. Abbiamo perso ore da trascorrere con le nostre famiglie perché, come tutti, il passaggio al lavoro da remoto all’inizio si è tradotto in un aumento esponenziale del lavoro (e anche adesso è così). Abbiamo perso fiducia nei mezzi che abbiamo. Poi l’abbiamo riacquisita. Poi ripersa. E così via, su e giù, più o meno ogni giorno da un annetto a questa parte. Abbiamo perso la voce, a forza di alzarla per ripetere “mi sentite?”, “ci siete?”, “spengo e riaccendo e torno subito!”
Ma tempo, no, non lo abbiamo “perso”[2].
Recuperare: che cosa vuol dire?
Se cerchiamo sul dizionario il verbo recuperare troviamo numerose accezioni di significato, ad esempio: riottenere, tornare in possesso di una cosa (o, in senso figurato, riacquistare una condizione) che era già propria o si era perduta: si recuperano oggetti che erano stati rubati, si recupera il denaro dato in prestito, ma anche le forze, la salute, la vista, la libertà…
Nel linguaggio sportivo, poi, si parla del recupero di una partita (di calcio, ecc.), che viene giocata fuori calendario perché non è stata fatta nel giorno stabilito.
Ci sono anche alcune espressioni in cui il significato è quello di riguadagnare, riacquistare, rimontare, come ad esempio recuperare il tempo perduto, uno svantaggio, il ritardo, quando ci si riferisce al recupero di un treno in ritardo, di un corridore che ha ridotto lo svantaggio recuperando il distacco dagli avversari, di una squadra sportiva che fa risalire i punti in classifica[3].
Dire che i ragazzi devono recuperare il tempo perduto dà molto fastidio perché non sono gli allievi ad aver accumulato ritardi o ad aver perduto minuti preziosi correndo più lentamente: non sono treni né sportivi. Occorre cambiare punto di vista nell’osservare la situazione attuale: è stata la scuola che, per vari motivi, nella situazione pandemica non è stata in grado di offrire agli studenti le opportunità necessarie, non è riuscita a garantire il diritto all’apprendimento che rappresenta invece un obiettivo fondamentale dell’istituzione.
Parola d’ordine: differenziare in campo pedagogico-didattico
il concetto di “recupero” legato agli apprendimenti degli allievi esiste nella scuola italiana con una tradizione radicata e un significato ben definito, ed è un concetto ben più complesso rispetto a quanto oggi tutti ritengono di dover suggerire.
Per parlare di recupero dobbiamo guardare al processo d’insegnamento-apprendimento, nel corso del quale può capitare a tutti gli studenti, nessuno escluso, che alcuni “compiti” si rivelino, per vari motivi, degli “scogli” cognitivi. Di fronte alle difficoltà incontrate dai ragazzi l’insegnante progetta e realizza, pertanto, interventi didattici maggiormente calibrati sui loro bisogni (e che generalmente rientrano sotto il nome di “recupero”). Si tratta dunque di differenziare l’intervento didattico nel corso del suo svolgimento, in base alle necessità che di volta in volta si manifestano. Ciò non vuol dire ripetere più volte le stesse cose ma, invece, apportare delle modifiche sul piano qualitativo, mantenendo fermi gli obiettivi finali da far raggiungere a tutti. È dunque, soprattutto, questione di tecniche e strategie, di materiali e attività.
Tempestività e specificità
Gli esperti hanno sempre sostenuto che questa pratica deve avere, per essere efficace, due caratteristiche peculiari: la tempestività e la specificità. Il pedagogista Vertecchi[4], ad esempio, scrive che il recupero va attuato “in un tempo quanto più possibile prossimo all’insorgere di difficoltà nell’allievo. Infatti carenze di apprendimento in origine modeste diventano progressivamente più gravi se trascurate: molta parte dell’insuccesso scolastico si deve proprio alla scarsa attenzione che viene posta nell’assicurare che ciascun allievo sia in ogni momento capace di seguire la procedura di istruzione nella quale è coinvolto. Poiché l’apprendimento scolastico ha carattere sequenziale, il mancato raggiungimento di un determinato livello di abilità relativo a conoscenze che abbiano valore propedeutico rispetto ad altre è causa di successivi ritardi e di più ampie difficoltà”.
Ma, oltre ad evitare il cosiddetto “deficit cumulativo”, c’è un’altra condizione a cui prestare attenzione: il recupero non deve essere generico ma centrato su quegli aspetti che rappresentano una difficoltà effettiva per chi apprende. “È improbabile che un allievo incontri difficoltà nella stessa misura in tutti i compiti di apprendimento che gli vengono proposti. È più frequente che le difficoltà si accentrino su alcuni punti, che tuttavia sono in grado di condizionare negativamente il complesso del risultato”[5].
Il recupero di cui almeno dagli anni ’70 si parla e che viene attuato nelle scuole, funziona in modo molto diverso dall’aggiunta finale di dieci giorni di lezione. Inoltre prevede lavori di gruppo, grandi e piccoli, e la presenza (almeno auspicabile) di più insegnanti.
Tempeste d’estate
Immaginiamo che nelle diverse Regioni passi l’idea della fine delle lezioni al 30 giugno e si facciano da 10 a 15 giorni in più rispetto a quelli stabiliti. Soprassediamo sulla stanchezza e demotivazione di tutti in quel periodo e anche sul caldo che si avverte nelle aule sin dalla fine di maggio, da Palermo a Milano, al punto che in molte scuole dell’infanzia, aperte sino alla fine di giugno, si soffre moltissimo se non ci sono i condizionatori. Riflettiamo invece su un punto: chi pensa che allungare i giorni di scuola porti automaticamente a “colmare le carenze” degli allievi sbaglia di grosso perché è un automatismo che non funziona. Lo abbiamo accennato sopra: i percorsi formativi differenziati comportano un mutamento qualitativo della didattica e vanno “intrecciati” alla normale attività di insegnamento in classe in quanto costituiscono parte integrante del normale processo didattico.
Se il recupero non è svolto appena le difficoltà si manifestano rischia di essere inefficace; per fare un gioco di parole potremmo dire se non è tempestivo, il recupero può essere tempestoso.
Quindi allungare i giorni serve soltanto ad “aggiungere” qualcosa (nuovi argomenti/contenuti di studio?) ma non illudiamoci che si faccia il miracolo di colmare eventuali “carenze di chi è indietro”.
Aiutiamo il Ministro dell’istruzione
Riteniamo che sia indispensabile, invece, occuparci da subito del nuovo anno e fare un piano articolato.
Nel Recovery school plan devono trovare posto almeno due cose che ci stanno a cuore e che ancor prima della situazione pandemica rappresentavano due elementi di estrema importanza:
- la riduzione degli alunni per classe e la presenza di un maggior numero di docenti;
- una formazione a tappeto per tutti i docenti sugli aspetti didattici dell’insegnamento, sulla didattica sia in presenza sia a distanza.
Da troppo tempo questi aspetti vengono trascurati a favore di ciò che di volta in volta va di moda, soprattutto se porta etichette in inglese. Lavorare sulla didattica aiuterà gli insegnanti a risolvere molte situazioni problematiche e ad allontanare quell’ansia da prestazione che, in molti casi, nei mesi scorsi ha prodotto carichi di lavoro eccessivi soprattutto per i ragazzi di scuola secondaria, per non “restare indietro con il programma”. Alla stessa maniera, gli insegnanti della scuola primaria potranno verificare, ad esempio, che i video sono molto utili per i ragazzi nelle varie discipline, ma non devono essere di due ore. Sono efficaci solo se sono brevi e se gli allievi hanno degli strumenti ad hoc predisposti (schede o altro) per sapere in anticipo a cosa stare attenti e cosa rilevare.
Al nuovo Ministro possiamo dire che non si tratta di lavorare ex novo sulla formazione e, soprattutto, che lui non è solo. Può infatti chiedere aiuto al mondo dell’associazionismo, che in passato ha collaborato con il Ministero con ottimi risultati, producendo materiali, per e con i docenti, di estrema efficacia.
Recuperare le relazioni
E, se proprio vogliamo parlare di recupero, utilizziamo la variante ricupero nell’accezione semantica che, ci dice la Crusca[6], veniva usata alla fine dell’800 nel “vernacolo montalese (contado) del sotto-dialetto di Pistoia”: “piante fitte che le si ricuperano ‘ntra di loro”
Per i toscani ricuperare voleva dire “ritrovarsi”, intrecciarsi come tanti “tralci” (e non intralci).
È quello che auspichiamo per il prossimo anno scolastico: i ragazzi dovranno ritrovarsi per riannodare quelle relazioni così importanti per la loro vita e che, purtroppo, sono state sacrificate in questo brutto periodo.
Le relazioni significative con gli insegnanti e i coetanei che avvengono in classe non contribuiscono soltanto alla costruzione di significati attraverso le mediazioni simboliche fornite dal linguaggio e dalla vita culturale. Sono infatti fondamentali per lo sviluppo di abilità emozionali, affettive, sociali e di atteggiamenti improntati a reciprocità, collaborazione e corresponsabilità. La classe in tal senso rappresenta un laboratorio di vita democratica che prepara i ragazzi alla comunità più vasta in cui domani dovranno esercitare la cittadinanza attiva.
[1] Corrado Zunino, Claudia Brunetto, l no dei docenti alla scuola a giugno. Maturità, tesina decisa entro aprile, La Repubblica,19 febbraio 2021.
[2] https://www.illibraio.it/news/storie/galiano-insegnanti-dad-1396544/
[3] https://dizionario.internazionale.it/parola/recuperare https://www.treccani.it/vocabolario/recuperare/
[4] B. Vertecchi, Le parole della scuola, La Nuova Italia, Firenze, 2002.
[5] Ibidem.
[6] https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/il-recupero-del-verbo-ricuperare/1557