Interventi per l’emergenza
Il Decreto del Ministro dell’Istruzione n. 95 del 10.8.2020 dispone in ordine alla ripartizione delle risorse economiche fra i vari Uffici scolastici regionali del Paese, da destinare agli interventi finalizzati alla ripresa dell’attività didattica in presenza per l’anno scolastico 2020/21, nel rispetto delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In via preliminare, appare opportuno rappresentare che l’Amministrazione scolastica con il decreto n. 95 intende porre in essere interventi per le finalità espresse all’art. 231 bis, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge 19.5.2020 convertito con modificazioni dalla legge 17.7.2020, n. 77, nonché dall’articolo 1 dell’Ordinanza n. 83 del 5.8.2020 emanata dal Ministro dell’Istruzione di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Con il decreto 95, quindi, si distribuiscono, fra i vari Uffici scolastici regionali, le risorse economiche finalizzate, esclusivamente, da una parte ad una rivisitazione, laddove necessario, degli organici in termini di autorizzazione al funzionamento di altre classi mediante sdoppiamenti di quelle già autorizzate e, dall’altra, all’assunzione di altro personale docente derivante dagli eventuali sdoppiamenti e di altro personale ATA, in ragione, con ogni evidenza, delle esigenze derivanti dall’emergenza epidemiologica.
La precarietà dei posti assegnati
La legge 77/2020 dispone che i posti istituiti a seguito dell’emergenza siano coperti da personale precario mediante contratti, la cui durata non vada oltre il termine delle lezioni, e che prevedano l’annullamento del contratto, senza indennizzo, nell’ipotesi che si debba ricorrere alla didattica a distanza. A parte le ovvie considerazioni, e non solo etiche, in relazione alla circostanza che vede lo Stato disporre per la sottoscrizione di contratti di lavoro con l’ipotesi di una risoluzione anticipata, laddove dovessero venire a mancare le esigenze che hanno determinato il ricorso all’assunzione di tale personale, chi scrive si chiede se è mai possibile immaginare di avviare un’attività didattica con un gruppo determinato di alunni (la classe), con tutte le incidenze, le prerogative, le programmazioni ecc., e dopo qualche tempo, in presenza di situazioni tali da dover ricorrere alla didattica a distanza (oppure normalizzazione ?), ricomporre le classi come erano state preventivate (e mai costituite) prima degli interventi di sdoppiamento.
La Scuola non istruisce pratiche che possono essere rinviate o svolte in prosieguo da altri, comunque diversi da coloro che hanno avviato le pratiche. Ogni volta che avviene, per ragioni ineludibili, un cambio anche di un solo docente, si spezza un equilibrio, un legame, una programmazione, e il recupero è faticoso e non è sempre scontato, figuriamoci se si dovesse trattare di un intero gruppo docenti afferente alla classe prima sdoppiata e poi ricomposta.
Le procedure per l’assegnazione dei posti
Il Decreto 95 dispone che gli uffici scolastici regionali, e per loro, gli uffici scolastici di ambito territoriale, dovranno valutare le richieste che dovrebbero essere pervenute dai dirigenti scolastici, in ordine alle esigenze rappresentate per avviare l’anno scolastico, in relazione al funzionamento delle classi in presenza, sia in termini della quantità di classi che di posti di insegnamento ulteriori e di unità di personale ATA occorrenti.
L’Ordinanza del Ministro dell’Istruzione n. 83 del 5.8.2020 ha stabilito che le risorse economiche devono essere destinate prioritariamente a soddisfare le esigenze provenienti dalla scuola dell’infanzia e dalla scuola primaria e poi dalla scuola secondaria. Pertanto gli Uffici periferici dell’Amministrazione, sulla base delle risorse destinate alla specifica Regione, hanno il compito di valutare le richieste, stabilirne l’assoluta necessità, disporre per gli sdoppiamenti, fissare la quantità di posti occorrenti sia per il personale docente che per il personale ATA e ricondurre la spesa (calcolata per ciascuna qualifica e profilo) nel limite dello stanziamento destinato.
L’impiego delle risorse
Una riflessione va destinata al contenuto della Tabella A allegata al Decreto Interministeriale n. 95 del 10 agosto 2020, redatta nel rispetto, come prima detto, della legge di conversione n. 77 del 17 luglio 2020.
La disponibilità economica destinata è pari euro 977.600.000, di cui euro 97.760.000 sono da destinare alle esigenze derivanti dalle supplenze brevi e la restante parte, pari a euro 879.840.000, è da destinare alla revisione degli organici e conseguentemente alla sottoscrizione di incarichi di supplenza per i nuovi posti per il personale docente ed ATA, la cui durata è fissata dall’inizio delle lezioni o dalla presa di servizio e fino a non oltre il termine delle lezioni, cioè circa 9 mesi, se non intervengono fatti che producono l’interruzione della supplenza.
I criteri di assegnazione dei fondi alle regioni
La distribuzione delle risorse economiche, come stabilita dal Decreto 95, è la risultante di due parametri. La cifra complessiva di euro 879.840.000 è stata divisa in due parti uguali, ciascuna di euro 439.920.000; una parte è stata distribuita a ciascun Ufficio scolastico regionale in misura proporzionata al numero degli alunni, di cui si preveda la frequenza per il prossimo anno scolastico. Senza dubbio la distribuzione delle risorse in proporzione alla quantità degli alunni risponde a criteri obiettivi, dove l’aritmetica non può fallire e, quindi, è assolutamente trasparente, e tuttavia, destinare una fetta tanto grande sulla base del numero degli alunni, a prescindere da ogni altra considerazione, avrebbe il consenso di tutti se le condizioni dell’edilizia scolastica e delle infrastrutture ed attrezzature fosse mediamente simile in ogni regione, ma questo notoriamente non risponde alla realtà. Quindi distribuire una così grande parte delle risorse, senza entrare puntualmente sulle circostanze e situazioni esistenti, certamente elimina il pericolo di eventuali critiche per scelte di “simpatia”, ma in tale atteggiamento non c’è chi non veda il desiderio di evitare contestazioni; ma l’obiettivo non è raggiunto, visto che le contestazioni, sia pure diversamente orientate, pure esistono. L’altra metà dei finanziamenti, sempre pari a euro 439.920.000 è stata distribuita in percentuale prendendo ad esame le richieste provenienti dagli Uffici scolastici regionali, a seguito della massa di richieste provenienti dalle scuole, in ragione delle esigenze ulteriori legate al rispetto delle indicazioni fornite per far fronte all’emergenza, sempre sperando che le esigenze di competenza degli Enti Locali vengano soddisfatte.
Simulazione in una regione: la Campania
Volendo entrare nel merito dello stanziamento come derivante dalla massa di richieste, è il caso di esaminare, congiuntamente al contenuto della Tabella A, anche quello della Tabella B, anch’essa allegata al Decreto n. 95.
Per poter esprimere alcune considerazioni, che possano essere utili per comprendere la ratio della distribuzione, ma soprattutto per avere conoscenza circa la capacità dello stanziamento di offrire soluzioni concrete al problema, è necessario prendere ad esempio una regione, conoscendone, oltre allo stanziamento complessivo, anche la quantità di scuole, le cui richieste dovrebbero trovare soddisfazione.
La regione che ha ottenuto il maggiore stanziamento per la quota parte legata alle necessità sopravvenienti, risulta essere la Campania, per la quale tale quota è stata pari al 19,3%, e, inoltre, unendo le cifre derivanti dalle due diverse percentuali, la regione risulta destinataria della cifra di euro 134.201.356,73 da utilizzare sia per i mesi da settembre a dicembre dell’anno 2020, sia per i mesi da gennaio a giugno 2021.
Pur non entrando nel merito delle richieste formulate da ciascuna scuola, atteso che chi scrive non può conoscerle, si può affermare che in media, distribuendo l’intera cifra per tutto il periodo (settembre 2020 – giugno 2021) per le 986 scuole statali funzionanti in questa regione, è possibile stabilire la quota media spendibile per ciascuna scuola per l’intero periodo e, inoltre, calcolando la spesa media per un posto di lavoro full-time, si può affermare che per ogni scuola è possibile, sempre in media, destinare poco più di 6 posti di lavoro; ovviamente il costo medio del posto docente per la scuola dell’infanzia e primaria è più basso di quello per la scuola secondaria ed altrettanto avviene in termini di paragone fra il posto dell’ATA e quello di docente.
Gli “effetti” attesi in ogni scuola
Continuando in tale ragionamento e sempre rimanendo nell’esempio della regione Campania, si può affermare che in media per ciascuna istituzione scolastica e per la durata dell’intero periodo in esame, ogni scuola della regione può contare in non più di due classi sdoppiate e in poco più di due posti di lavoro per l’ATA.
Dai calcoli così raccontati può risultare che per le scuole di piccole e, in parte, di medie dimensioni, gli interventi potrebbero forse essere sufficienti, ma non altrettanto avviene per le scuole di maggiori dimensioni e soprattutto per quelle della scuola secondaria, per la quale la spesa media del posto di lavoro per docente è decisamente più alta.
Augurandosi che la scuola possa per davvero iniziare il 14 settembre, la qualcosa significherebbe che il pericolo COVID-19 è sotto controllo, si ritiene di poter affermare che nelle regioni dove non si può vantare un’eccellente edilizia scolastica, pensata e realizzata nel rispetto delle precedenti e soprattutto recenti norme sulla sicurezza, si dovrà ricorrere, anche per le scuole del primo ciclo, alla didattica a distanza integrata e ciò nonostante gli interventi previsti dal Decreto 95/2020.