Si iniziano a tirare le somme dopo i primi due anni di vigenza del PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale), e si scopre che molto è stato fatto in materia di infrastrutturazione digitale, di formazione del personale, di innovazioni metodologiche e didattiche, ma anche che, in un quadro di comparazione europea, i dati sul digital divide dell’Italia sono ancora pesanti: appena al 25° posto sui 28 paesi europei in base al DESI (Digital Economy and Society Index) (cfr. Prontera, 57). Il PNSD dovrà colmare i divari intervenendo dove è più necessario; consolidare gli investimenti più importanti, come quello sulla formazione dei docenti; investire sulla comunità del PNSD e sugli innovatori che trainano tutta la comunità scolastica; creare un ecosistema di innovazione attorno alla scuola, per avvicinare definitivamente scuola e mondo dell’innovazione. La legge 440/1997 (DM 851/2017) mette a disposizione delle scuole medie un fondo “di pronto soccorso digitale”, mentre il Piano triennale di formazione (DM 797/2016) considera tra le sue nove priorità quella dell’innovazione digitale.
Se la scuola è intenta nel suo processo di modernizzazione, le polemiche sull’impatto delle nuove tecnologie nella didattica (e più in generale sull’educazione delle nuove generazioni) non cessano. Hanno fatto scalpore le indicazioni sulla possibilità di utilizzare lo smartphone in classe (cfr. Baldascino, 59), oggetto di numerosi fraintendimenti, o le ricorrenti preoccupazioni circa l’effervescenza dei fenomeni del cyber bullismo (cfr. Brescianini, 67), per cui è sceso in campo lo stesso legislatore, approvando una legge ad hoc (Legge 29-5-2017, n. 71). Il fatto è che l’uso dei social media è ormai pervasivo e investe tutte le generazioni: si pensi all’impatto di Facebook (cfr. Carrettin, n. 56). Lo stesso Miur è corso ai ripari, ed ha istituito appositi gruppi di lavoro per mettere a punto strategie di intervento sia nel campo delle innovazioni metodologiche e didattiche, sia nell’uso appropriato dei mobile device (es. cellulari) nell’ambito scolastico. E già si ipotizza di innovare i curricoli nazionali, introducendo specifiche indicazioni sul coding e sull’incremento delle competenze degli allievi, in sintonia con quanto previsto dai più recenti documenti europei (DGCom 4.0).