Sta per finire una legislatura che ha visto l’approvazione di un corposo provvedimento (la “Buona Scuola”: Legge 13 luglio 2015, n. 107) e di otto decreti legislativi attuativi, che ridefiniscono aspetti importanti della vita della scuola. Le critiche rivolte ai provvedimenti sembrano superiori ai consensi, e tendono a sottovalutare la portata positiva di alcune novità: l’aumento effettivo di risorse finanziarie per l’istruzione, la stabilizzazione del personale precario, l’istituzione dell’organico di potenziamento, l’impegno per l’edilizia scolastica. Ha prevalso l’attenzione agli aspetti divisivi della legge 107: il bonus per il merito, la card dei docenti, la “chiamata per competenze”, il ruolo attribuito al dirigente, l’alternanza scuola-lavoro. Di fronte a un quadro così variegato c’è chi ha assunto un atteggiamento radicalmente distruttivo (“tanto vale abrogare l’intera legge”), trascurando il fatto che molti effetti sono già inseriti nell’ordinamento della scuola (il reclutamento, la valutazione, il Ptof, lo zerosei, ecc.), e chi invece ha provato a suggerire una “evoluzione mite” del quadro normativo, vedendo nel dettaglio quali sono i punti di sofferenza, quali le realizzazioni infelici, quali le opportunità da sviluppare e consolidare.
È quanto, faticosamente, si è cercato di fare in questi mesi. Meno proclami roboanti di “riforme epocali” e più attenzione ai passaggi amministrativi, alle scadenze da rispettare, alla macchina da far funzionare, comunque. È certamente lo stile understatement (sottotraccia) del Premier Gentiloni che segna questa fase di transizione da una legislatura all’altra, nella ricerca di qualche soluzione agli annosi problemi della scuola italiana (il reclutamento, la formazione, la professionalità, la qualità degli edifici e dell’insegnamento, i risultati degli allievi). Si segnala anche una maggiore disponibilità a serene relazioni sindacali (per il rinnovo del contratto di lavoro) e la ricerca di un consenso più ampio tra i docenti. Ma il panorama resta turbolento, e il dibattito pubblico sulla scuola oscilla tra le grandi rivendicazioni ideali (“la scuola non deve essere al servizio del mercato e quindi le competenze non ci piacciono!”) e il piccolo cabotaggio tutto italiano, dove tengono banco i fatti quotidiani (il panino a scuola, l’accompagnamento dei minori all’autobus, lo squillo dello smartphone in classe, ecc.), che non sempre evocano il valore della scuola e dell’istruzione pubblica.
Il dizionario di Scuola7.it del secondo semestre del 2017 dà conto, nelle sue voci, di questa vasta gamma di situazioni scolastiche (dalla A di Aggiornamento alla Z di Zerosei), tipica di una stagione di transizione verso un futuro assai incerto: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.