I cambiamenti in materia di valutazione degli allievi hanno interessato nel corso del 2017-18 sostanzialmente il primo ciclo, ma ulteriori effetti sono attesi nell’a.s. 2018-19 anche per il secondo ciclo. Siamo nell’ambito dell’attuazione di uno delle otto deleghe (il D.Lgs. 62/2017) della legge 107/2015 (quindi una materia a rischio di qualche revisione politica).
Le novità riguardano:
– le modalità di espressione della valutazione (voto numerico, ma anche descrizione degli apprendimenti);
– le forme di certificazione delle competenze (con la generalizzazione di appositi modelli sperimentati nelle classi quinta primaria e terza secondaria di I grado);
– la revisione delle procedure di esame di fine primo ciclo;
– un diverso posizionamento delle prove INVALSI (che vedono l’ingresso della prova di lingua inglese).
Com’era prevedibile, il nuovo esame di Stato ha catalizzato molto interesse, soprattutto per le tipologie delle prove scritte di italiano, anche per l’impegno del MIUR nel mettere a disposizione materiali ed esempi (Contu, 89). Al centro vi è l’idea di stimolare negli allievi scritture funzionali, sintetiche, per diversi scopi, in modo da superare l’eccessiva enfasi che ha avuto nella nostra scuola il classico testo di tipo espressivo, il tema (Muraglia, 75). In effetti le nuove disposizioni hanno favorito la riscoperta di pratiche di scrittura come il riassunto, il saggio breve, la relazione scientifica (Turrisi, 86).
Anche la struttura del colloquio orale è stata ricondotta ad una dinamica pluridisciplinare, peraltro già prevista dalla Direttiva del 1981 (Prontera, 91). Ma è difficile trasformare routine consolidate nel tempo, pensando quasi ad un effetto salvifico del nuovo dispositivo d’esame (Bortone, 92). Occorre piuttosto lavorare su tempi medio-lunghi, e non solo fare informazione sui nuovi adempimenti. Il MIUR ha stanziato appositi fondi per la formazione, ma non sempre la progettazione delle iniziative ha avuto un carattere operativo, di ricerca, di sviluppo guidato di pratiche valutative coerenti (Stancarone, 73). Ove si è riusciti a farlo (Turrisi, 98) ne ha tratto giovamento la qualità del lavoro didattico a scuola.
Anche l’INVALSI è stato chiamato a rimettersi in gioco dal nuovo decreto, non solo per l’assoluta novità delle prove d’inglese in quinta primaria e in terza media (ed i cui primi exit-poll appaiono confortanti) (Riveccio, 83), ma anche per lo sforzo richiesto nel descrivere in progressione i diversi livelli di competenze (di matematica, di lingua italiana, di lingua inglese), da comunicare ai genitori in un’ottica formativa e non semplicemente classificatoria (Stancarone, 93). È una funzione che si affianca a quella più tradizionale, ma utile, di informare sullo stato di salute della scuola italiana e sulle ancora eccessive differenze nei risultati dei ragazzi (Garuti, 97).