La scelta dell’integrazione scolastica degli allievi disabili è un elemento caratterizzante del sistema scolastico italiano: sono ben 245.723 gli allievi certificati inseriti nelle classi “normali”, con un impegno di 141.412 insegnanti di sostegno. Tuttavia emergono in modo ricorrente palesi insoddisfazioni circa lo “stato di salute” dell’integrazione (cfr. Lega, 111): scarsa presenza di docenti di sostegno (questo dato è però smentito dai numeri), insufficiente preparazione (in effetti quasi un terzo del sostegno è personale precario, spesso senza titolo), discontinuità di presenza (la continuità didattica non trova copertura giuridica), carenza negli interventi degli enti locali (specie nelle regioni del Sud). Ci sono dunque margini di miglioramento, come segnala nella sua relazione la Corte dei conti (luglio 2018), e a questo scopo si è proceduto ad elaborare il D.lgs. 66/2017, per ridefinire taluni aspetti dell’integrazione scolastica: superare la dinamica certificativo-burocratica (adottando il criterio ICF) e introdurre il profilo di funzionamento per commisurare le ore di sostegno non solo alla gravità del caso, ma all’insieme dei diversi fattori del contesto (numerosità della classe, presenza di altre figure, dinamiche di una classe inclusiva, personale di assistenza, tecnologie, ecc.) (cfr. Leoni, 101). Questo approccio lo si ritrova anche nelle circolari del Miur (nota 1143 del 17-5-2018) che insistono sulla dimensione inclusiva dell’integrazione scolastica, che non può focalizzarsi solo sulla risorsa sostegno (cfr. Brescianini, 101). Per questi motivi desta qualche perplessità il rinvio nell’elaborazione di provvedimenti amministrativi connessi all’attuazione del D.lgs. 66/2017, non tanto per i tempi, che slittano al 1-9-2019, ma per le motivazioni, che sembrano preannunciare un maggior coinvolgimento dei genitori e la de-burocratizzazione di alcune procedure relative al processo di inclusione scolastica.
2019-01-07