Il concorso a 2900 posti di dirigente scolastico vede la nomina in ruolo dei primi 1984 candidati collocati in posizione utile nella graduatoria di merito. Il risultato non era scontato viste le numerose traversie che hanno caratterizzato il percorso concorsuale in quasi tutte le sue fasi. Anzi, si può dire che ogni step (deputato a ridurre la platea dei partecipanti per individuare i vincitori) sia stato contrassegnato da una ondata di ricorsi “massivi”, volti a dimostrare la presunta illegittimità dei comportamenti delle commissioni d’esame e dell’amministrazione scolastica.
Il culmine è stato raggiunto il 2 luglio 2019 con l’annullamento dell’intera procedura concorsuale operata dal TAR del Lazio, con accoglimento di un solo gravame (sugli 11 proposti da un nutrito gruppo di candidati), avente per oggetto l’incompatibilità in cui si sarebbero trovati alcuni membri delle commissioni d’esame. La sentenza è stata poi sospesa dal Consiglio di Stato il 12 luglio 2019, con la motivazione di dover comunque assicurare il buon funzionamento delle istituzioni scolastiche con l’assegnazione dei dirigenti dall’a.s. 2019-20 (Stellacci, 144).
Nel frattempo il concorso si era sviluppato nei suoi diversi passaggi, focalizzati nel primo semestre del 2019 sullo svolgimento delle prove orali. Le aspettative erano alte, soprattutto per la previsione di poter finalmente intavolare con i futuri e potenziali dirigenti un vero “colloquio professionale” (Spinosi, 129), non più spezzettato in una miriade di quesiti da estrarre a sorte, ma sull’analisi in profondità di una situazione professionale o di un caso (Spinosi, 128) da sviscerare nei suoi diversi aspetti culturali, giuridici, pedagogici, operativi, professionali. Così non è stato, per la rigidità contenute nel bando (Spinosi, 137) e per l’interpretazione data dalla commissione ai quadri di riferimento della prova orale.
Infatti, anche l’ultima prova, quella che finalmente avrebbe dovuto delineare a tutto tondo la figura del dirigente scolastico – un po’ manager, un po’ leader – ha finito con il riconfermare il peso prevalente dato alla conoscenza (decontestualizzata) acquisita in vista del superamento di prove (e non dell’esercizio di una professione) (Spinosi, 131). Essendoci la preoccupazione che prevalga la soggettività dei valutatori, i bandi finiscono con il dare un peso prevalente a procedure che si pensano oggettive (testing, quesiti brevi e strutturati, domande e casi da sorteggiare, ecc.) a scapito della fluidità della narrazione e della argomentazione. Tutto ciò nonostante gli sforzi dell’editoria di offrire uno scorcio più umano del profilo del dirigente (Rispoli, 122).