È stata approvata, il 1° agosto 2019, la legge che (re)istituisce l’insegnamento dell’educazione civica (o alla cittadinanza) nelle scuole di ogni ordine e grado. La legge è frutto di una sintesi tra molte proposte presentate da quasi tutte le forze politiche e da una proposta di iniziativa popolare, sponsorizzata dall’ANCI (Campione, 135). Lo schieramento politico favorevole è assai ampio, con qualche ripensamento nel passaggio al Senato), ma il mondo della scuola guarda alle soluzioni tecniche adottate dalla legge con qualche perplessità (Legge 20 agosto 2019, n. 92). Come mai? Intanto, la preoccupazione è che si tratti di una operazione di facciata, vista la velocità insolita dei diversi passaggi parlamentari. Analizzando il testo emergono diverse pecche: non c’è un orario aggiuntivo dedicato alla nuova disciplina, né risorse professionali nuove (se si eccettua un piccolo investimento sulla formazione in servizio). Non è chiaramente affrontato il rapporto tra dimensione trasversale dell’insegnamento (in effetti, molti contenuti sono già ben presenti nei curricoli disciplinari ordinari) e specificità di “Cittadinanza e Costituzione”, introdotta nell’ordinamento fin dal 2008 e presente dall’anno scolastico 2018-19 negli esami di Stato del 1° e 2° ciclo (Porcarelli, 130).
L’elenco dei possibili argomenti della nuova disciplina è imponente e non si capisce ancora come questi potranno essere metabolizzati in un curricolo verticale che è posto in carico ai diversi consigli di classe ed alla nuova figura del coordinatore. È pur vero che saranno emanate apposite linee guida nazionali, ma il rischio della sovrapposizione tra competenze, obiettivi, contenuti, indicazioni curricolari preesistenti, non si può esorcizzare con qualche documento frettolosamente emanato nello scorcio dell’estate. La valutazione dell’insegnamento rappresenta un ulteriore punto interrogativo, perché incasellare in un voto in decimi (magari con stucchevoli medie aritmetiche) un insieme così ampio di temi è una impresa pressoché impossibile.
In effetti, scorrendo la legge (Spinosi, 147) troviamo tra i contenuti potenziali:
a) la conoscenza della Costituzione, delle leggi fondamentali e delle istituzioni pubbliche;
b) la pratica della legalità e della cittadinanza attiva;
c) i temi emergenti, di carattere ambientale, scientifico, economico, politico, rubricabili sotto la voce dell’educazione alla sostenibilità e di Agenda 2030;
d) la dimensione delle regole, dei comportamenti, del patto educativo di corresponsabilità (introdotto anche nella scuola primaria);
e) alcuni contenuti identitari e di valorizzazione delle culture locali;
f) un ampio richiamo alla cittadinanza digitale, con ulteriore declinazione di competenze, comportamenti, contenuti.
In definitiva, è come se il Parlamento in un colpo solo avesse voluto ricordare a se stesso, alla società italiana, al mondo della scuola, le tante emergenze educative che sono sotto gli occhi di tutti e che vanno al di là delle materie di studio (Eramo, 134). Riusciranno le nostre 33 ore annue di educazione civica a raggiungere qualche apprezzabile traguardo educativo, là ove spesso è mancato l’impegno concorde della società civile?