EDUSCOPIO: scuole sotto la lente

L’appuntamento con la Fondazione Agnelli

Dal 12 novembre è on line Eduscopio, lo studio ricorrente della Fondazione Agnelli sulla qualità delle scuole secondarie di secondo grado misurata in due campi, entrambi esterni e successivi ai processi formativi. Il rendimento nell’università dei diplomati dei licei e dei tecnici (regolarità e voti ) e lo stato occupazionale di quelli dei tecnici e dei professionali (almeno 6 mesi di lavoro e coerenza con l’ indirizzo seguito). Analizzando i dati di 1.275.000 diplomati di tre anni scolastici (2014/15, 2015/16, 2016/17) in 7.400 indirizzi di scuole statali e paritarie, Eduscopio presenta una classifica degli istituti che, nelle diverse realtà locali, ottengono le migliori performances. Nel senso che preparano meglio agli studi universitari e all’inserimento professionale. Un’informazione che ha lo scopo di supportare con uno strumento di facile accesso e consultazione le famiglie e gli studenti (1.150.000) che tra qualche settimana sceglieranno il percorso successivo alla scuola media.

Equità può far rima con qualità?

Sono certamente informazioni utili a una scelta più circostanziata e consapevole ma non le uniche che servono, precisa correttamente la Fondazione. Che ci tiene a sottolineare anche altri risultati dello studio, tra cui che a differenza di quello che spesso si ritiene, le scuole migliori sono solitamente anche le più “inclusive”, quelle con meno bocciature. Equità e qualità, questo l’ ottimo mantra, possono dunque andare a braccetto. Ma è questo che succede davvero ? Ci sono altri studi, per esempio sulla polarizzazione sociale ed etnica negli istituti del primo ciclo, che danno conto di processi di tutt’altro segno.

I paradossi delle classifiche…

Anche se non ci sono vere novità – gli istituti in testa alle classifiche sono per lo più sempre gli stessi, e tanti sono i licei “storici” – i media non hanno concentrato l’attenzione sui tanti dati d’insieme e di dettaglio che emergono dallo studio (il 49% di “occupati” del comparto tecnico-professionale, ancorché in crescita dall’anno precedente, significa tanti o terribilmente pochi? come si spiega che anche una quota di diplomati liceali finisca nella buca dei Neet? perché la media dei voti dei liceali supera di molti punti quella dei tecnici ? eccetera ). Come se si trattasse di calcio, il massimo interesse è stato per gli istituti che hanno confermato o variato la posizione, comunque di eccellenza. Con qualche strascico polemico d’interesse locale, qualche flash acceso su alcuni dirigenti scolastici, qualche operazione di marketing scolastico del tipo perseguito anche negli Openday. Qua e là i buoni risultati di alcuni istituti paritari, anche questa non è una novità, sono stati tirati in ballo nelle solite guerrette di religione.

Effetti desiderabili…effetti collaterali

Ma non è questo il punto. Come è successo fin dalla prima edizione, anche questa volta su Eduscopio si sono rovesciate non poche critiche, talora appropriate ad approfondire o chiarire, più spesso eccessive o anche ideologiche. Se quest’anno non si sono ripresentati appunti di tipo metodologico (la Fondazione ha progressivamente affinato il trattamento dati e l’analisi statistica), restano invece numerose le prese di distanza, anche radicali, che mettono in discussione significati, finalità, possibili o immancabili effetti dell’operazione.

Il primo rimprovero è che la Fondazione veicoli un’idea di scuola di tipo “funzionalista”, appiattita sulle richieste delle università e su quelle del mercato del lavoro, svalorizzando con ciò il senso più autentico del lavoro educativo, la formazione della persona, il pensiero critico, la cultura come libertà e cittadinanza.

Il secondo è che in questa valutazione si confonda la qualità dell’offerta con le caratteristiche sociali degli studenti che la frequentano (le scuole migliori non bocciano perché sono inclusive o perché sono quelle in cui c’è stata una selezione socioculturale a monte? ), un rischio in verità presente in ogni valutazione che non misuri, come prova invece a fare Invalsi, i progressi lungo l’intero percorso formativo, e quindi il cosiddetto “valore aggiunto”.

Il terzo è che stilare classifiche è un’operazione che amplia la segregazione formativa e perpetua le diseguaglianze scolastiche perché le scuole considerate migliori attraggono i migliori, e le peggiori i peggiori.

Visioni elitarie del rapporto con il lavoro

In alcune prese di posizione si avverte in verità sopratutto l’insofferenza alla valutazione da parte di soggetti “esterni”, e alla valutazione tout court. Quel riflesso autoreferenziale che non fa differenze tra Eduscopio e Invalsi, e che è infastidito persino da OCSE-Pisa. In altre, quelle che insistono su un “funzionalismo” figlio del neoliberismo (ma anche, a piacere, del fordismo, dell’economicismo, del mercatismo ), colpisce la distanza elitaria con cui si guarda al rapporto tra scuola e lavoro, al valore e al significato di specifiche vocazioni o di propensioni a un più rapido inserimento professionale. Come se i tecnici e i professionali fossero un canale di serie B, destinato ai soli giovani con un potenziale cognitivo di livello più basso, e il lavoro un tradimento della cultura “disinteressata”. E come se nella scelta del canale liceale non pesassero anche il liceo come status symbol e come luogo di frequentazioni di buon livello sociale, nonché il privilegio di poter rinviare di molto la decisione su cosa essere e fare nella vita adulta.

Le fragilità dell’orientamento scolastico

E’ accertato da una quantità di studi scientifici, del resto, che l’orientamento esplicito e implicito che si fa nelle scuole medie è spesso condizionato, oltre che dall’interiorizzazione delle tradizionali gerarchie tra comparti e indirizzi scolastici, anche da pregiudizi sociali e culturali di vario tipo. Una classificazione anche questa, e ben più pesante di quelle stilate da Eduscopio. E’ di qualche settimana fa uno studio sulla scelta del liceo da cui emerge che, a parità di risultati eccellenti, il liceo viene consigliato più agli studenti italiani che a quelli con back ground migratorio[1].

Qualche autocelebrazione di troppo

Spiace registrare che a fare da catalizzatore di questo insieme di contrarietà si è candidata la FLC-Cgil. Offrendo una rappresentazione di Eduscopio come di uno strumento “classista” che “elimina il valore sociale educativo e culturale dell’azione delle istituzioni scolastiche rimpiazzandolo con indicazioni di Borsa e logiche di mercato”, con relativa intimazione al Ministero dell’istruzione di “bloccare un’operazione di mercato” nonché richiesta, già che c’è, di un confronto sulle attività di Invalsi.

Discussioni così allontanano da ciò che sarebbe urgente discutere. Pur condividendo il fastidio per l’eccitazione delle scuole che si sentono in gara, e per le autocelebrazioni di troppo, in un sistema non sottoposto a logiche di mercato il problema non è Eduscopio. Né, tanto meno, una valutazione “esterna” che purtroppo ancora non c’è. E’ quello dell’assenza di dispositivi e prassi affidabili di orientamento . E delle numerose cause, ordinamentali e professionali, di quest’assenza.

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[1] G. Argentin. Le scelte scolastiche al termine del primo ciclo di istruzione, in Fondazione ISMU, Alunni con back ground migratorio, 2020. www.ismu.org