Allarme sociale e tutela della privacy
È stato appena trasmesso ed assegnato al Senato (alla 11^ commissione), dopo l’approvazione della proposta di legge in Testo unificato, il Disegno di legge S. 2574 “Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale”.
La questione è delicata e controversa perché da un lato vi sono esigenze in particolare di carattere probatorio, giacché le vittime sono di tenera età, incapaci o in condizioni di disagio, dall’altro sono da considerare le molteplici implicazioni legate all’adozione di strumenti di controllo sui luoghi di lavoro.
I molti tristi episodi di cronaca costituiscono senz’altro motivo di allarme sociale per la vulnerabilità dei destinatari degli abusi, ma non possono essere sottovalutate le problematiche connesse alla libertà del lavoratore ed alla privacy.
Il 27 luglio 2016 è stato pertanto audito presso le Commissioni riunite I e XI della Camera dei Deputati il Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, il quale ha evidenziato tra l’altro l’esigenza di salvaguardare la spontaneità del rapporto tra l’educatore ed il minore, rilevando che la videosorveglianza, seppure per opportune finalità, realizza comunque un controllo a distanza dell’attività lavorativa.
I limiti della videosorveglianza sui posti di lavoro
Invero sul tema della videosorveglianza negli asili nido si era già espressa la Commissione europea, in risposta a un’interrogazione parlamentare (P-6536/2009), per la quale «l’installazione di sistemi di video sorveglianza per la protezione e la sicurezza di bambini e studenti nei centri per l’infanzia, negli asili nido e nelle scuole può essere legittima, purché siano rispettati i princìpi della protezione dei dati, come i princìpi di necessità e proporzionalità stabiliti a livello nazionale ed europeo e fermo restando il monitoraggio delle competenti autorità di controllo nazionali della protezione dei dati».
Non bisogna dimenticare che il controllo a distanza dei lavoratori è vietato e l’uso delle moderne tecnologie deve avvenire nel rispetto dell’articolo 4 della legge n. 300 del 1970(statuto dei lavoratori). Del resto tuttavia sono tanti coloro che, con le opportune precauzioni e senza lesioni di diritti, lavorano normalmente in ambienti videosorvegliati. Infatti la stessa Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 22611 dell’11 giugno 2012, ha chiarito che se è vero “che la disposizione di cui all’art. 4 intende tutelare i lavoratori contro forme subdole di controllo della loro attività da parte del datore di lavoro e che tale rischio viene escluso in presenza di un consenso di organismi di categoria rappresentativi (RSU o commissione interna), a fortiori, tale consenso deve essere considerato validamente prestato quando promani proprio da tutti i dipendenti”.
Chi decide l’installazione delle telecamere?
In proposito l’art. 4 del Disegno di Legge S2574 dispone che le immagini acquisite con i sistemi di videosorveglianza, adeguatamente segnalati, debbano essere cifrate ed il Garante per la protezione dei dati personali è competente alla verifica preliminare dell’idoneità tecnica dei dispositivi. L’accesso alle registrazioni è consentito solo ai magistrati incaricati a seguito di notizia di reato.
Del resto fino ad oggi l’installazione poteva avvenire, a fini probatori ed investigativi e per tempo determinato, su ordine dell’autorità giudiziaria.
Per l’effetto il DDL S. 2574, con formulazione analoga a quella del citato articolo 4 della legge del 1970, stabilisce che l’installazione degli impianti deve essere preceduta da accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero, laddove queste non siano costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali.
In mancanza, occorre la previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Comunque, indipendentemente dai tempi di approvazione in Senato, l’effettiva entrata in vigore della legge, ove approvata, non sarà certo immediata, richiedendo il coinvolgimento di diversi soggetti.
Peraltro le stesse famiglie, con modalità da definire, sono chiamate a partecipare al processo decisionale relativo all’installazione.
La valutazione delle attitudini del personale
Il disegno di legge, approvato dalla Camera dei deputati il 19 ottobre 2016, in un testo risultante dall’unificazione dei progetti di legge in materia, contiene una delega, all’art. 2, in materia di formazione del personale.
Il Governo è infatti delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata, un decreto legislativo per la definizione di modalità della valutazione attitudinale da effettuarsi al momento dell’assunzione e, successivamente, con cadenza periodica, prevedendo percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori, incontri periodici e regolari di équipe di operatori, colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo.
È chiaro che già questo iter implicherà dei tempi, anche per le potenziali eccezioni riguardo test psicoattitudinali cui sono destinati soltanto i docenti della scuola dell’infanzia. Peraltro già la L. 107/15 aveva previsto la delega ai commi 180 e 181, lettera e), in materia di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino al termine della scuola dell’infanzia, che viene fatta salva.
Inoltre è stabilito che (art. 2) lo schema del decreto legislativo sia trasmesso alle Camere per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, da pronunciarsi entro trenta giorni dalla trasmissione. Tuttavia, laddove il Governo non intenda conformarsi ai pareri, può trasmettere nuovamente il testo alle Camere con osservazioni e modifiche su cui le Commissioni devono esprimersi entro quindici giorni.
Il coinvolgimento delle famiglie
Procedure complesse, dunque, alle quali si aggiunge la previsione dell’art. 4 per la quale “entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere della Conferenza unificata, stabilisce con proprio decreto le modalità per assicurare la partecipazione delle famiglie alle decisioni relative all’installazione e all’attivazione dei sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia”.
Anche il Garante per la protezione dei dati personali, con proprio provvedimento, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, è chiamato a definire gli adempimenti e le prescrizioni da applicare in relazione all’installazione dei sistemi e al trattamento dei dati personali.
Ma su chi graveranno le spese relative agli impianti?
Non sono previsti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (art. 6) ma intanto è costituito un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 per la copertura delle spese iniziali.