I fondamenti
Intendendo per cultura “il modo” di fare le cose, riflettiamo sul delicato compito di far acquisire, a giovani e meno giovani, una sensibilità alla prevenzione, intesa come capacità di percepire il pericolo e la consapevolezza delle conseguenze del proprio comportamento.
Si parla di comportamento orientato alla sicurezza quando un soggetto risulta in possesso delle capacità di individuare il rischio ed è motivato ad utilizzare ed a migliorare tali capacità.
Il problema di fondo è spesso quello di trasformare un comportamento imposto (da un’autorità e/o da una norma) e a volte non condiviso, in uno pienamente accettato, così che la sicurezza (e a volte una cauta insicurezza) diventi parte integrante della propria esperienza sia personale che lavorativa.
Questo problema riguarda sia il bambino riluttante alle “raccomandazioni” materne e paterne ad assumere comportamenti prudenti e responsabili, sia il lavoratore impegnato in un’officina o un cantiere, maldisposto ad usare i DPI (dispositivi di protezione individuale) o restio agli accorgimenti necessari alla propria e altrui incolumità.
Secondo alcuni studi di psicologia, i riflessi di base per l’assunzione di un comportamento antinfortunistico (capacità di percepire il pericolo e controllo della temerarietà) vengono acquisiti prima dei 12 – 13 anni.
È richiesto, in ultima istanza, un sistema educativo adeguato alla proposta ed all’elaborazione del sistema di valori, di comportamenti, di atteggiamenti e di rapporti sociali responsabili e solidali.
Come risponde la Scuola?
La domanda sociale è una sfida per la scuola … “terreno privilegiato di cultura per qualsiasi attività educativa: per i giovani le istituzioni si presentano con il volto della scuola. La scuola è normalmente la prima fondamentale istituzione, dopo la famiglia, con cui essi si confrontano e su cui misurano immediatamente l’attendibilità del rapporto tra le regole sociali ed i comportamenti reali. È necessario allora che la scuola offra ai giovani l’immagine coerente di “luogo” dove i diritti e le libertà di tutti, nel reciproco rispetto, trovano spazio di realizzazione, dove non vengono frustrate le aspettative dei ragazzi ad un equilibrato sviluppo culturale e civile” (C.M. 25 ottobre 1993, n. 302 – Educare alla legalità).
Si noti la data e l’emergenza educativa di quel terribile periodo. L’anno dopo viene emanato il d.lgs. 626 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e la C.M. 29 aprile 1999, n. 119: d.lgs. 626/94, Sicurezza nei luoghi di lavoro – Indicazioni attuative, esprimeva un importante orientamento: “Le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro rappresentano, prima ancora che un obbligo di legge con la serie di adempimenti che ne conseguono, un’opportunità per promuovere all’interno delle istituzioni scolastiche una cultura della sicurezza sul lavoro, per valorizzarne i contenuti e sollecitare il coinvolgimento e la convinta partecipazione di tutte le componenti scolastiche in un processo organico di crescita collettiva, con l’obiettivo della sicurezza sostanziale della scuola nel presente, e della sensibilizzazione, per il futuro, ad un problema sociale di fondamentale rilevanza. È nella stessa ottica che vanno impostate l’informazione e la formazione rivolte ai lavoratori della scuola e, per quanto richiesto, agli stessi studenti. Infine, e al di là delle prescrizioni normative, è indispensabile realizzare un generale coinvolgimento ed una comune presa di coscienza di operatori scolastici ed alunni sulla sostanziale valenza educativa delle tematiche sulla sicurezza e sui comportamenti che, coerentemente, vanno adottati”.
E successivamente viene riconfermato che “è la scuola – luogo primario in cui si realizzano e trasmettono cultura, valori ed idee e si forma l’individuo che, in tempi più o meno brevi, accederà alla vita sociale ed al mondo del lavoro, …, – la sede primaria, istituzionale e strategica per la formazione di tale cultura…” (della prevenzione) (C.M. 19 aprile 2000, n. 122 – La cultura della sicurezza).
Un serio pericolo: la pura formalità
La ripetuta sottolineatura di “sostanzialità” impone di “non limitarsi ad interventi ed adempimenti di carattere meramente formale ovvero ad iniziative sporadiche ed occasionali” (C.M. 122 cit.).
Le azioni avviate dagli istituti possono/devono essere sistematiche, non sull’onda di emergenze, ma espressione dell’intenzionalità educativa, collegiale e condivisa. Solo un approccio sistemico potrà superare la frantumazione degli interventi e delle attività, rendendo “respirabile” nell’istituto un clima di serenità, attenzione reciproca, rispetto delle norme.
(seguirà Cultura della prevenzione: 2. Urgenze educative)