Gli antefatti della legge delega
Sono in corso le audizioni parlamentari di tutti i soggetti interessati a ciascuna delle 8 deleghe legislative contenute nella Legge 107/2015. Il Governo ha tempo fino a metà aprile per acquisire i pareri delle Commissioni Parlamentari e varare i decreti legislativi definitivi. Tra di essi, vorrei esprimere qualche riflessione in merito alla delega sulla disabilità intitolata alla “Promozione dell’inclusione degli studenti con disabilità”, mettendomi anche nella prospettiva delle associazioni dei genitori delle persone disabili, naturalmente molto interessate al miglioramento delle condizioni dell’inclusione scolastica.
Ma cosa chiedono le associazioni delle famiglie? Molte delle loro richieste erano già contenute nella proposta di legge n. 2444 del 10-6-2015, che era stata sottoscritta da molti deputati, tra cui l’on. Faraone, già sottosegretario all’Istruzione (ora alla Salute). Quel disegno di legge fu assai dibattuto, perché sembrò ad alcuni (soprattutto agli insegnanti) che volesse rendere troppo rigido e meccanico il rapporto tra tipologia di handicap, personale di sostegno specializzato ad hoc, continuità di presenza dei docenti. Sta di fatto che quel testo iniziale non è andato avanti, ma è stato inserito in parte nel “corpo” della legge 107/2015, al comma 181 lettera c), che contiene i principi ispiratori del decreto in fase di discussione.
I punti “dolens”
Le famiglie richiedono certamente la presenza di docenti di elevata competenza e specializzazione (sia nel caso del “sostegno” sia per i docenti curricolari). Tuttavia occorre chiarire meglio le modalità di tale specializzazione. Si chiede poi la continuità educativa nei processi d’integrazione (ma anche in questo caso occorre distinguere tra “permanenza” nel ruolo del sostegno e possibilità di assicurare un’effettiva continuità alla classe di inserimento). È importante poi assicurare tutte quelle figure di supporto che possono prendersi cura di una pluralità di bisogni (che non sono solo strettamente didattici, ma di assistenza, di accompagnamento, di autonomia, di comunicazione: evidentemente il docente di sostegno non può “fare tutto”). Infine è decisivo il livello di coinvolgimento dei genitori nei progetti individuali (di vita), nei gruppi di lavoro, nelle diverse fasi del percorso non solo scolastico dei figli.
Il testo in fase di discussione offre risposte adeguate a queste esigenze? Migliora la qualità dell’integrazione? È rispettoso dei diversi ruoli impegnati in questa delicata azione educativa?
La qualità dell’integrazione
Il testo “provvisorio” del decreto solo in parte risponde a queste pressanti esigenze, anche perché l’idea di semplificazione delle procedure a volte gioca brutti scherzi. Ad esempio ci si è accorti che nell’attuale formulazione scompare il “gruppo di lavoro handicap di istituto”. È vero, c’è una nuova sede di concertazione di ambito (con il gruppo inclusione territoriale – GIT, che elabora le ipotesi di organico di sostegno), ma resta indispensabile un gruppo, e magari una figura di coordinamento dedicata – come si scrive nella bella CM 37900 del 19-11-2015 – alle politiche inclusive di un istituto. A volte, in molti istituti sono presenti decine di ragazzi certificati e di docenti specializzati, e diventa indispensabile un punto di coordinamento che aiuti il dirigente a mantenere alta la qualità dell’inclusione. A tal fine il decreto preannuncia l’elaborazione di specifici indicatori di qualità.
Tuttavia preoccupa l’innalzamento del numero di allievi per classe da 20 a 22, stabilizzando quel 10% di flessibilità che già c’era, ma era maneggiato con cura. Nulla si dice sulle deroghe (ma tutte le norme sugli organici sono implicitamente confermate), con il rischio di ritardi nelle assegnazioni di docenti e la precarietà dei relativi posti.
Desta forti perplessità la scomparsa del riferimento a prove differenziate e adattate in sede di esame di licenza media (Dpr 122/2009), norma che prevedeva di ancorare la valutazione ai percorsi personalizzati effettivamente realizzati.
La figura del “sostegno”
Il provvedimento conferma – anche se non in maniera incisiva – che la responsabilità dell’inclusione spetta all’intera comunità scolastica e non solo alla figura dell’insegnante di sostegno (non è solo questione di ore, ma questo già lo scriveva il Ministro Falcucci nel 1974). In tale direzione si muovono l’evoluzione e semplificazione della documentazione sulle disabilità.
La certificazione sarà agganciata all’ICD, mentre la valutazione diagnostico-funzionale farà riferimento all’ICF. Sulla base di quest’ultima verranno assegnate le risorse di sostegno, da rapportare quindi agli altri elementi del contesto (PAI, PEI, tempo-scuola, numerosità della classe, integrazione interventi terapeutici e sociali, ecc.). Su questi aspetti il testo non è sempre chiaro: non si capisce fino a che punto siano coinvolti i genitori ed i servizi specialistici, quale sia il ruolo degli operatori scolastici, come venga costruito il progetto individuale di vita (la questione appare sfumata e sono scomparsi i punti di servizio integrati scuola-enti locali-famiglia).
Si allungano i tempi di permanenza nel sostegno (fino a 10 anni, compreso però il pre-ruolo), ma ciò non garantisce la continuità sulla classe interessata all’inclusione. Inoltre sulla formazione di tali insegnanti (che va raccordata con il parallelo decreto sulla formazione iniziale) restano aspetti nebulosi circa la reale possibilità di specifica qualificazione universitaria, salvaguardando i raccordi indispensabili con il percorso per diventare anche docenti curricolari (il sostegno non può diventare un percorso a senso unico).
Infine le caratteristiche della formazione iniziale per tutti i docenti sui temi dell’inclusione sono troppo evasive.
I prossimi passi
Emerge nel mondo dell’handicap una certa insoddisfazione per la bozza del decreto legislativo. In particolare le associazioni dei disabili, raggruppate nella FISH e nella FAND, hanno sollevato parecchie obiezioni al testo, in sede di audizioni parlamentari.
La FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità) richiede un maggior coinvolgimento delle associazioni nelle elaborazioni delle proposte, sottolineando l’esigenza di presenza dei genitori nella fase di rilevazione del fabbisogno di personale (che comunque è operazione che responsabilizza direttamente l’amministrazione scolastica), il ripristino della soglia dei 20 alunni per classe, una più incisiva formazione di docenti ed educatori (a partire dalla fascia d’età decisiva dello 0-6), v. http://www.fandnazionale.it/bettoni-fand-decreti-delega-attuativi-legge-107-un-solo-confronto-non-basta/.
Anche esperti accademici, ci riferiamo a D. Ianes e F. Fogarolo, esprimono critiche ad alcuni punti del testo. Più possibilista R. Iosa (http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/delega_sostegno.htm), che mette a confronto luci ed ombre del decreto.
Il dibattito dunque continua, perché il decreto è “aperto al Parlamento”, come ha dichiarato il premier Gentiloni facendo trapelare l’idea che emendamenti al testo sono possibili.