Un data-base interattivo per la formazione in servizio
È da salutare con favore l’apertura della piattaforma digitale SOFIA (Sistema operativo su formazione e iniziative di aggiornamento), attivata dal MIUR – cfr. nota Dir.Gen.Pers. n. 22272 del 19-5-2017 – per mettere a disposizione dei docenti (ma non solo) un quadro informativo aggiornato in tempo reale su tutte le attività di aggiornamento disponibili per gli insegnanti italiani. Siamo appena agli inizi, ma gli sviluppi potrebbero essere promettenti, anche se non ci si deve illudere: non basta digitalizzare domanda-offerta di formazione per migliorarne la qualità, sia sul versante di chi l’organizza/produce (le scuole, le reti, il MIUR, le università, gli enti accreditati), sia sul versante di chi ne usufruisce (i docenti, in primo luogo, ma anche le scuole – direttamente o indirettamente). In una demo del MIUR vengono presentate le funzionalità del nuovo servizio, che ha due tipi di utenti: i produttori della formazione e i consumatori, entrambi interessati ad incontrarsi nel migliore dei modi, con reciproca soddisfazione. L’idea è dunque quella di un forum o una piazza o un’agorà dell’aggiornamento. Vediamo però di approfondire, per non andare fuori strada e smentire l’idea che si stia imboccando la strada del mercato privato della formazione.
La vetrina dei corsi di aggiornamento
Intanto come si arricchisce di informazioni e proposte la piattaforma SOFIA? Da un lato abbiamo i soggetti abilitati a promuovere e proporre la formazione in servizio. Si tratta di tutti i soggetti previsti dalla Direttiva 170/2016 che, apparentemente, si riferisce a enti e associazioni che sono accreditati (o riconosciuti) in un elenco nazionale, previa domanda da inoltrare al MIUR dimostrando il possesso di determinati requisiti. Ma oltre i cosiddetti “enti” sono ancora più significative le diverse istituzioni titolate di per sé a erogare formazione: le singole scuole statali innanzi tutto (ma anche quelle paritarie registrate al sistema), le loro reti, le istituzioni scientifiche e le Università, senza dimenticare l’amministrazione scolastica nelle sue diverse articolazioni (MIUR, USR, UST). Questi soggetti possono far conoscere le loro iniziative “popolando” la piattaforma con la registrazione delle iniziative formative che intendono realizzare.
Il web diventa quindi una “vetrina” che fa vedere i prodotti, stimola la domanda (un po’ come succede al supermarket), invoglia l’utente a confrontarli ed anche a saper scegliere quello che sembra rispondere alle aspettative. Ma questo dipenderà dalla qualità delle informazioni che corredano il corso: non basta il titolo, né una semplice descrizione; saranno utili le notizie circa le metodologie impiegate e i formatori che conducono le attività, anche se spesso il curriculum vitae o la qualifica professionale non sono di per sé una garanzia. Tuttavia un’informazione ben organizzata consente una comparazione e una valutazione, ed è un progresso rispetto all’attuale sistema “porta a porta” (è un po’ come andare in biglietteria/agenzia oppure usufruire di una prenotazione ferroviaria/aerea dal proprio computer o smartphone).
Come scegliere un buon percorso formativo
Sull’altro lato della piattaforma SOFIA ci stanno i potenziali utenti. Gli insegnanti – in linea di principio – possono liberamente scegliere di partecipare alle iniziative formative di proprio interesse. A tal fine hanno a disposizione anche la card di 500 euro, e la piattaforma consentirà di “trasferire” la prenotazione di un corso sul proprio “borsellino elettronico” (e fin qui ci muoviamo in una logica di quasi-mercato). Ma gli insegnanti sono anche membri di una comunità professionale (cioè di una scuola, con i suoi curricoli, il suo RAV, i suoi piani di miglioramento, i suoi dipartimenti e gruppi di lavoro). La formazione deve essere in rapporto con quest’appartenenza, per dare risposte anche ai bisogni di sviluppo di una scuola [la nostra proposta è conosciuta: 50% del tempo della formazione dedicato alla scuola, 50% del tempo dedicato ai propri interessi personali; se vogliamo essere più espliciti: 25 h + 25 h per ogni anno, come nel contratto della sanità]. Quindi una parte delle iniziative cui partecipare sono quelle promosse dalla scuola (o per il tramite della scuola): anche in questo caso una piattaforma che faccia “vedere” alla scuola tutte le offerte di un territorio potrebbe agevolare la predisposizione del piano formativo di istituto. Magari con la supervisione di una figura strumentale [infatti un piano formativo di istituto non è un generico corso di formazione che “vale” per tutti, ma un insieme di proposte personalizzate su misura per diversi gruppi di insegnanti]. In ogni caso, a mano a mano che SOFIA conterrà il quadro esaustivo di ciò che scuole, università, associazioni possono offrire, il sistema domanda-offerta di formazione (non solo a livello privatistico, bensì istituzionale) avrà fatto un bel passo in avanti.
Come migliorare la qualità del Piano nazionale di formazione
Ma la piattaforma è come un sismografo che registra e fa vedere eventi che accadono più in profondità. Che tipo di formazione proporranno i soggetti che ne hanno la responsabilità o la facoltà? Ci riferiamo in particolare ai dirigenti delle scuole capofila per la formazione (319 in tutta Italia), che rappresentano il “perno” della governance del sistema decentrato. O, meglio, agiscono in nome e per conto degli 8.200 colleghi dirigenti delle istituzioni scolastiche autonome [il baricentro, infatti, resta la scuola, che si aggrega in rete non tanto per improbabili economie di scala, ma per differenziare e qualificare le offerte]. A questo proposito sono a disposizione le “linee guida” proposte dal MIUR con la nota prot. 9684 del 6-3-2017, che raccomandano di evitare “radunate” e “plenarie” di corsisti per privilegiare attività di laboratorio, di ricerca, di studio, di lavoro on line. Segnalano l’esigenza di tener conto dei bisogni delle istituzioni scolastiche (e non solo di quelli dei singoli), di procedere all’individuazione di formatori o agenzie formative con avvisi pubblici che garantiscano trasparenza ma anche qualità, di procedere ad una efficace progettazione territoriale di ambito. Purtroppo, e ne siamo consapevoli, i vincoli temporali e amministrativi nella gestione dei fondi possono soffocare anche le migliori intenzioni progettuali [ed è questione da affrontare con urgenza, a partire dalla revisione dell’obsoleto D.I. 12-10-1995, n. 326, che prevede i compensi per i formatori].
La formazione tra scuola e ambito
La sfida per un diverso modo di fare formazione, centrato sul miglioramento dell’insegnamento e dei risultati degli allievi, si gioca su parecchi fronti. Se al centro resta la scuola, impegnata nel proprio progetto curricolare e didattico, la formazione non può ridursi ad un generico processo di riflessione o di scambio tra gli insegnanti del consiglio di classe o del dipartimento. Questi organismi collegiali restano i luoghi reali ove si può decidere di cambiare il modo di far scuola per renderlo capace di mettere in relazione i saperi e le conoscenze con le caratteristiche apprenditive degli allievi: è ciò che si chiama “didattica per competenze”. Ma chi aiuta le scuole? Servono stimoli culturali anche esterni, un rapporto qualificato con sedi della ricerca e del sapere didattico, la presenza di “tutor” (docenti competenti e motivati) capaci di accompagnare i colleghi in esperienza di ricerca e didattica innovativa.
La progettazione condivisa tra scuole, in rete, può rispondere a queste esigenze. Si tratterà di:
- raccogliere le esigenze delle scuole (e non tanto dei singoli) traducendole in modelli formativi efficaci;
- preparare e accompagnare con adeguati percorsi docenti che si candidano a (o sono stati scelti per) svolgere funzioni di coordinamento, consulenza, formazione, nelle loro scuole;
- affidare a scuole, raccordate in piccole reti di scopo (e per esse ad una scuola polo), la concreta gestione delle iniziative formative, per evitare inutili accentramenti e avvicinare la formazione ai concreti luoghi di lavoro (cfr. nota 9684 cit.);
- costituire gruppi, laboratori territoriali, seminari permanenti, per approfondire aspetti specifici, ad esempio di didattica disciplinare (es.: scienze, matematica, storia, lingue classiche, discipline tecnologiche o economiche, professionalizzanti), possibili solo consorziando scuole.
Anche le singole scuole possono essere destinatarie di finanziamenti, non in termini generici, ma su azioni mirate. Ad esempio perché l’istituto è alle prese con un progetto strategico che coinvolge tutti i docenti, oppure perché gruppi consistenti di docenti si impegnano a partecipare ad iniziative didattiche innovative, magari coordinate sul territorio.
Per evitare un uso improprio e generico dei finanziamenti, sarà dunque opportuno compiere un monitoraggio adeguato – a tutti i livelli – di quanto sta avvenendo (e la piattaforma SOFIA offrirà importanti informazioni) e, se del caso, modificare le indicazioni per l’assegnazione dei finanziamenti e l’individuazione delle priorità.
Le ultime indicazioni del MIUR
Con una recente nota (la n. 25134 dell’1.6.2017) il MIUR ha cercato di rassicurare circa il carattere sperimentale dell’iniziativa, che non intende prefigurare in alcun modo la costruzione di un portfolio professionale del docente, che sarà oggetto di specifiche concertazioni con le organizzazioni professionali e sindacali. Inoltre viene ampliato il quadro delle iniziative che potranno essere documentate (superando alcune prime rigidità), anche con riferimento a quelle realizzate nel corso dell’anno scolastico che si sta per concludere.
SOFIA è dunque una piattaforma di carattere informativo, e l’utilizzazione è di carattere personale. Al momento non sono previste implicazioni giuridico-contrattuali dell’uso della piattaforma. Il docente può registrare i corsi frequentati, costruire un proprio archivio elettronico delle iniziative, arricchirlo con materiali e documentazione. Si inizia a intravedere quel curriculum professionale che rappresenta una strategia indispensabile per la valorizzazione del lavoro degli insegnanti.