Scuole d’estate?

Il dibattito di stagione sulle scuole aperte in estate

Ancora una volta, nei giorni scorsi, si sono accesi i riflettori sulla questione delle scuole aperte d’estate, affrontata fino ad oggi più con spot, slogan ed iniziative estemporanee che con interventi sostanziali, prescindendo da ventennali direttive ministeriali disattese e da ciò che realmente già accade in molte realtà scolastiche nel periodo giugno-luglio.

L’attuale Ministro dell’Istruzione, stando alle dichiarazioni riportate dalla stampa, sembra intenzionata a mettere a punto un piano in base al quale tenere aperte le scuole tutto l’anno, anche d’estate, principalmente come risposta ad un bisogno espresso da centinaia di genitori, che avrebbero chiesto il suo intervento in merito.

I tecnici del Ministero sarebbero già al lavoro, per redigere una proposta da presentare ufficialmente all’inizio del prossimo anno scolastico. Ed è bastato questo annuncio da parte della ministra Fedeli, per accendere discussioni e far emergere pareri contrastanti, perplessità e preoccupazioni da più fronti, sebbene per ragioni diverse.

Pareri ed esigenze contrastanti

Da una parte ci sono posizioni sindacali a salvaguardia dei docenti – in relazione ad un loro possibile impiego durante il periodo estivo – che riaprono, però, questioni concernenti la necessità di una complessiva revisione delle norme contrattuali, ormai cristallizzate da oltre un decennio, e su cui pure sembra si abbia intenzione di mettere, finalmente, mano.

Da altre parti si assiste alla preoccupazione che la scuola possa “snaturarsi” e che, rispetto ai suoi compiti istituzionali, possa perdere la prioritaria funzione “formativa”, per assumere un carattere prettamente “assistenziale”.

Sono timori legittimi, espressi anche da una parte di genitori stessi: coloro che fanno parte dell’Associazione italiana genitori (Age) hanno manifestato preoccupazione, nella persona della presidente Rosaria Danna, circa la possibilità che le scuole diventino dei “parcheggi”; mentre il Coordinamento Genitori Democratici ha puntato il dito sulla necessità di chiare “linee guida” su come e chi deve occuparsi degli studenti, onde evitare il rischio di una giungla di scuole aperte gestite da associazioni in convenzione, come già – secondo la presidente Angela Nava Mabretti – avviene in molti casi.

Le esperienze reali di scuole aperte d’estate

Le intenzioni dell’inquilina di Viale Trastevere e le molteplici perplessità espresse da più parti devono, di certo, fare i conti con una realtà già esistente di scuole aperte nel periodo estivo su gran parte del territorio nazionale, sebbene essa sia caratterizzata da una disomogeneità sotto diversi punti di vista. Si tratta di esperienze gestite in piena autonomia dalle scuole stesse, sulla base delle opportunità finanziarie disponibili e tenendo conto di diverse tipologie di richieste sociali.

In linea di massima, le istituzioni scolastiche si avvalgono di fondi messi a disposizione dagli Enti Locali, grazie ai quali possono stipulare prevalentemente accordi e convenzioni con realtà associative del terzo settore operanti sul proprio territorio. Non di rado sono i Comuni, risorse economiche permettendo, a finanziare progettualità – se non addirittura ad organizzare in proprio specifiche iniziative – da realizzare nelle scuole tra giugno e luglio.

Anche le stesse Regioni possono destinare all’uopo fondi specifici: è il caso del Programma “Scuola Viva” proposto dalla Regione Campania, a valere sui fondi europei 2014/2020, i cui presupposti progettuali, pur se proiettati prioritariamente ad azioni precise[1], hanno mirato, con precisi vincoli, a far realizzare fino alla fine del mese di luglio i progetti autorizzati e finanziati nel corso del corrente anno scolastico, con possibilità di chiudere tutte le attività previste entro la prima metà di settembre prossimo.

Le risorse e i progetti del Miur per le aree a rischio

Ma non mancano fonti finanziarie ministeriali finalizzate e ad esclusivo appannaggio accessorio del personale scolastico, da utilizzare per lo stesso scopo, come quelle rappresentate dalle misure incentivanti per progetti relativi alle aree a rischio, a forte processo immigratorio e contro l’emarginazione scolastica, relative all’art. 9 del CCNL Scuola 2006/2009 ancora vigente. Non a caso, da diversi anni il Ministero indirizza le scuole a realizzare tali percorsi nel periodo estivo, con la possibilità di protrarli nei primi mesi dell’anno scolastico successivo.

Anche in tal caso la finalità prioritaria non è esplicitamente l’apertura delle scuole d’estate, quanto piuttosto realizzare interventi formativi, significativamente innovativi, che mirino a prevenire e/o ridurre il complesso fenomeno della dispersione scolastica.

E in questa stessa direzione era stato imperniato anche il programma “La Scuola al Centro”, promosso dalla precedente Ministra dell’istruzione Stefania Giannini: «La Scuola è il centro – si legge nel comunicato stampa di presentazione del programma – che si apre agli studenti e alle loro famiglie, per essere abitata dai ragazzi oltre i tempi classici della didattica: il pomeriggio, il sabato, nei tempi di vacanza, in luglio e settembre, è una struttura che si deve aprire al quartiere, accogliendo tutti i cittadini e diventando spazio di comunità».

Scuole aperte d’estate, tra luci ed ombre

Appare evidente che il panorama attuale è molto variegato, prima di tutto in termini di esigenze diverse cui dare risposte adeguate.

Sono numerose, invero, le esperienze di scuole aperte nel periodo estivo, soprattutto nelle realtà di periferia e ad alto rischio sociale, che sono proiettate a sostenere situazioni di precarietà culturale e sociale, e a farsi carico di offrire a bambine/i, ragazze/i, spazi alternativi e particolarmente formativi. Si tratta di esperienze realizzate anche con l’ausilio delle migliori risorse presenti sul territorio, con cui fare rete e grazie alle quali si riesce ad ampliare gli stessi spazi fisici, facendo leva sulla valenza formativa delle cosiddette “aule decentrate” e superando, in una certa misura, anche i limiti strutturali di edifici scolastici poco adeguati ad accogliere attività in periodi di clima estivo.

Sono esperienze progettate e gestite dalle scuole in forza delle diverse tipologie di finanziamenti su descritti, che dovrebbero trovare prosecuzione anche in specifiche azioni, ancora non autorizzate, a valere sul PON “Per la Scuola – Competenze e ambienti di apprendimento” 2014/2020, volte alla riduzione del fallimento formativo precoce e della dispersione scolastica e formativa, tramite interventi di sostegno agli studenti caratterizzati da particolari fragilità, tra cui anche persone con disabilità.

C’erano una volta le colonie… e poi i centri estivi

A questo scenario di scuole che sono aperte d’estate (sebbene con tutte le difficoltà del caso per l’inadeguatezza delle strutture), per continuare ad accogliere e supportare chi rischia di disseminare solo briciole e di perdersi nell’intricato bosco di un contesto sociale sfavorevole, fatto anche di resistenze da parte degli stessi genitori, poco propensi ad accettare pure quest’opportunità, fa da contraltare anche la necessità di rispondere all’esigenza dei genitori lavoratori di assicurarsi un luogo in cui tenere i propri figli, salvo i limiti strutturali delle scuole stesse, che non possono essere ignorati o ritenuti irrilevanti.

Un tempo a questa esigenza si rispondeva con possibilità alternative alla scuola: si pensi alle colonie, ai campi estivi e a tutta una serie di modalità organizzative che permettevano ai minori anche di cambiare completamente contesti esperienziali.

Oggi si guarda alla scuola come luogo privilegiato per rispondere a tutte le esigenze possibili, a prescindere da ciò di cui tali esigenze avrebbero realmente bisogno per essere pienamente soddisfatte, sia in termini di risorse, adeguatezza delle strutture, personale ad hoc, etc., sia in relazione alla necessità di garantire in primis contesti adeguati, a salvaguardia del benessere psicofisico di bambine/i, ragazze/i.

Tra scuola ed extra-scuola: un filo da riannodare

Quando si parla di scuole aperte d’estate, restano sullo sfondo luci (poche) e ombre (molte), soprattutto in riferimento alla salvaguardia dell’identità di una Scuola in ogni sua forma organizzativa.

La ministra Fedeli ha affermato che «Non ci si può confondere parlando di scuola aperta d’estate, e chi lo fa conosce molto poco la scuola italiana. Non c’è solo l’anno scolastico, ci possono essere attività con associazioni o altri soggetti ma tutto questo non c’entra con la docenza. Quindi non ci saranno docenti in estate»: in un’ottica di comunità educante allargata al territorio potrebbe avere anche un senso, ma è necessario da un lato costruirne i reali presupposti, dall’altro non dare così per scontato che “la docenza” non ne possa essere coinvolta, se vista nella sua più ampia accezione di “mediazione”.

Il dibattito è ormai avviato, e cosa possano fare realmente le scuole d’estate dipende da una serie di innumerevoli variabili, tutte da ponderare con obiettività e serio investimento di risorse, mettendo da parte proclami e slogan.

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[1] V. D.D. n. 229 del 29/6/2016, pubblicato sul BURC n. 43 del 29/6/2016, con cui è stato approvato l’Avviso pubblico Programma “Scuola Viva”, da realizzare con il contributo del PO Campania FSE 2014-2020 – Obiettivo tematico 10 – Priorità d’investimento 10i – Obiettivo specifico 12 – Azione 10.1.1 “Interventi di sostegno agli studenti caratterizzati da particolari fragilità, tra cui anche persone con disabilità: azioni di tutoring e mentoring, attività di sostegno didattico e counselling, attività integrative, incluse quelle sportive, in orario extra scolastico, azioni rivolte alle famiglie di appartenenza” – Azione 10.1.5 “Stage (anche transnazionali), laboratori, metodologie di alternanza scuola lavoro per migliorare le transizioni istruzione/formazione/lavoro”. Azione 10.1.6 “Azioni di orientamento, di continuità e di sostegno alle scelte dei percorsi formativi”.