Il “senso” degli esami di Stato
È tempo di esami per i nostri alunni, e giornali e siti web rivolgono in questi giorni la loro attenzione essenzialmente allo svolgimento delle prove che riguardano gli studenti della secondaria di secondo grado. Gli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione restano infatti generalmente nell’ombra, relegati ad un ruolo di relativa importanza, quasi del tutto oscurato dal mito della “maturità”. Eppure si tratta di un appuntamento importante, il primo vero esame affrontato dagli studenti dopo l’abrogazione, con il D.L.vo. 59/2004, di quelli di licenza elementare. Soprattutto non può essere sottovalutato che l’aspetto fondamentale di questo esame, come ben evidenziato dal D.M. 26/8/1981, è senz’altro la sua caratterizzazione educativa, rappresentando la possibilità, offerta all’alunno, di dare prova della propria capacità di rielaborazione e di riorganizzazione delle conoscenze acquisite, anche in vista delle scelte successive. Si tratta, in sostanza, di una sorta di bilancio sia dell’attività svolta dall’alunno, sia dell’azione educativa e culturale compiuta dalla scuola, oggi quanto mai cogente in rapporto alle procedure di autovalutazione e di valutazione ormai consolidate nel nostro sistema scolastico.
Una prova ora pluridisciplinare
I richiamati criteri orientativi per gli esami di licenza media, finalizzati proprio a sottolinearne il valore formativo, di orientamento, di conoscenza di sé, di valorizzazione delle capacità, risultano particolarmente evidenti nelle indicazioni ministeriali che hanno riguardato nel tempo il colloquio pluridisciplinare. Ci sembra di poter dire, infatti, che si tratti di linee guida che hanno mantenuto nel corso degli anni la medesima impostazione, pur a fronte di quadri ordinamentali mutati, mirata in particolare a scongiurare il rischio di trasformare il detto colloquio in “interrogatori” separati sulle diverse materie, così come in un insieme di conversazioni indipendenti tra di loro, tali da far risultare la prova d’esame come un controllo dissociato dei soli contenuti acquisiti attraverso le discipline.
In verità non sempre, nelle prassi d’esame, si è effettivamente evitato che il colloquio si risolvesse in un repertorio di domande e risposte su ciascuna disciplina, né che si consentisse agli studenti di illustrare pseudo-mappe concettuali elaborate con lo scopo nemmeno tanto recondito di pre-fornire alla commissione gli argomenti del colloquio, magari attraverso collegamenti del tutto forzosi tra le discipline, e che nulla o poco hanno a che fare con la possibilità di valutare anche il livello di padronanza di competenze trasversali, come la capacità di esposizione e di argomentazione, di risoluzione dei problemi, di pensiero riflesso e critico, di valutazione personale.
Un colloquio a misura di profilo
Sarà probabilmente necessario che il Miur, nel previsto decreto che dovrà dettagliare le modalità di articolazione e di svolgimento delle prove d’esame, ritorni in maniera ancora più decisa ed incisiva su tali aspetti, anche alla luce di quanto indicato nel D.L.vo 13 aprile 2017, n. 62, con il quale, com’è noto, si è data attuazione ad una delle otto deleghe contenute nella L. 107/2015. L’articolo 8 del detto decreto, infatti, indica esplicitamente come il colloquio pluridisciplinare debba essere finalizzato ad un accertamento coerente con quel Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione che le Indicazioni per il curricolo 2012 fissano come prescrittive, oltre che come riferimenti ineludibili per gli insegnanti, bandendo in via definitiva ogni possibile virata verso apprendimenti fini a se stessi o “inconsistenti esercizi verbosi”.
Le prove Invalsi nell’esame
Ma il citato decreto attuativo contiene anche alcune importanti innovazioni, che troveranno applicazione dal prossimo anno scolastico. Tra tutte, forse, quella di maggiore impatto riguarda l’espunzione delle prove Invalsi, i cui risultati non influiranno più sul voto finale, ma la cui partecipazione resta comunque obbligatoria, rappresentando requisito di ammissione agli esami, ed il cui svolgimento è previsto entro il mese di aprile. Inoltre alle prove di italiano e matematica si aggiunge la prova di inglese, i cui livelli di apprendimento verranno accertati attraverso prove di posizionamento su abilità di comprensione e uso della lingua.
Salutata da insegnanti e studenti come una misura quasi salvifica, se non altro per il merito di ridurre lo stato d’ansia che molte delle leggende correlate a questa tipologia di prova hanno contribuito ad alimentare, tale innovazione ha il merito di “incrociare” con maggiore determinazione la responsabile autonomia delle istituzioni scolastiche, ma anche di rinforzare la ratio profonda delle prove stesse, che costituiscono infatti essenziali elementi per la valutazione di sistema, più che per la valutazione degli apprendimenti tout court. Tuttavia non può non rilevarsi, di contro, il rischio di un eventuale rafforzamento di tentazioni autoreferenziali, anche tenendo conto della nuova composizione delle commissioni esaminatrici, il cui presidente non sarà più un soggetto esterno, ma lo stesso dirigente scolastico.
Funzione formativa e funzione certificativa
Un’altra innovazione particolarmente significativa è contenuta nel c. 13 dell’art. 11, che costituisce un’inversione di rotta rispetto alle disposizioni contenute nel D.M. n. 5669/2011. A differenza di quanto previsto da quest’ultimo, infatti, gli alunni per i quali sia stata diagnosticata una particolare gravità del disturbo di apprendimento, e che siano esonerati dall’insegnamento delle lingue straniere, seguendo un percorso didattico personalizzato, sosteranno prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, con valore equivalente ai fini del conseguimento del diploma.
Al di là delle ulteriori novità del decreto attuativo, ciò che comunque dovrà ancora una volta prevalere è la capacità della scuola di coniugare il valore formativo della valutazione con la sua ineludibile funzione certificativa, riuscendo in più a desumerne elementi conoscitivi fondanti per le proprie doverose iniziative per il miglioramento dell’offerta formativa.