Don Milani, un educatore ancora scomodo oggi

Le passioni forti per l’educazione

Don Milani scuote ancora le nostre coscienze, perché si ribella alla scuola che presuppone discriminazione sociale, che disattende al dettato costituzionale della rimozione degli ostacoli al diritto di istruzione.

Il suo è stato un impegno strenuo a portare gli ultimi a un livello alto. Questa istanza continua ad appartenerci, e a metterci in crisi di fronte ai ragazzi problematici, e non solo a quelli discriminati. Spesso ci sentiamo impotenti nella complessità dell’emergenza educativa che affrontiamo ogni giorno, nella scuola di oggi di ogni ordine e grado.

Per la mia generazione Don Milani ha segnato sicuramente uno spartiacque tra la scuola che abbiamo frequentato da studenti e quella in cui abbiamo creduto, scegliendo la professione di docenti.

Vangelo e Costituzione

Don Milani è stato una personalità ricca e propositiva, che ha avuto come primo obiettivo quello di individuare la vera funzione della scuola come luogo della ricerca di una verità capace di scalzare preconcetti, luoghi comuni, convenzioni, alibi ideologici, che di fatto hanno mortificato il processo di costruzione di una scuola e di una società democratiche.

Vangelo e Costituzione l’hanno portato ad individuare l’urgenza dell’istruzione, nella padronanza della parola, come un diritto da acquisire con fatica. Si è posto come autorità severa per comunicare ai ragazzi una dedizione al suo obiettivo: uscire dall’emarginazione per raggiungere la libertà del pensiero critico. Lo fa in modo “autoritario”, ma con l’autorevolezza di chi conosce lo sforzo e l’impegno della conquista: “saper usare la parola distingue chi comanda da chi è destinato ad obbedire”.

È la lingua che ci fa uguali…

Don Milani parte dalla lingua madre con un approccio comunicativo sociale, collaborativo e curioso, dalla lingua dell’agire quotidiano, dalla lingua del lavoro, indispensabile per l’apprendimento della lingua della comunicazione autentica.

Il fatto che reclami una funzione sociale della lingua è perché parte dalla pragmatica della comunicazione, sostanziale presupposto della costruzione del pensiero. Se non si intercetta questo potenziale comune, e non gli si dà lo spessore attraverso la disciplina del codice linguistico, si rischia di enfatizzare e di cristallizzare questo potenziale, senza innestare la marcia del passo successivo, che è appunto quella dell’apprendimento strutturato e sistemico della lingua.

L’educazione alla cittadinanza attiva

Il processo di insegnamento-apprendimento vede di volta in volta il giovane come soggetto attivo, come interlocutore attento e curioso del fenomeno che sta indagando, mai solo, ma sempre in interazione, in collaborazione, in aiuto reciproco con altri interlocutori, adulti, educatori, giornalisti, uomini di cultura, artisti, professionisti, tutti coloro che hanno qualcosa di vero da dirti, compagni di scuola, in un approccio dinamico mai concluso. Questo è ciò che per noi oggi è l’educazione permanente, un apprendimento sociale, che realizza la cittadinanza attiva attraverso un sapere costruito in maniera responsabile e collettiva.

Per questo Don Milani boccia chi ideologicamente imposta una scuola progressista fondata sui diritti acquisiti e non su una doverosa pratica di apprendimento. “Padroni nell’edificio della lingua” per entrare nel linguaggio ed esserne responsabili. L’uguaglianza, che è suo obiettivo, si basa proprio sulla complessità di dare occasioni diverse di incontro, di scambio e di apprendimento a bisogni e potenzialità diversi.

Il tempo della ricerca e della riflessione

La grande novità di Don Milani, che permane anche come sfida per la scuola del terzo millennio, si gioca sul criterio base del tempo. È il tempo dell’attesa di una domanda, di una ricerca, di un dialogo, della correzione degli elaborati, fino ad arrivare all’efficacia comunicativa e non alla risposta immediata. Per costruire il sapere la scuola diventa un laboratorio, dove si sperimenta la ricerca delle informazioni, oggi facilitata dalle nuove tecnologie informatiche, dove la memoria di un lavoro collettivo rimane, e su cui si può sempre intervenire.

Per realizzare questa scuola è uscito dagli schemi istituzionali della scuola pubblica, con i limiti di allora, e ha fondato la scuola popolare di S. Donato e poi Barbiana. Sono luoghi emblematici, luoghi significativi e autentici della crescita democratica, dell’esperire, dell’incontrare testimoni ed esperienze culturali alte e molteplici, con il rigore e l’obbedienza alla parola, limata come uno scultore toglie la materia in eccesso per arrivare all’essenza e al cuore della forma. Questo era il metodo del testo collettivo impresa comune, laboratorio didattico in cui ognuno faceva la propria parte.

Le tante “Barbiana” di oggi

L’esperienza di Barbiana oggi è riscontrabile in tante realtà di periferia, di conflitto, di confine, di nuovi disagi che incontrano i vecchi disagi irrisolti; rimangono sempre esperienze eroiche, perché basate sull’urgenza e non su una volontà democratica di cambiamento, non su una riflessione matura sulla scuola o su un processo di cambiamento.

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È in corso di pubblicazione il volume di Luciano Rondanini “Don Lorenzo Milani. La lezione continua” edito dalla Tecnodid.