Dirigenza pubblica, dirigenza scolastica
Il tema della valutazione dei dipendenti pubblici, e dei dirigenti in particolare, ritorna ciclicamente d’attualità ogni volta che si avverte la necessità di ridurre i costi dell’amministrazione pubblica. La politica di riduzione dei costi si è basata per lungo tempo (e si basa tuttora) sulla riduzione del numero di addetti, e dunque anche dei dirigenti. Per quanto riguarda i dirigenti scolastici, il numero complessivo è stato pressoché dimezzato nel corso degli ultimi 15 anni, passando dai circa 15.000 tra presidi e direttori didattici del 2000, ai 7867 dirigenti scolastici della pianta organica 2017-2018. Questa forte contrazione è stata determinata dalla definizione di nuovi parametri per il riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche, prevista dalla L. 59/1997.
Questi interventi di carattere legislativo hanno determinato un forte impatto sulla stessa fisionomia delle scuole e sul ruolo giocato dai dirigenti scolastici, con inevitabili ripercussioni sul modello stesso di valutazione. Infatti un conto è dirigere una scuola con 300-400 alunni (cosa alquanto frequente prima degli anni 2000), un altro è avere la responsabilità di un’istituzione scolastica che può arrivare ad ospitare anche 2000-2400 studenti, oltre al personale docente e non docente (fino a 300 unità). È ovvio che nel secondo caso gli aspetti gestionali e organizzativi assumono un’importanza fondamentale, a discapito del controllo del servizio svolto, inteso come verifica dei risultati di apprendimento e degli interventi didattici dei docenti. E in effetti i modelli valutativi sperimentati prima da SiVaDiS (Sistema Valutazione Dirigenti Scolastici), e poi avviati dall’attuale Sistema Nazionale di Valutazione – SNV, si muovono prevalentemente in questa direzione.
Cultura del risultato e valutazione
La riduzione dei costi viene perseguita anche attraverso la “cultura del risultato”, sollecitando le amministrazioni ad uscire dalla loro autoreferenzialità per confrontarsi con le esigenze degli utenti e con il mercato. Al centro di questo modello valutativo vengono posti obiettivi, standard e sistemi di valutazione dei risultati, della qualità del servizio erogato, della soddisfazione degli utenti. L’obiettivo dichiarato da queste nuove politiche è quello di migliorare la produttività con le risorse esistenti in modo da ottimizzare i risultati, senza dimenticare la peculiarità dell’organizzazione pubblica rispetto a quella privata. Tutti i tentativi compiuti in questa direzione negli ultimi venti anni, però, hanno prodotto risultati alquanto modesti.
Per quanto riguarda il settore specifico della Dirigenza Scolastica, appaiono con tutta evidenza alcune problematicità insite nel SNV, che il Miur ha introdotto dopo 15 anni dal decreto legislativo 165/2001. Infatti la messa in atto della sperimentazione SiVaDiS nei primi anni del 2000 non si è tradotta nella messa a regime di tale istituto giuridico pur voluto dalla norma.
Ci sono voluti 15 anni perché tale processo prendesse effettivo avvio, anche se, a conclusione del primo anno di avvio, non sono mancati numerosi elementi di criticità che possono essere riassunti come segue.
Gli obiettivi del dirigente
Si riscontra un numero eccessivo di obiettivi assegnati a ciascun dirigente scolastico (obiettivi nazionali, regionali e derivanti dal RAV), con le connesse difficoltà da un lato per il dirigente stesso ad operare per il raggiungimento di tali e tanti obiettivi, dall’altro per i valutatori che devono verificare i risultati conseguiti in riferimento agli obiettivi assegnati. Va peraltro rimarcato che un numero eccessivo di obiettivi da perseguire (e da verificare) rischia di far perdere di vista quelli che invece vanno considerati obiettivi strategici, ossia strettamente legati alla realtà della scuola in cui si opera, e che richiedono un’azione di presidio e di promozione da parte del dirigente scolastico.
Non è un caso che lo stesso Miur abbia emanato sul punto una specifica nota indirizzata ai Direttori regionali (prot. 8941 del 21/07/2017) con la quale rappresenta la necessità di definire un numero limitato di obiettivi regionali (massimo tre), avendo cura di caratterizzarli in modo che siano:
- rilevanti e pertinenti rispetto al contesto territoriale e alle priorità politiche;
- specifici e misurabili in termini concreti e chiari;
- tali da determinare un significativo miglioramento della qualità del servizio scolastico;
- commisurati ai valori di riferimento derivanti da standard definiti a livello nazionale, o confrontabili con dati e tendenze in possesso dell’Amministrazione;
- possibilmente orientati sugli esiti scolastici.
L’azione dirigenziale e la documentazione valutativa
Appare eccessivo il numero dei documenti (cd. Portfolio) che il dirigente deve “caricare” sulla piattaforma appositamente istituita dal Miur per il SNV, con il rischio conseguente, sia per il dirigente sia per i valutatori, che tutto l’iter valutativo divenga una mera valutazione di documenti. Anche in questo caso va sottolineato il reale pericolo che l’intera procedura valutativa si risolva in un mero rituale di adempimento, dimenticando che ciò che caratterizza le organizzazioni come la scuola – il cui prodotto non è immediatamente misurabile – è il fatto di lavorare su relazioni e tramite relazioni, e il dirigente scolastico è al centro di questa rete di relazioni.
Il “prodotto” della scuola si realizza in un circuito relazionale continuo, in cui ciascuna azione è in qualche modo una risposta ad un’altra azione e viceversa. L’analisi dei documenti – per quanto imprescindibile e necessaria – restituisce una visione sfocata del ruolo che il dirigente è chiamato a giocare all’interno di tale rete relazionale.
Peraltro non è detto che documenti ben congegnati ed elaborati (come ad esempio un buon PTOF) diano effettivamente conto dell’azione del dirigente scolastico, in quanto tali documenti sono il più delle volte frutto di un’azione corale o di gruppo all’interno della scuola, e non sono prodotti del lavoro individuale del dirigente.
L’effetto alone
D’altro canto anche i Nuclei di Valutazione (NdV), davanti a documenti ben congegnati nella loro struttura e nei tratti comunicativi, potrebbero essere indotti a elaborare un’immagine molto positiva del dirigente (una sorta di “effetto alone”), al di là delle effettive risposte professionali e organizzative che egli mette in campo. Sotto questo profilo è interessante sottolineare che il sistema di valutazione ideato ad oggi per i dirigenti scolastici sia molto diverso da quello previsto per le singole istituzioni scolastiche e affidato ai cosiddetti NEV (Nuclei Esterni di Valutazione). In questo caso, infatti, il nucleo di valutazione analizza sì la documentazione della scuola, ma dedica tre giorni consecutivi di visita alla scuola stessa, nel corso dei quali compie osservazioni, effettua interviste, organizza focus group con interlocutori scolastici diversi, e solo alla fine di tale full immersion elabora la propria valutazione sulla scuola. Nel caso dei dirigenti scolastici si è scelta una strada più “economica” ma meno incisiva sul piano della focalizzazione del ruolo, e tendenzialmente esposta a rischi adempistici e burocratici.
I criteri di valutazione
Potrebbero verificarsi disparità di metodi di valutazione a seconda della regione in cui il dirigente è in servizio e, nella stessa regione, a seconda della composizione del nucleo, malgrado le iniziative formative che INVALSI ha messo in atto per dare un’unitarietà al sistema.
Su questo punto va detto che una qualche diversità di valutazione tra i diversi nuclei è fisiologicamente prevedibile; nel caso di specie va comunque tenuto presente che i componenti il nucleo di valutazione (ad eccezione degli ispettori con funzioni di coordinatori del nucleo) non fanno di mestiere i valutatori dei dirigenti, e dunque le possibilità di differenze anche significative tra le valutazioni espresse dai vari nuclei sono molto elevate.
È pur vero che i dirigenti scolastici valutatori hanno già una qualche esperienza di valutazione del personale docente e non docente: tocca infatti a loro predisporre la relazione finale e gli altri adempimenti necessari per certificare (valutare) il superamento del periodo di prova di tale personale; ma è fuori di dubbio che in questo caso ci troviamo di fronte a problematiche valutative diverse, che afferiscono alla valutazione della figura apicale della scuola.
È opportuno inoltre considerare che l’intera architettura, per la sua complessità e per la mole di lavoro che richiede, presuppone non solo tempi adeguati (allo stato difficilmente immaginabili), ma anche competenze sul piano della pratica valutativa che non sembrano così ampiamente diffuse. E d’altro canto le stesse attività formative predisposte dall’INVALSI e rivolte ai nuclei di valutazione non sembrano aver conseguito fino in fondo l’obiettivo di evitare disparità tra un nucleo e l’altro.
Chi valuta i valutatori?
I dirigenti scolastici in servizio che compongono i nuclei di valutazione valutano dei loro stessi colleghi, indipendentemente dall’esperienza e dall’anzianità di servizio. Ciò comporta alcune distorsioni del sistema, tra le altre il fatto che i dirigenti valutatori a loro volta devono essere valutati (da un nucleo diverso da quello di appartenenza), ed in questo senso potrebbero essere considerati in una posizione di privilegio, poiché conoscono gli iter e le modalità di funzionamento dei nuclei di valutazione.
Vanno poi considerate alcune situazioni limite oltremodo imbarazzanti: potrebbe accadere che un dirigente valutatore ottenga una valutazione non del tutto lusinghiera dal nucleo di competenza, con ripercussioni inevitabili sulla percezione dei dirigenti a loro volta valutati da tale ipotetico dirigente. Non è un caso che in qualche regione, per evitare tale spiacevole situazione, si è preferito scegliere dirigenti valutatori provenienti da fuori regione.
Occorre poi considerare un ulteriore aspetto: in fondo, come più volte affermato dal prof. Marco Depolo dell’Università di Bologna nel corso dei seminari INVALSI, si è disponibili ad accettare una valutazione anche negativa se tale valutazione proviene da un soggetto che viene percepito come più competente di noi. Nel caso di specie è evidente che il rapporto di colleganza che lega il dirigente valutato e il dirigente valutatore altera questa dinamica, in quanto è plausibile immaginare che il valutato non percepisca come più “potente” sul piano della pratica valutativa il collega valutatore, a meno che non si tratti di persona di “chiara fama” su questo specifico terreno.
Una procedura complessa
Farraginosità del sistema, che impone di tener conto di una quantità di variabili non sempre riconducibili ad un’unitarietà, con la conseguenza di incorrere nel rischio di valutare solo alcuni segmenti dell’attività del dirigente scolastico, senza valutare un risultato unico e complessivo. A questo proposito richiamiamo quanto già detto sopra riguardo al numero eccessivo di documenti da tenere presenti nel processo valutativo così concepito. In questi casi, se non si adotta una strategia fortemente selettiva riguardo lo specifico campo d’azione del dirigente scolastico da valutare, si rischia di naufragare in dettagli marginali, trascurando gli elementi più significativi dell’azione dirigenziale.
Sarebbe stato necessario offrire ai nuclei di valutazione una modalità procedimentale che potesse tenere insieme i vari pezzi del mosaico, senza però trascurare l’elemento più pregnante di tutta la partita valutativa, ossia il comportamento professionale messo in atto dal dirigente per conseguire gli obiettivi che gli sono assegnati.
Chi è responsabile dei risultati di una scuola?
Non può essere infine trascurato un ulteriore aspetto che è comune a gran parte della dirigenza pubblica: il dirigente è chiamato a rispondere di risultati (ad esempio, nella scuola, i livelli di apprendimento degli studenti) il cui perseguimento è di competenza di altri soggetti (i docenti), peraltro non scelti dal dirigente ma assegnati alla scuola sulla base di vari meccanismi selettivi (concorsi, graduatorie, trasferimenti ecc.). In sostanza il dirigente scolastico, pur godendo di ampi spazi operativi di autonomia, si trova a gestire una macchina organizzativa di cui non ha il pieno controllo, e di cui non può disporre fino in fondo.
Emblematica è – sotto questo profilo – la vicenda del dirigente scolastico Livio Bearzi, recentemente riportata dalla stampa nazionale (Il Giornale.it, 4/11/2017), che è stato l’unico tra i condannati in via definitiva per il terremoto de L’Aquila a essere finito dietro le sbarre per il crollo del liceo del capoluogo abruzzese avvenuto il 9 aprile del 2009. C’è voluta la grazia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per porre fine al calvario del preside. Il sessantenne friulano, condannato a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici con le accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni personali, era stato accusato di essere stato «negligente e omissivo» con un comportamento di «totale inerzia, a fronte di una situazione di evidente rischio per le condizioni in cui versava la palazzina, in presenza dello stillicidio di scosse». Ora è noto che, a norma di legge (D.Lgs 112/1998), la manutenzione degli edifici scolastici delle scuole superiori è di competenza delle province che ne detengono la proprietà (i comuni sono responsabili delle scuole del primo ciclo), ma il dirigente scolastico, in quanto “datore di lavoro”, risponde della sicurezza di quanti frequentano l’edificio stesso, anche se non può disporre alcuna opera manutentiva se non autorizzata dalla provincia.
Questo esempio dimostra come al dirigente scolastico sono richieste capacità “manageriali” di gestione del personale e degli edifici, ma non può disporre in modo totale né degli uni né degli altri, salvo rispondere di eventuali patologie nella gestione degli stessi. Una situazione, questa, che non ha eguali nel resto degli altri sistemi scolastici. E questo complica ulteriormente la materia della valutazione dei dirigenti.
Tra output e outcome, c’è di mezzo il mare…
Per concludere, il rischio principale di questo sistema di valutazione è che il dirigente scolastico si focalizzi troppo su una serie di adempimenti burocratici, perdendo di vista la sua vera funzione, il suo ruolo strategico di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento, e di organizzazione e utilizzo delle risorse umane.
In sostanza, per utilizzare una terminologia tecnica, il rischio è che tra “output” e “outcome” di questa procedura ci sia uno scollamento, e cioè che gli “output” siano perfetti, redatti a regola d’arte, le procedure rispettate nel dettaglio, ma in realtà gli “outcome”, cioè gli impatti che questo sistema produce, non siano quelli che la policy sulla valutazione si propone, cioè un miglioramento dell’operato del singolo dirigente scolastico nel senso di una miglior risposta alle esigenze che gli utenti del sistema scuola chiedono. Ovviamente questo problema non è solo della dirigenza scolastica.
Per poter rispettare l’“outcome” che il SNV si propone, esso andrebbe modificato, poiché così com’è appare troppo ambizioso in rapporto alle risorse personali, professionali ed economiche disponibili.
Con alcuni accorgimenti potrebbe funzionare in modo più snello, e non vanificare un’operazione che appare comunque fortemente innovativa sul panorama della valutazione dei dirigenti pubblici, in quanto tenta di correlare l’azione professionale dei dirigenti al perseguimento degli obiettivi fissati.
Il contesto “reale” dell’azione dirigenziale
Sarebbe molto più utile andare in loco, cioè presso le scuole, per verificare il loro funzionamento ed il lavoro che il dirigente porta avanti giornalmente. Abbiamo detto prima che dal nostro punto di vista appare molto più incisiva la prospettiva valutativa prevista per la valutazione delle scuole, dove il NEV (Nucleo Esterno di Valutazione) effettua un’attenta osservazione dei meccanismi di funzionamento della scuola nel corso di tre giornate consecutive, e a conclusione di tale operazione consegna il proprio rapporto di valutazione.
Una procedura simile andrebbe adottata anche per la valutazione dei dirigenti scolastici, in quanto la permanenza in loco per un determinato periodo di tempo potrebbe consentire al NdV di acquisire utili elementi per la valutazione del dirigente scolastico e per respirare il “clima” che esiste all’interno di ogni istituzione scolastica, che non può essere reso compiutamente dai documenti prodotti dalla scuola.
Nella storia della scuola italiana non è stato mai condotto un processo così rilevante di valutazione delle prestazioni, e questo non trova riscontro nemmeno nelle altre pubbliche amministrazioni. Proprio per questo l’intera operazione meriterebbe una più incisiva azione di coordinamento e di omogeneità sul territorio nazionale.