Dal Rapporto Censis del 2017 emerge una presenza crescente di alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento (di seguito DSA) nella scuola statale. Eccesso di medicalizzazione, disinformazione o doverosa attenzione pedagogica specifica a bisogni educativi speciali?
In questo breve articolo rifletteremo sulle possibili cause di questo fenomeno.
Chi sono gli allievi con DSA?
Come è ben noto, con la sigla DSA ci si riferisce ad una precisa categoria diagnostica di disturbi evolutivi, neurobiologici, geneticamente determinati, relativi all’apprendimento della lettura e/o della scrittura e/o grafia e/o del calcolo.
Sulla base del tipo di deficit funzionale, vengono distinte le seguenti condizioni cliniche:
- dislessia o disturbo specifico della lettura;
- disortografia o disturbo specifico della scrittura;
- disgrafia o disturbo specifico della grafia;
- discalculia o disturbo specifico delle abilità di numero e di calcolo.
I DSA sono innati, persistenti e resistenti, a differenza delle difficoltà di apprendimento che indicano invece la presenza di qualsiasi altra difficoltà riscontrata dallo studente durante la sua carriera scolastica.
Essi rientrano nei cosiddetti Bisogni Educatici Speciali, in particolare nella seconda macro-area prevista dalla D.M. del 27.12.2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.
Rapporto Censis 2017 e DSA: dati utili per la riflessione
In seguito ad un’analisi diacronica, il Rapporto Censis 2017 ha rilevato un progressivo incremento di studenti con DSA nella scuola, che nell’a.s. 2014-2015 nel ciclo dell’istruzione secondaria di II grado ammontavano a quasi 68.000, cresciuti nella misura del 180,9% rispetto all’a.s. 2011-2012, pari a 2,5 alunni ogni 100.
Da notare che il dato rilevato nel Rapporto si riferisce soltanto alla scuola secondaria di II grado, senza considerare i DSA certificati nel I ciclo.
Inoltre “da una ricerca realizzata dal Censis con il contributo di 40 università, sulla base dei dati raccolti nel 65% degli atenei italiani, nell’a.a. 2014-2015 è stata rilevata una crescente presenza di studenti con DSA relativamente all’arco di tre anni, con un incremento del 108,3%. Tra gli studenti con DSA i miglioramenti auspicati si concentrano soprattutto sulla dimensione relazionale-didattica: maggiore disponibilità dei docenti verso bisogni speciali degli studenti (48,7%), maggiore accesso al materiale didattico (37,4%), maggiore disponibilità di ausili tecnologici (36,5%)”.
Quale potrebbe essere la motivazione dell’aumento di certificazioni diagnostiche?
Di certo non si tratta di un’epidemia; gli alunni con DSA sono sempre esistiti e venivano etichettati come caratteriali, pigri, svogliati, disattenti, e la presa in carico pedagogica era affidata spesso ad una strategia “fai da te”.
Con la L. 170/2010 viene sancita la piena tutela giuridica per il diritto all’istruzione degli alunni con DSA, promuovendo il loro successo scolastico anche attraverso misure didattiche di supporto, con l’ulteriore obiettivo di ridurre i relativi disagi relazionali ed emotivi. Al contempo si è voluto assicurare la necessaria formazione dei docenti, favorire la diagnosi precoce da parte dei servizi sanitari, e incrementare la collaborazione tra scuola, famiglia e servizi stessi.
Una maggiore consapevolezza del problema, seguita alla promulgazione della legge 170/2010, sicuramente può essere, dunque, una motivazione a supporto dell’aumento delle certificazioni diagnostiche degli alunni con DSA.
Non parlerei di eccesso di medicalizzazione né di epidemia, anche perché il dato più prudente stima una presenza del 3,5%, mentre dal Rapporto Censis, come abbiamo visto, ci attestiamo intorno al 2,5%. Ci sarebbero quindi a scuola circa centomila studenti che non usufruiscono ancora dell’adeguata attenzione pedagogica.
Se di “epidemia” dobbiamo parlare, forse dobbiamo riferirci al massiccio invio ai servizi specialistici per approfondimenti diagnostici richiesti dalle famiglie, il più delle volte su indicazione della scuola.
I servizi pubblici spesso non riescono a soddisfare l’ingente carico di richieste e, quindi, i genitori che ne hanno la possibilità si rivolgono ai servizi privati.
Il fenomeno comporta dunque anche dei costi sociali significativi, talvolta inutili trattandosi di “falsi positivi”, cioè di bambini che, se destinatari di un trattamento pedagogico competente, possono realizzare il proprio potenziale apprenditivo.
Cosa fare per ridurre il rischio di “falsi positivi”
Sicuramente una formazione appropriata aiuta a non patologizzare in maniera accanita ciò che può essere, invece, oggetto di un efficace intervento educativo, evitando i cosiddetti “falsi positivi”.
Sono pertanto necessari percorsi di formazione rivolti ai docenti, basati sul modello della ricerca-azione con studio di casi, e che sollecitino l’approfondimento delle abilità cognitive implicate nell’apprendimento, nonché le relative modalità di stimolazione.
Una formazione appropriata che ponga l’accento sulla pedagogia dell’errore, in grado di fornire strumenti funzionali all’analisi di quest’ultimo, alla comprensione delle relative motivazioni, e sia attenta alle strategie di relazione di aiuto, nella convinzione che il miglior aiuto che si possa fornire ad un alunno con DSA è allearsi con lui nel fronteggiare e superare gli errori.
Parallelamente si rendono necessarie la corretta informazione dei genitori mediante percorsi specifici e l’attivazione di sportelli d’ascolto dedicati, nonché attività di prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia, finestra cronologica privilegiata per l’osservazione e l’intervento pedagogico.
Progetto formativo e-learning “Dislessia amica”: un’opportunità per i docenti…
Una preziosa opportunità di sviluppo professionale dei docenti in tal senso è costituita dalla quarta Edizione del Progetto formativo e-learning “Dislessia amica”, promosso dall’Associazione Italiana Dislessia in collaborazione con Fondazione TIM e di intesa con il Miur.
Il percorso formativo, gratuito e rivolto ai docenti delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, di istituti scolastici statali e paritari, mira ad ampliare le competenze necessarie ad implementare una didattica realmente inclusiva. La partecipazione avviene mediante iscrizione dell’istituzione scolastica, ivi comprese quelle che hanno già partecipato ai turni precedenti, entro il giorno 8 gennaio 2018 alle 23.59, mentre la formazione prenderà il via il 10 gennaio 2018 e si concluderà il 31 marzo 2018.
Tale percorso formativo, nonostante i limiti tipici di un corso completamente on line e la non ancora indispensabile apertura ai docenti di scuola dell’infanzia, costituisce sicuramente una valida occasione di approfondimento e studio di efficaci contributi psicopedagogici specifici.
La strada maestra è la didattica inclusiva
Una buona didattica che conosca, riconosca e valorizzi le differenze, può fare la differenza nel futuro di uno studente con DSA; una didattica inclusiva, in altre parole, che richiede necessariamente una formazione specifica, affinché si possa rispondere doverosamente alla seguente richiesta di ciascuno studente portatore di un bisogno educativo speciale: “Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo”.