Stati generali alternanza: si riparte dall’ascolto
Gli Stati Generali dell’Alternanza Scuola-Lavoro si sono svolti sabato 16 dicembre u.s. a Roma, nel bel mezzo di una rinata mobilitazione studentesca contro le troppe esperienze dequalificate messe in atto dopo che la legge 107/2015 l’ha resa obbligatoria.
Già nella scelta dei panel della Conferenza, la Ministra Fedeli ha confermato la disponibilità all’ascolto e al dialogo sociale, un vero e proprio tratto distintivo della sua conduzione a Viale Trastevere. Al centro dell’attenzione non più i campioni dell’alternanza (le poche grandi imprese con cui il Miur aveva stretto convenzioni), ma i soggetti della rappresentanza sociale. Innanzi tutto gli studenti, a cui va subito la parola dopo una breve introduzione della Ministra: parlano non solo i rappresentati del Forum e delle Consulte Provinciali, ma anche le organizzazioni più critiche che, nel frattempo, manifestano davanti al Ministero.
Altra novità la presenza dei leader sindacali confederali, tenuti ai margini in tutta la prima fase attuativa nonostante le migliori esperienze di rapporto scuola-lavoro siano state spesso originate da accordi sindacali.
Le aperture della Ministra
Cosa offre la Ministra per ricreare un clima di consenso sufficiente a proseguire nella difficile attuazione di una innovazione così sfidante?
Innanzi tutto accoglie la proposta delle organizzazioni studentesche: il bottone rosso, un canale diretto e immediato con il quale segnalare con un semplice “clic” i casi cattiva alternanza al Miur, precisando se prima ci si è rivolti anche alla scuola (responsabile scolastico del progetto o dirigente scolastico). Task force di insegnanti e funzionari ministeriali a livello regionale e centrale assicureranno una risposta entro 7 giorni se la cosa si chiude localmente, o entro 12 giorni se devono entrare in gioco gli uffici centrali del Ministero. A Viale Trastevere più di un dirigente ha storto la bocca, ma gli studenti ne hanno fatto un punto dirimente e l’hanno ottenuto. La piena responsabilità della scuola su tutte le fasi delle esperienze di alternanza è stata più volte ribadita nel corso degli Stati Generali. Nessuno, peraltro, chiede di cambiare l’attuale assetto normativo su questo punto: l’alternanza deve rimanere una metodologia didattica. Di qui il ragionamento piuttosto stringente degli studenti: se le cose non vanno, i primi a cui rivolgersi sono le scuole e l’amministrazione scolastica.
Fin qui le misure contro l’emergenza “mala alternanza”. Ma quali sono gli interventi strutturali per rimediare ai guasti della prima attuazione?
La Ministra ha usato il termine “rilancio”, un’espressione che, utilizzata a soli due anni dall’avvio, di per sé riconosce gli errori della fase attuativa, priva di un piano operativo per un inizio graduale e progressivo, e carente nel coinvolgimento attivo delle parti sociali.
Le direzioni lungo cui si muove questa ripartenza sono: rafforzamento delle garanzie dei diritti degli studenti (Carta dei diritti degli studenti), sviluppo di un sistema territoriale stabile di raccordo (tutor Anpal, nuova piattaforma), monitoraggio e coinvolgimento delle parti sociali (Osservatorio Nazionale Alternanza), maggiore sostegno alle scuole (potenziamento della formazione in servizio, ridefinizione della Guida Operativa).
La Carta dei diritti e dei doveri degli studenti
Dopo un’attesa estenuante, fatta di continui rinvii e rimpalli tra Ministeri, è finalmente vigente la “Carta dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza”. Lo Statuto offre agli studenti un quadro chiaro su cosa sono le esperienze di alternanza cui hanno diritto. Si afferma che le esperienze di alternanza sono “parte integrante e coerente del percorso di studi”, non qualcosa di aggiuntivo al curricolo ordinario, o peggio una materia aggiuntiva. E ancora “sono progettate, attuate, verificate e valutate sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica”. Ci sono poi il diritto dello studente a valutare l’esperienza in itinere e alla sua conclusione, e le garanzie sulle informazioni alle famiglie e agli studenti, sulla durata delle attività giornaliere, su salute e sicurezza e sul rapporto numerico tutor esterni/studenti. Importante anche il diritto alla certificazione delle competenze acquisite sulla base del D.lgs. 13/2013 per garantirne la loro piena spendibilità anche fuori dalla scuola.
Un passo avanti indubbiamente, anche se le organizzazioni studentesche evidenziano lacune, come in merito alla garanzia della piena gratuità dei percorsi, al mancato coinvolgimento degli studenti nella progettazione dei percorsi, e alla idoneità educativa delle strutture ospitanti.
Quest’ultimo punto, in effetti, continua ad essere il principale nodo irrisolto della questione.
Far crescere la capacità formativa delle strutture ospitanti
Una volta ribadito e messo nero su bianco, con la Carta dei diritti, che l’alternanza non è uno strumento per l’inserimento nel mercato del lavoro, rimane la difficoltà a trovare imprese e, più in generale, strutture ospitanti disponibili e dotate dei requisiti essenziali per garantire percorsi co-progettati di apprendimento significativi.
La nuova piattaforma allestita all’interno del sito del Miur (www.alternanza.miur.gov.it) permette alle scuole di entrare in relazione con le strutture ospitanti disponibili ma, come già il Registro delle imprese tenuto in collaborazione con Unioncamere, non garantisce sulla loro capacità formativa. Occorre allora innanzi tutto non dare segnali sbagliati alle imprese: i meccanismi di decontribuzione contenuti nella legge di stabilità le incentivano ad assumere gli studenti che hanno ospitato in alternanza, orientandole a utilizzare l’alternanza come uno strumento di inserimento nel mercato del lavoro, e non come un percorso educativo finalizzato all’acquisizione di competenze del profilo educativo dello studente.
Il sostegno alle imprese deve essere, invece, finalizzato a promuovere la crescita della loro capacità formativa, fino ad arrivare anche nel nostro Paese a una certificazione delle imprese dotate dei requisiti per ospitare studenti in alternanza. In primo luogo occorre un piano di formazione e valorizzazione dei tutor esterni, soggetto cruciale per la qualità delle esperienze di alternanza. Di questo si dovrà occupare l’Osservatorio, con la partecipazione delle parti sociali, che la Ministra si è impegnata a insediare al più presto. In questa sede dovrà anche essere individuato il miglior utilizzo dei tutor territoriali Anpal (200 da gennaio e 1000 a regime), perché contribuiscano allo sviluppo di sistemi locali stabili dell’alternanza, come avviene negli altri paesi europei.
Ricerca-azione e progettazione per ripensare il curricolo
Occorre in primo luogo sostenere le scuole che hanno dovuto fronteggiare senza preparazione e gradualità il passaggio dal 9% al 100% degli studenti da coinvolgere e frequentanti l’ultimo triennio.
Positivo risulta il sostegno per la formazione alla sicurezza predisposto dall’Inail e ancor meglio, se sostanziato dai fatti, il rafforzamento della formazione specifica per gli insegnanti.
Le nuove Linee guida devono chiarire che l’alternanza non è l’adozione di pacchetti pre-confezionati offerti da soggetti esterni, e tantomeno un adempimento formale da assolvere assegnando gli studenti a qualsiasi tipo di struttura ospitante pur di raggiungere il monte ore obbligatorio, ma un’attività co-progettata, composta da un insieme articolato di cui fanno parte a pieno titolo diverse attività (preparazione, rielaborazione, incontri con esperti, visite guidate, ricerche sul campo, …).
Le scuole devono essere aiutate in un percorso di riflessione e di ricerca-azione in cui l’alternanza rappresenta un’opportunità per ripensare il curricolo e rivedere l’organizzazione del lavoro. Ma un simile progetto risulterà impossibile senza il contemporaneo avvio di un corrispondente percorso di valorizzazione del lavoro docente, in cui il rinnovo contrattuale in corso non può non rappresentare un primo significativo passo avanti.