Come affrontare le novità
Con l’avvicinarsi degli esami di Stato 2018, e sulla scorta della pubblicazione, nel gennaio scorso, del Documento di orientamento per la redazione della prova d’italiano nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo, elaborato dalla commissione ministeriale presieduta da Luca Serianni, sembra utile allineare alcune considerazioni in merito alla prova scritta di italiano per l’esame del primo ciclo.
In questo intervento si proporrà un sintetico riepilogo dei principali riferimenti normativi in materia, seguito da alcune considerazioni sulle modalità di costruzione delle tracce d’esame, sulle competenze che potrebbero essere oggetto di valutazione, nonché sulla logica e sulle modalità della valutazione stessa.
Le tracce per lo scritto di italiano
Il D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62, all’art. 8, comma 4, stabilisce che la «prova scritta di italiano o della lingua nella quale si svolge l’insegnamento» è «intesa ad accertare la padronanza della stessa lingua». L’art. 7 del successivo D.M. 3 ottobre 2017, n. 741, approfondisce (o forse circoscrive) le competenze oggetto di accertamento, che sono, oltre alla già menzionata «padronanza della lingua», «la capacità di espressione personale, il corretto ed appropriato uso della lingua e la coerente e organica esposizione del pensiero».
Lo stesso D.M. 741 definisce tre possibili tipologie di tracce:
- testo narrativo o descrittivo coerente con la situazione, l’argomento, lo scopo e il destinatario indicati nella traccia;
- testo argomentativo, che consenta l’esposizione di riflessioni personali, per il quale devono essere fornite indicazioni di svolgimento;
- comprensione e sintesi di un testo letterario, divulgativo, scientifico, anche attraverso richieste di riformulazione.
È importante segnalare anche la possibilità, normata dal D.M. 741 al comma 3 dell’art. 7, di costruire una traccia «strutturata in più parti riferibili alle diverse tipologie»: un’ipotesi di lavoro che apre spazi non indifferenti di autonomia per le istituzioni scolastiche in sede di impostazione delle prove d’esame, prefigurando un approccio libero da rigidità e schematismi nel rapporto delle commissioni con il testo normativo.
Attenzione alle tipologie testuali
È utile richiamare l’attenzione su tre aspetti. In primo luogo occorre evitare confusioni tra i concetti di “tipologia di traccia” e di “tipologia testuale”: nella più diffusa ripartizione (quella funzionale formulata da Egon Werlich[1] e assunta anche nelle Indicazioni nazionali per il curricolo), le tipologie testuali sono cinque: testo narrativo, descrittivo, espositivo, regolativo e argomentativo. Ciò che caratterizza le tipologie testuali è la «funzione di volta in volta dominante nei diversi testi a sua volta associata a una precisa matrice cognitiva»[2]. Il D.M. 741 sceglie di proporre tra le possibili tipologie di traccia la produzione di testi appartenenti a tre delle cinque tipologie testuali: il testo narrativo e quello descrittivo per la tipologia di traccia a, il testo argomentativo per la tipologia di traccia b. La traccia c, invece, prescinde dal riferimento a una specifica tipologia testuale, concentrando piuttosto l’attenzione sulla comprensione e analisi del testo, nonché sulla sua riformulazione, ovvero la produzione di testi da testi, esercizio che peraltro non si esaurisce nel solo riassunto, su cui pure il Documento di orientamento insiste molto: sono riformulazioni, ad esempio, anche la produzione di schemi e mappe, la riscrittura parafrastica di un testo poetico, la riscrittura di un testo mutando il punto di vista o la voce narrante.
Dalle funzioni linguistiche ai testi reali
In secondo luogo, chiarita la distinzione tra “tipologia di traccia” e “tipologia testuale”, occorre prestare attenzione al diverso significato che ricoprono le espressioni “tipologia testuale” e “forme di testo”, entrambe impiegate nelle Indicazioni nazionali laddove si dice che, «al termine della scuola secondaria di primo grado, l’allievo dovrebbe essere in grado di produrre testi di diversa tipologia e forma»[3]. La tipologia è determinata, come si diceva, dalla funzione e dal processo cognitivo sotteso, e si colloca a un livello di maggiore astrazione concettuale rispetto ai testi concretamente dati; quando si parla di testi di diversa forma ci si riferisce invece a classi di testi reali, di cui è possibile fare esperienza concreta: ad esempio una lettera o una pagina di diario, l’articolo di giornale o la relazione, un testo poetico o un racconto. Questi testi reali potranno poi integrare una o più tipologie testuali: un racconto, ad esempio, potrà contenere parti descrittive e parti narrative; un articolo di giornale parti narrative assieme a sezioni espositive o argomentative; e così via.
Questo significa che, nel proporre le tracce per l’esame, si potrà di volta in volta utilmente stabilire quali indicazioni dare agli allievi non solo in merito alla tipologia di testo, ma anche alla forma nella quale tale tipologia andrà concretizzata: in una traccia di tipologia a, per esempio, si potrà chiedere di realizzare un testo narrativo sotto forma di racconto oppure di cronaca giornalistica. Come ben rappresentato negli esempi di traccia proposti nel Documento di orientamento del gruppo di lavoro Serianni, per meglio accompagnare l’allievo a inquadrare la richiesta sarà in ogni caso utile introdurre la traccia con un testo esemplificativo, che serva da spunto alla successiva produzione autonoma.
Terza tipologia di traccia
Da ultimo, e veniamo al terzo punto di attenzione, non si può non richiamare la notevole differenza esistente tra le prime due tipologie di traccia e la tipologia c. Nei primi due casi siamo di fronte a una prova che privilegia gli aspetti di produzione del testo, pur contenendo elementi almeno impliciti di comprensione in quanto, per svolgere correttamente la traccia, occorre analizzarne e comprenderne le indicazioni. La tipologia di traccia c privilegia invece decisamente gli aspetti di comprensione del testo, presentando come solo eventuale («anche attraverso richieste di riformulazione») la successiva produzione di un testo. Il testo da produrre nelle tracce di tipologia c, tuttavia, configurandosi quale testo da testo, rischia di non permettere la messa in campo e quindi la valutazione di alcune competenze. Senza spingerci a paventare il rischio che la tipologia c possa diventare «una sorta di doppione dell’Invalsi»[4], è certamente vero che, in sede di valutazione, questo tipo di traccia potrebbe porre problemi perlomeno diversi da quelli connessi alle tracce di tipo a e b.
Dare senso alla prova per evitare esercizi retorici
Se le prove d’esame vanno intese come tappa di un processo valutativo di lunga durata, a sua volta finalizzato a formare e orientare, occorre adoperarsi per costruire tracce significative, ovvero che non rappresentino per gli allievi un’esperienza fine a se stessa, e in qualche modo anomala rispetto ai percorsi di apprendimento realizzati nel triennio della secondaria di primo grado.
Nella costruzione delle tracce d’esame, i docenti/commissari potrebbero quindi utilmente individuare argomenti, tipi e forme di testo che possano risultare significativi per gli allievi. Se la prova deve avere una connotazione formativa, infatti, è necessario che non si risolva in un puro esercizio retorico in sé concluso, ma possa comprendere orizzonti di senso. Gli allievi dovrebbero potersi confrontare con argomenti, tipi e forme di testo che facciano parte della loro esperienza: fondamentale è quindi l’aggancio con il curricolo d’istituto, e con le specifiche attività didattiche realizzate dalle classi che affrontano l’esame.
E se fosse un compito di realtà?
Sono certamente positive, in questo senso, le indicazioni contenute nel D.M. 741 in merito alla necessità di esplicitare «la situazione, l’argomento, lo scopo e il destinatario» del testo da produrre (così per la tipologia a), o almeno fornire «indicazioni di svolgimento» (tipologia b): si punta quindi a limitare l’artificiosità dell’esercizio, simulando per quanto possibile un processo reale di scrittura. La direzione, pur costretta nei paletti della prova d’esame, è idealmente quella del compito di realtà. Meno calzante appare, in quest’ottica, l’ipotesi della prova di tipologia c: qualora si richieda infatti la «riformulazione» di un testo di partenza, potrebbe risultare limitata la parte di ideazione del testo, con il rischio che l’esercizio risulti poco significativo, fino a poter sconfinare nell’impersonale applicazione di tecniche più o meno adeguatamente apprese.
Una proposta di traccia “mista”
Più convincente appare allora l’ipotesi di combinare assieme elementi tratti dalla tipologia c con altri provenienti dalla tipologia a o b, costruendo quindi tracce “miste” secondo la previsione dell’art. 7, c. 3, del D.M. 741. Si potrebbero articolare le tracce in:
- una prima sezione di tipologia c, costituita da un testo (letterario, giornalistico, divulgativo, tratto da un libro di testo scolastico…) integrato da un numero limitato di domande di comprensione preferibilmente aperte, finalizzate ad accompagnare la comprensione oltre che verificarne l’efficacia, e da una richiesta di riformulazione (riassunto, schema);
- una seconda sezione che riprenderebbe la tipologia a o b, impiegando il testo iniziale come spunto di partenza e modello di riferimento per una produzione scritta più autonoma, nella quale si mettano alla prova competenze ampie di «gestione dei testi: lettura e comprensione, individuazione di gerarchie nelle informazioni contenute, analisi della lingua e del lessico, abilità nel riformulare un testo e nel realizzare una produzione scritta autonoma in relazione a un genere testuale, una situazione, un argomento e uno scopo»[5].
Quali competenze valutare in sede di esame?
La valutazione delle prove d’esame si colloca dentro il quadro più ampio definito dalle Indicazioni nazionali per il curricolo e dal D.Lgs. 62/2017. Quest’ultimo assegna all’esame conclusivo del primo ciclo la finalità di «verificare le conoscenze, le abilità e le competenze acquisite dall’alunna o dall’alunno anche in funzione orientativa», recuperando quel tratto di «caratterizzazione educativa» che era già presente nel D.M. 26 agosto 1981 e restava assente, almeno in forma esplicita, nel D.P.R. 122 del 2009[6].
Il D.M. 741 (art. 7, c. 2) prevede – né poteva essere altrimenti – che le tracce siano «formulate in coerenza con il profilo dello studente e i traguardi di sviluppo delle competenze delle Indicazioni nazionali per il curricolo». In questa sede è utile ricordare il carattere prescrittivo assegnato dalle Indicazioni per il curricolo ai traguardi, che costituiscono i «criteri per la valutazione delle competenze attese»[7].
Nel progettare le tracce per l’esame, quindi, sarà utile porsi alcune domande:
- Tra quelli delineati nelle Indicazioni, quali sono i traguardi di sviluppo delle competenze che possono essere oggetto di verifica nella prova scritta di italiano?
- In che modo la scelta di proporre una tipologia di traccia piuttosto che un’altra muta (anche solo in parte) le competenze oggetto di verifica?
- La possibilità di combinare diverse tipologie testuali all’interno di un’unica prova permetterebbe di ampliare lo spettro dei traguardi verificati e delle competenze valutate: è una facoltà da esercitare?
Un esame in ottica formativa
Se intendiamo la prova d’esame come una tappa significativa del più ampio percorso di apprendimento, anche in sede d’esame alla base dell’azione valutativa deve esserci il definitivo abbandono di ogni retropensiero relativo a un ipotetico ruolo di selezione affidato alla scuola: la valutazione non è opera di classificazione degli allievi (bravo-meno bravo, asino-studioso…), atto para-giudiziario collocato alla fine di un percorso, bensì strumento che «precede, accompagna e segue i percorsi curriculari», con «una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo»[8].
Collocandoci quindi stabilmente nel campo della valutazione formativa e orientativa, occorre senza dubbio tenere presente, in sede d’esame, che le prove non sono preparate e valutate da docenti esterni, bensì da chi ha accompagnato e valutato gli allievi nell’arco di un tempo ampio, di norma l’intero triennio della scuola secondaria di primo grado. Anche per questo non si può considerare e vivere la prova d’esame, cui pure si riconoscerà il rilievo che merita, come un unicum sganciato dall’itinerario formativo già condiviso da docente e allievo. Nella nuova formulazione dell’esame di Stato, peraltro, il peso più contenuto assegnato alle singole prove, nella definizione del voto finale, contribuisce a ricollocare nella giusta prospettiva le prove stesse.
Mettersi al lavoro
In queste settimane nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo si stanno approntando le tracce per gli scritti d’esame, attraverso percorsi di riflessione ed elaborazione più o meno ampi a seconda dei casi. Le innovazioni normative che discendono dal D.Lgs. 62/2017 non potranno certamente essere assorbite nel giro, tutto sommato breve, di questi pochi mesi: l’attenzione primaria deve restare quella di proporre prove d’esame coerenti con il percorso triennale svolto dai candidati, con ciò inevitabilmente ridimensionando alcuni dei tratti innovativi contenuti in particolare nel D.M. 741. L’auspicio è che comunque sia colta l’opportunità per avviare una riflessione di respiro, che sia occasione per una messa a punto delle pratiche di educazione linguistica realizzate e degli stessi curriculi d’istituto. Si tratta, inevitabilmente, di un percorso di medio periodo: una valida ragione per mettersi al lavoro al più presto.
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[1] Egon Werlich, A text grammar of English, Heidelberg, Quelle & Meyer (1a ed. 1976, 2a ed. 1982).
[2] Mario Piotti, Elementi di testualità, in I. Bonomi – A. Masini – S. Morgana – M. Piotti, Elementi di linguistica italiana, Carocci, Roma 2003, p. 165. Per un approfondimento, si vedano anche Cristina Lavinio, Tipi testuali e processi cognitivi, in F. Camponovo – A. Moretti, Didattica ed educazione linguistica, Quaderni del GISCEL, La Nuova Italia, Firenze, 2000, pp. 125-144 e A. Colombo, Tipi e forme testuali nel curricolo di scrittura in Laboratorio di scrittura, a cura di A.R. Guerriero, La Nuova Italia, Firenze 2002, pp. 43-61.
[3] MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del Primo ciclo di istruzione, p. 29.
[4] Linda Cavadini, Riflessioni sul documento di orientamento per la redazione della prova di italiano nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo (https://www.laletteraturaenoi.it/index.php/scuola_e_noi/749-riflessioni-sul-documento-di-orientamento-per-la-redazione-della-prova-di-italiano-nell’esame-di-stato-conclusivo-del-primo-ciclo.html).
[5] MIUR, Documento di orientamento per la redazione della prova d’italiano nell’esame di Stato conclusivo del Primo ciclo, p. 9.
[6] Per una riflessione più ampia sul significato dell’esame al termine del primo ciclo, si veda Maria Antonia Moretti, Un esame ben fatto: indicazioni operative, in G. Cerini – M. Spinosi, Un’ancora per la valutazione. Nuovo quadro normativo e indicazioni operative, Tecnodid, Napoli-Roma 2017, pp. 34-44.
[7] MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del Primo ciclo di istruzione, p. 18. Sul carattere prescrittivo dei traguardi e sulla necessità di ricondurre la valutazione degli allievi agli obiettivi e ai traguardi previsti dalle Indicazioni, si veda Damiano Previtali, La valutazione, in I. Fiorin – M. Castoldi – D. Previtali, Dalle Indicazioni al curricolo scolastico, La Scuola, Brescia 2013, p. 88.
[8] MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del primo ciclo di istruzione, p. 13.