Le linee guida “Serianni”
La circolare Miur del 4 ottobre che disciplina lo svolgimento degli esami di Stato nel secondo ciclo (ai sensi del D.Lgs. 62/2017) è corredata anche dal Documento di lavoro predisposto dal Gruppo nominato con DM 499/2017 e presieduto dal prof. Serianni, che dà indicazioni per la formulazione delle tracce relative alla prima prova scritta. Diamogli uno sguardo per coglierne in estrema sintesi gli aspetti, a giudizio di chi scrive, più significativi.
Il Documento che parla di tipologie di testi è, ovviamente, anch’esso un certo tipo di testo, che in letteratura si definirebbe regolativo. Si tratta di linee guida o “base” per altri testi (le tracce d’esame), che a loro volta inviteranno gli allievi ad elaborarne ulteriori e definitivi. Come gli studenti, anch’io qui sono chiamato a realizzare le stesse azioni: comprendere, analizzare, interpretare, commentare.
Tra primo e secondo ciclo
Lo stesso Gruppo di lavoro ad inizio d’anno aveva prodotto un Documento orientativo per la predisposizione delle tracce della prima prova per il primo ciclo. Ad uno sguardo comparativo si può ritenere che ci sia una certa coerenza tra i due testi nella filosofia di fondo. L’unico interrogativo riguarda, in chiave di curricolo verticale, la creatività, che sembra scomparire (ma non c’era già da prima) nell’orizzonte del secondo ciclo: “racconta… descrivi… immagina…” (tipologia A del primo ciclo) sono azioni non previste per i nostri diciannovenni. Eppure sono azioni che fin dal primo biennio stimolano la scrittura, e corredano i compiti autentici che si elaborano per l’osservazione delle competenze di scrittura. Quanti corsi di scrittura creativa si fanno nelle scuole. Tant’è.
Le Indicazioni del Gruppo di lavoro: obiettivi, tracce, tipologie
Tre prove: analisi del testo, testo argomentativo e testo espositivo-argomentativo. Ma prima della loro illustrazione il Documento presenta un paragrafo introduttivo dal titolo Obiettivi della prova. È un riferimento alle Indicazioni e Linee Guida MIUR relative all’Italiano. Si prendono le distanze dall’“astratta classificazione della tipologia testuale”, perché “i testi reali presentano abitualmente caratteri in certa misura ‘misti’”. È vero. E dev’essere vero anche per le prove d’esame, per quanto si presentino in forma classificatoria (“argomentativo”, “espositivo”). Non so se la parola “obiettivi” in apertura possa generare equivoci, visto che nel paragrafo si parla di competenze da perseguire.
Secondo paragrafo: Indicazioni generali per la formulazione delle tracce. Si raccomanda chiarezza, puntualità e comprensibilità delle consegne. Venti anni di esami di Stato dovranno pur aver avuto queste caratteristiche. Ma repetita iuvant.
Terzo paragrafo: Tipologie di prove e numero di tracce. Vengono illustrate le tre tipologie, ma solo alla prima e alla seconda fanno seguito “Indicazioni specifiche per la formulazione di consegne”. Non alla terza. Queste ultime in qualche misura ricalcano quel che è detto nel secondo paragrafo. È un tratto di questo documento: una certa ridondanza, una tendenza a riproporre concetti già espressi.
A. L’analisi del testo: comprensione e commento
La tipologia A (analisi del testo letterario) c’era già, ma si è voluto aggiungere anche il periodo postunitario. Non è sostanzialmente una tipologia nuova. Si dice che “non è necessario che il testo rientri nelle letture effettivamente svolte nelle ore scolastiche”. Ma a chi serve questa osservazione? Non certo agli estensori delle tracce, che non possono conoscere le letture effettivamente svolte. Forse ai docenti, per neutralizzarne l’accumulo di contenuti.
Compare la parola-chiave “commento”, che accomuna tutte e tre le prove. L’allievo comprende e produce commentando, e nel commentare dimostra di avere ben compreso. Anche le prove del primo ciclo prevedono questa tipologia (che però lì è la C). Scompare ogni sollecitazione verso domande a risposta multipla in stile Invalsi (come nel primo ciclo). Prove Invalsi rinviate peraltro di un anno. Cambiata la stagione, da gennaio ad oggi?
B. Il saggio breve: le capacità argomentative
La tipologia B è una riedizione del saggio breve, ma snellendo il numero di fonti (solo una: più facile o più insidioso, soprattutto se la fonte è incomprensibile?) e insistendo sulla capacità argomentativa del discente. Finalmente, dopo vent’anni, i docenti e i presidenti di commissione che si ostinavano a raccomandare di evitare formule quali “secondo me”, “a mio parere” si saranno persuasi che un testo argomentativo non può e non deve farne a meno. Non lo si chiama più “saggio”, ma l’argomentazione rimane l’architrave. Il paragrafo sulle “Indicazioni specifiche per la formulazione delle consegne”, che discute l’articolazione del commento, è seguito da una sorta di riproposizione ridondante delle stesse (non chiara la ragione testuale di tale ridondanza).
C. Il testo “ideativo”: esposizione e argomentazione
La tipologia C è quella che più si avvicinerebbe al tema. Ma la vexata quaestio ultraquarantennale rimane: che genere di testo è un “tema”? C’è il “secondo me” oppure no? A giudicare da quanto dice il Documento, certamente sì. Infatti ricompare l’azione del commentare. La differenza con la tipologia B? Più sottile di quanto non si faccia credere. Di fatto la differenza vera consiste nella prima parte dell’elaborato B, che è una vera e propria analisi del testo argomentativo (non letterario, come nella tipologia A) proposto. Qui invece si tratta, con uno spunto iniziale, di esporre ed argomentare le proprie idee. L’allievo che sa e l’allievo che pensa su ciò che sa.
Il “posto” della storia
E la storia dove si intrufolerà? A rigore nulla vieta che il testo argomentativo si appoggi su una fonte di argomento storico, oppure che la traccia C possa essere svolta in chiave storica. L’allarmismo forse è esagerato, se si considera che solo una percentuale ridottissima di studenti affrontava la terza tipologia nella precedente versione. Non credo che la questione riguardi gli esami, quanto l’insegnamento della storia nei trienni e la sua capacità di scrutare davvero la contemporaneità. Argomento troppo complesso (e doloroso) per questa sede.
Testi e contenuti: qualche ridondanza di troppo
Quarto paragrafo: Scritture da testi, scritture svincolate da testi. E quinto paragrafo: L’importanza del contenuto. Si ripropongono questioni già affrontate in precedenza. Forse aver separato i due paragrafi non giova alla loro agile lettura, e aver ripetuto concetti già espressi dà l’impressione, già emersa altrove e che tornerà più avanti, di ridondanza.
Misurare e valutare: indicatori e griglie
Poi ci si occupa di valutazione. Il Documento parla di “misurare (sic!) la padronanza linguistica attraverso alcuni indicatori di competenza”. Qui si entra nella spinosa questione delle griglie, ovvero della valutazione che discende da una corretta misurazione (forse adesso sì) degli indicatori. Questi sono suddivisi in Indicatori generali e Indicatori specifici (anche se tra questi talora rispunta qualche indicatore generale). Ciascuno può agevolmente leggere. Qui solo un’osservazione.
Da vent’anni le griglie sono state prodotte localmente dalle commissioni, e grosso modo gli indicatori messi in campo sono quelli individuati dal Documento (coerenza, coesione, correttezza, capacità critiche ecc.). Adesso si cerca di uniformare. Giusto, ma non è questo il problema valutativo. Non si tratta di neutralizzare l’istanza localistica e la frammentazione. La questione resta nelle mani dei valutatori, cioè dei docenti. Se la batteria degli indicatori viene utilizzata come effettiva base istruttoria per produrre la valutazione in ventesimi, allora l’iter valutativo ha caratteri di correttezza. Questo il processo valutativo de iure. Ma il processo de facto? Bisognerebbe fare un’indagine tra le commissioni d’esame per capire come procedono i “correttori”: se si dovesse scoprire che in realtà il primum cronologico è la valutazione finale (cioè l’intuizione del punteggio da dare), cui gli indicatori finiranno per adeguarsi, si capirà bene che tra griglia nazionale e griglia locale non c’è sostanziale differenza. Piuttosto vince l’aritmetica.
Una soluzione moderatamente innovativa
In conclusione, il Documento non pare proporre novità rivoluzionarie rispetto all’impianto precedente. In fondo appare alquanto conservativo, se si eccettuano l’inserimento dei quarant’anni postunitari nella prima tipologia, la scomparsa del profluvio di fonti nella seconda, con più marcato invito all’argomentazione, e la scomparsa del tema storico. Possiamo quindi parlare di “aggiustamento”. I principi di educazione linguistica professati dal Gruppo di lavoro risalgono almeno all’elaborazione di De Mauro di quasi mezzo secolo fa, con una forte (e lodevole) accentuazione sulla riscrittura e sull’argomentazione. Probabilmente, attuando quei principi, anche la versione precedente della prima prova avrebbe potuto soddisfare maggiormente. Ricordo che vent’anni fa si cercò di incidere sulle didattiche a partire dall’esame. Adesso è il secondo tentativo. Ma didattica della scrittura e cultura valutativa dei docenti sono questioni che non possono essere affrontate col solo effetto di retroazione.