La nota 3050 del 4 ottobre 2018 fornisce una sintesi dei lavori in corso per l’esame di Stato del secondo ciclo, di cui esaminiamo uno degli aspetti più innovativi e didatticamente rilevanti, i Quadri di Riferimento (QdR). Data la specificità della prima prova scritta (v. Muraglia), ci concentreremo solo sulla seconda prova d’esame.
L’esame di “maturità” non c’è più
Tutti continuiamo a chiamarla “maturità” per pigrizia e per sintesi, ma non è più “quell’esame”. Come ricorda bene Tiriticco, la legge del 1969 prevedeva che lo scopo dell’esame fosse “la valutazione globale della personalità del candidato”; trent’anni dopo, per la legge del 1997, l’oggetto dell’esame è diventato “la preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici di ciascun indirizzo di studi”. Dalla personalità agli obiettivi del corso di studi non è un passaggio irrilevante: è un cambiamento ermeneutico. Venti anni dopo, il D.lgs. 62/2017 (delegato dalla Legge 107/2015) precisa ancor meglio che l’esame verifica “conoscenze, abilità e competenze” del candidato, proprie di ogni indirizzo di studi.
Se per valutare la “personalità” potevamo pensare di esprimere un giudizio sulla “maturità” del candidato [sarebbe interessante discutere su “come” la valutavamo], sono invece chiesti altri strumenti e punti di vista per “verificare [non si usa la parola valutare: è un caso?] i livelli di apprendimento [un livello si misura con strumenti in qualche modo standardizzati] conseguiti su conoscenze, abilità e competenze [la cui definizione è anche qui ormai standardizzata] proprie di ogni indirizzo di studi [non generico, ma specifico e delimitato]” (Dlgs 62/2017, art. 12). È per questo che dovremmo smettere di chiamarla maturità, perché questo esame è ormai un’altra cosa (ma so che non lo faremo, a partire da chi scrive…).
Quadri di riferimento (QdR): cosa “non sono”
Se si assume questo cambiamento ermeneutico, diventa più chiaro perché il D.lgs. 62/2017 (art. 17) preveda dei “quadri di riferimento per la redazione e lo svolgimento delle prove scritte”, e delle “griglie di valutazione per l’attribuzione dei punteggi”. Sono strumenti per guidare docenti e studenti nel “nuovo punto di vista”, presente peraltro già dalla legge del 1997: dovremmo casomai stupirci che non fossero previsti fin da allora.
I QdR sono strumenti didattici a cui (purtroppo) non siamo avvezzi, ma importanti ed utili proprio per chi la scuola la fa davvero, cioè insegnanti e studenti. Bisogna intanto chiarirci su cosa “non sono”: non sono i “nuovi programmi”, non sono “quello che bisogna insegnare/studiare davvero” in quinta superiore. Per diverse ragioni.
Intanto i “programmi” non ci sono più da tempo, gli insegnanti lo sanno. Ci sono Linee Guida per istituti tecnici e professionali (“a sostegno dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche, anche per quanto concerne l’articolazione in competenze, conoscenze e abilità dei risultati di apprendimento”) e ci sono Indicazioni Nazionali per i licei (che riportano “l’intelaiatura sulla quale le istituzioni scolastiche disegnano il proprio Piano dell’offerta formativa, i docenti costruiscono i propri percorsi didattici e gli studenti sono messi in condizione di raggiungere gli obiettivi di apprendimento e di maturare le competenze proprie dell’istruzione liceale e delle sue articolazioni”). Quelli sono i documenti di riferimento per la progettazione del lavoro didattico, non i QdR. Di conseguenza ci sono poi i curricoli di Istituto e le programmazioni didattiche collegiali, che definiscono il dettaglio delle attività delle singole scuole.
In secondo luogo i QdR non riguardano il solo quinto anno, in quanto il D.lgs. 62/2017 fa riferimento, per le prove, al profilo educativo culturale e professionale dei vari indirizzi di studi, e non al solo quinto anno. D’altronde nessuno in questi decenni ha mai immaginato che le competenze richieste per una versione di latino o greco riguardassero attività grammaticali o di traduzione svolte nel quinto anno di liceo classico.
“Prof, cosa ci mette nella verifica?”
In Italia gli unici Quadri di Riferimento ufficiali sono quelli relativi alle prove standardizzate nazionali Invalsi. Come recita la loro introduzione, essi esplicitano i riferimenti teorici e i criteri operativi che si utilizzano per la costruzione delle prove, ed hanno il duplice scopo di fornire un punto di riferimento per i docenti autori delle prove Invalsi per i vari gradi, e di chiarire a docenti e studenti “ciò che la prova intende verificare, rendendo così trasparente l’impostazione della prova e favorendo la successiva lettura dei risultati”.
I QdR sono quindi “istruzioni per gli autori” delle prove, perché autori diversi delle prove che eventualmente si succedono negli anni utilizzino gli stessi riferimenti concettuali e criteri di scrittura. È per questo che non possono essere confusi con i “nuovi programmi” dell’ultimo anno: ci possono essere cose anche importanti, svolte nel lavoro in classe, che non entrano nella prova scritta. È chiaro poi che diventano anche “istruzioni per gli studenti” (cosa possiamo aspettarci nella seconda prova?) e “istruzioni per i docenti” (a quali conoscenze, abilità e competenze devo orientare i miei studenti ai fini della seconda prova?). Scherzando, potremmo dire che un QdR risponde ad una domanda antica come le ansie degli studenti: “Prof, cosa ci mette nella verifica?”.
La struttura dei Quadri per l’esame
In realtà c’è molto di più. La nota 3050 porta in allegato le “Indicazioni metodologiche ed operative” per i gruppi di lavoro che stanno scrivendo i QdR, per garantire una certa omogeneità dei prodotti finali: saranno parecchie decine di Quadri, uno per ciascuna disciplina oggetto di seconda prova. Ciascun Quadro fornirà indicazioni relativamente a:
- caratteristiche strutturali della prova d’esame (tendenzialmente le stesse per le diverse discipline di ciascun indirizzo di studio);
- nuclei tematici fondamentali (i nodi concettuali essenziali di ciascuna singola disciplina, irrinunciabili in sede di seconda prova, non necessariamente solo dell’ultimo anno di studio);
- obiettivi della prova (in pratica, per ciascuna disciplina, cosa il candidato dovrà dimostrare nello svolgimento della prova, in relazione ai nuclei tematici fondamentali);
- griglia per l’attribuzione dei punteggi, con alcuni indicatori generali, che le commissioni d’esame poi dettaglieranno in descrittori specifici, tarati sull’effettivo testo della prova di anno in anno; a ciascun indicatore saranno associati punteggi massimi; ci possiamo aspettare pochi indicatori, magari comuni a più indirizzi di studio.
Innovazione e continuità
A parere di chi scrive, i Quadri rappresentano un’importante innovazione metodologica, che introduce significativi elementi di trasparenza, chiarezza e omogeneità in un processo, quello della valutazione degli studenti, spesso dato troppo per scontato. Trasparenza e omogeneità nella scrittura delle prove e nell’assegnazione dei punteggi da parte delle commissioni. I Quadri sono a tutela del corretto operato degli autori delle prove, introducendo meccanismi di comparabilità, e aiutano le commissioni a definire schemi comparabili per l’attribuzione dei punteggi.
Lo Statuto di studentesse e studenti recita che “lo studente ha diritto a una valutazione trasparente”. Questi strumenti vanno in questa direzione, ed aiutano i docenti a preparare consapevolmente i ragazzi alle prove finali del loro corso di studi. È una piccola rivoluzione culturale, che la scuola certamente accoglierà con consapevolezza professionale.
Una certa continuità, viceversa, è plausibile aspettarsela rispetto ai contenuti delle prove stesse: non è verosimile che i gruppi di lavoro sconvolgano le attuali procedure di sviluppo delle prove, quanto piuttosto che ne facciano una razionalizzazione. Possiamo aspettarci alcune novità, ma dentro una sostanziale continuità. D’altronde il Ministero ci ha abituato a ricevere simulazioni utili alle scuole: se serviranno nuove simulazioni, certo non mancheranno.
Verso la multidisciplinarità
Un’importante novità non riguarderà i Quadri, ma la loro eventuale applicazione a prove che potrebbero essere multidisciplinari. Il D.lgs. 62/2017 prevede infatti che la seconda prova sia relativa ad “una o più discipline” caratterizzanti l’indirizzo di studi. Questo sarà stabilito dall’abituale decreto che identifica le discipline oggetto di seconda prova, solitamente in gennaio. Il Ministero dovrà dare un’attenzione specifica alla presenza in commissione delle professionalità necessarie per la correzione.
Molti indirizzi di tecnici e professionali sarebbero già pronti per questa novità, sia perché sono da tempo abituati alla multidisciplinarità nello sviluppo dei progetti, sia perché le diverse discipline di indirizzo sono spesso tenute da docenti della stessa classe di concorso. È così difficile immaginarlo anche per gli indirizzi liceali?