Il piano triennale per l’edilizia scolastica
Quasi in sordina, senza comunicati stampa, slide e grafici illustrativi, è stato pubblicato lo scorso 5 novembre sul sito Miur il decreto ministeriale 12 settembre 2018, n. 615.
Con tale decreto è stato approvato il secondo piano triennale del fabbisogno nazionale in materia di edilizia scolastica, relativo alle annualità 2018-2020, cui saranno destinati finanziamenti per circa 1.550 milioni di euro.
Il primo piano triennale, relativo alle annualità 2015-2017, era stato approvato con il decreto ministeriale 29 maggio 2015, n. 322, e ad esso sono stati destinati finanziamenti per circa 1.200 milioni di euro.
Le selezioni pubbliche per l’inserimento nella pianificazione 2018-2020 sono state svolte dalle regioni, che lo scorso 2 agosto hanno trasmesso le graduatorie al Miur. Adesso, con il citato decreto 615/2018, il Miur ricompone in un unico documento di programmazione tutte le richieste ammesse (per l’inserimento nella graduatoria utile a concorrere all’ottenimento dei finanziamenti), formando così il “piano nazionale”.
I finanziamenti per accendere mutui
Con lo stesso decreto sono state ripartite le risorse tra le regioni, con lo stesso complesso meccanismo dei cosiddetti “mutui BEI”, per cui ad ogni regione è assegnata una cifra annua che sarà erogata dallo Stato per dieci anni, con la quale le regioni potranno stipulare un contratto di mutuo che permetterà di ottenere, in tempi molto brevi, la liquidità necessaria per finanziare i primi interventi, iniziando a scorrere le graduatorie appena compilate. Si tratta di 170 milioni annui per 10 anni, che, tolto il costo degli interessi che dovranno essere pagati alla banca, produrranno la disponibilità per investimenti di circa 1.550 milioni di euro.
Fin qui l’illustrazione del contenuto del decreto, che risulta obiettivamente di non immediata comprensibilità nella parte finanziaria.
Il quadro degli interventi e il fabbisogno finanziario “reale”
Segue un allegato composto da una scheda per ogni regione, nel quale sono indicati, in ordine di punteggio ottenuto, tutti gli interventi che sono stati inseriti nel piano.
In tutto si tratta di 6.839 interventi, il cui importo totale è pari a 10.590 milioni di euro. Con le risorse ad oggi disponibili non si riuscirà a coprire neppure il 15% del fabbisogno risultato per le annualità 2018-2020.
Ma la somma emersa, oltre 10 miliardi di euro, rappresenta davvero l’intero fabbisogno nazionale, oppure i progetti che sono stati candidati a questa tornata di programmazione sono solo una parte di quelli necessari per realizzare la messa a norma, la messa in sicurezza antincendio, l’adeguamento sismico, l’efficientamento energetico, l’abbattimento delle barriere architettoniche, la riqualificazione funzionale in risposta al mutato fabbisogno e, infine, la sostituzione del patrimonio non convenientemente riutilizzabile?
Sicuramente, causa le strette maglie definite dalle regioni e qualche problema organizzativo sicuramente presente nelle province e nei comuni, non tutti gli edifici che hanno necessità d’intervento sono stati candidati.
Non è facile conoscere la dimensione reale della necessità di finanziamenti per l’edilizia scolastica, ma è molto probabile che essa si aggiri attorno ai 40 miliardi di euro: una cifra enorme, che comporta la necessità di una programmazione di medio periodo (almeno dieci anni se tutti gli enti faranno la loro parte, compartecipando con quantità di risorse appropriate), l’individuazione condivisa delle priorità d’intervento per dare ordine all’attuazione del piano, ed il coinvolgimento di tutte le componenti della scuola.
Il groviglio normativo e la progettazione partecipata
Di primaria importanza sarà anche lo snellimento delle procedure, perché se in questi ultimi anni si è visto un incremento nello stanziamento di risorse, non altrettanto è progredita, purtroppo, la semplificazione nei procedimenti, e davvero troppo lunghi sono ancora oggi i tempi che intercorrono tra la rilevazione della necessità d’intervento, la realizzazione della copertura finanziaria, la progettazione nei tre livelli di legge, lo svolgimento delle procedure per l’affidamento delle opere e, infine, l’esecuzione e la messa in esercizio delle stesse.
In ogni caso, un intervento della dimensione appena ipotizzata potrebbe rappresentare una grande opportunità di rinnovamento del patrimonio edilizio al servizio del sistema educativo di istruzione e formazione, e sarebbe un grande errore non utilizzare appieno le conoscenze e le esperienze di cui gli studenti, gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale ausiliario e amministrativo sono portatori.
La scuola merita certamente che siano individuati i migliori tecnici, ma è indispensabile che la progettazione sia veramente partecipata e non calata dall’alto, perché la comunità scolastica è ben capace di rappresentare i propri bisogni e non ha necessità che qualcuno debba immaginarli a tavolino.