La nota del Miur non è fonte di diritto
La nota Miur prot. n. 19534 del 20 novembre 2018, che ha ad oggetto il Piano Triennale dell’offerta formativa, chiarisce in merito alla tempistica con cui il PTOF “deve essere approvato e comunicato alle famiglie” ed alle modalità con le quali queste “devono esprimere il consenso, ove occorra”, alla partecipazione “alle attività extra-curricolari ivi previste”.
Quindi il consenso è richiesto con riferimento alle attività extracurricolari previste dal PTOF solo “ove occorra”, e non si parla di “consenso informato”, presupposto per la legittimità dell’attività medica (art. 32 Cost.).
La disposizione non ha portata innovativa e non introduce norme in considerazione dei principi, anche costituzionali, del nostro ordinamento, non essendo ricompresa tra le fonti del diritto (art. 1 preleggi c.c.) ma costituendo un semplice atto ad uso interno (ex multis Consiglio di Stato sentenza n. 567/2017), che fornisce prevalentemente istruzioni o chiarimenti.
Essa quindi rinvia al regolamento dell’autonomia (DPR 275/1999) e ribadisce quanto trattato articolatamente nella precedente nota del 16 ottobre 2018 prot. n. 17832, la quale conferma che il PTOF si caratterizza per essere documento di progettualità scolastica e strumento di comunicazione tra la scuola e la famiglia, di cui le istituzioni scolastiche assicurano la piena trasparenza e pubblicità per permettere una valutazione comparativa da parte degli studenti e delle famiglie. Infatti la libertà di scelta educativa si esplica al momento dell’iscrizione.
L’elaborazione del PTOF: nell’alveo del Regolamento dell’autonomia
La nota del 16 ottobre 2018 ha fornito una struttura di riferimento per la predisposizione del PTOF, la cui prima sezione si apre proprio con l’Analisi del contesto e dei bisogni del territorio. A tal fine il dirigente promuove i necessari rapporti con enti e realtà operanti nel territorio, tenendo conto delle proposte e dei pareri di genitori e studenti, come previsto dal DPR 275/1999 come modificato dal comma 14 dell’art. 1 della L 107/2015.
Si tratta di disposizioni propedeutiche all’elaborazione, che è riservata al collegio dei docenti (art. 16 DPR 275/1999), esplicitando il Piano “la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”, provvedendo poi in coerenza il Programma annuale all’allocazione coerente funzionale delle risorse.
Premessa la insuperabile preclusione per note e circolari a porsi quali fonti di diritto, il periodo: “La partecipazione a tutte le attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio, ivi inclusi gli ampliamenti dell’offerta formativa di cui all’articolo 9 del D.P.R. n. 275 del 1999, è, per sua natura, facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni, o degli stessi se maggiorenni. In caso di non accettazione, gli studenti possono astenersi dalla frequenza” non può che essere interpretato alla luce della normativa esistente.
Attività obbligatorie e attività facoltative
L’art. 8 del DPR 275/1999 disciplina il curricolo obbligatorio, costituito dalla quota definita a livello nazionale e da quella riservata alle singole istituzioni scolastiche, disponendo (comma 1 lettere c) e d)) che il Ministero determina le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale, nonché l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche. Il curricolo quindi corrisponde all’orario obbligatorio annuale previsto normativamente per i vari indirizzi in ogni ordine e grado.
Le attività extracurricolari (non necessariamente extra-scolastiche), fuori da detto curricolo e dal tempo scuola, non espressamente disciplinate dal DPR 275/1999 che le menziona solo all’art. 3, sono per esclusione facoltative. A titolo esemplificativo la Legge 62/2000 prevede espressamente la non obbligatorietà delle “attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa”.
Gli ampliamenti dell’offerta formativa dell’art. 9 DPR 275/1999 possono realizzarsi sia in orario curricolare che extracurricolare.
Ampliamento e arricchimento dell’offerta formativa
L’articolo 9 si esprime in termini di facoltatività al comma 2, che dispone: “I curricoli determinati a norma dell’articolo 8 possono essere arricchiti con discipline e attività facoltative, che per la realizzazione di percorsi formativi integrati le istituzioni scolastiche programmano sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali”. Tale periodo dev’essere interpretato nel suo senso letterale: il curricolo obbligatorio può essere arricchito con discipline ed attività che le scuole programmano sulla base di accordi con Regioni ed Enti locali per realizzare percorsi formativi integrati. Essi prevedono la modifica del curricolo fino al 15% del corso al quale sono assegnati, per svolgere attività pratico-operative e di orientamento al lavoro. Il sistema formativo integrato infatti realizza una sorta di partnership tra università, scuola, formazione professionale e impresa. I percorsi integrativi possono definirsi quindi “per natura” facoltativi. In nessun caso il DPR 275/1999 subordina la partecipazione ad attività o discipline al consenso.
Lo stesso vale per l’art. 21 della Legge 59/1997, per il quale l’autonomia didattica “si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare … in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l’eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi …”. Nulla di più poteva dire una nota di quanto previsto dalla legge né aggiungere quanto non previsto.
Pertanto: le famiglie esprimono il proprio consenso quando, avendo contezza del PTOF della scuola, scelgono di iscrivervi i propri figli. Per garantire la massima conoscenza ed accessibilità il comma 17 della Legge 107/2015 prevede la sua pubblicità nel “portale unico”, superando la “consegna” alle famiglie, all’atto dell’iscrizione, della precedente formulazione dell’art. 3 DPR 275/1999.
Informativa alle famiglie, consenso ed autonomia didattica
Per prassi, quando si realizzano attività di “arricchimento curricolare” che “qualificano” ulteriormente il curricolo obbligatorio (ad esempio con madrelingua), le famiglie ne sono informate. Nei casi in cui sia previsto un contributo devono esprimere il proprio consenso, che, se non arriva dalla totalità delle famiglie, implica l’adozione per la scuola di specifiche soluzioni organizzative, non potendo “escludere” gli alunni dissenzienti da attività svolte durante il curricolo obbligatorio. Ecco perché è opportuno un costante rapporto dialogico tra scuola e famiglia, e la nota invita a limitare l’onerosità o ad individuare altre forme di recupero economico in particolare per i meno abbienti.
Ed invero, laddove fosse davvero possibile sottrarsi ad attività non gradite, verrebbe inevitabilmente mortificata l’autonomia della scuola, che nel PTOF esplicita le proprie scelte strategiche, che costituiscono la seconda sezione della nuova piattaforma.
La questione “consenso informato” si pone con riferimento ai principi di pari opportunità del comma 16 dell’art. 1 della L 107/2015, di cui il PTOF deve assicurare l’attuazione in conformità a quanto disposto all’articolo 5, comma 2, Decreto Legge n. 93/2013 (convertito in legge 15 ottobre 1993, n. 119), per il quale il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere persegue tra le sue finalità quella di promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole di ogni ordine e grado, nella programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare, “la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo”. Tali azioni costituiscono quindi parte integrante del curricolo obbligatorio.
La Cassazione: non c’è un diritto di veto dei genitori
La problematica è stata affrontata dalle Sezioni Unite della Cassazione con l’ordinanza n. 2656/2008, intervenendo su una questione di giurisdizione proposta innanzi al tribunale ordinario da un genitore che invocava i principi degli articoli 29 e 30 Cost., affinché dichiarasse che la scuola non aveva “diritto di svolgere lezioni di educazione sessuale in classe senza il consenso dei genitori”, con conseguente divieto di svolgimento durante l’orario dell’obbligo.
Le SS.UU. hanno riconosciuto invece la giurisdizione del tribunale amministrativo, investendo la domanda il potere dell’Amministrazione in ordine all’organizzazione ed alle modalità di prestazione del servizio scolastico, ritenendo che la tesi del genitore non solo partiva “dall’erroneo presupposto” di una riserva esclusiva del giudice ordinario in merito alla tutela dei diritti costituzionalmente protetti, ma altresì non considerava “che il diritto fondamentale dei genitori di provvedere alla educazione ed alla formazione dei figli trova il necessario componimento con il principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’art. 33 Cost. e con quello di obbligatorietà dell’istruzione inferiore affermato dall’ art. 34 Cost.”.
Per l’effetto “ben può verificarsi che sia legittimamente impartita nella scuola una istruzione non pienamente corrispondente alla mentalità ed alle convinzioni dei genitori, senza che alle opzioni didattiche così assunte sia opponibile un diritto di veto dei singoli genitori”, e legittimamente l’amministrazione scolastica può utilizzare “metodi didattici potenzialmente idonei ad interferire ed anche eventualmente a contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla famiglia e con le impostazioni culturali e le visioni politiche esistenti nel suo ambito non solo nell’approccio alla materia sessuale”.
Non ci si può astenere dalla frequenza di attività curricolari
Se l’astensione dalla frequenza può non considerarsi “veto” ovvero inibizione a quella specifica attività, di fatto nega quanto espresso in materia di autonomia, raggiungendo un obiettivo sostanzialmente analogo.
Con l’iscrizione si instaura un rapporto contrattuale che non può essere interrotto o derogato all’occorrenza. La famiglia aderisce alle scelte strategiche dell’istituzione. L’astensione dalla frequenza in orario curricolare implica rinnegare tale adesione.
Allo stato, il “consenso informato” in ambito scolastico non trova riscontro normativo, né può essere introdotto per nota. Infatti in VII Commissione Senato risultano depositati in merito ben due disegni di legge: n. 65, “Norme per garantire la libertà di educazione e la responsabilità educativa dei genitori”, e n. 664, “Obbligo di informazione preventiva da parte delle scuole e di acquisizione del consenso da parte delle famiglie per progetti curricolari ed extracurricolari riguardanti l’ideologia gender”, oggetto di ulteriore approfondimento con inevitabili effetti sull’estensione dell’autonomia, potendo ampliare indefinitamente l’ambito di possibile intervento.