C’è sempre una prima volta
Nella primavera 2018 tutti gli alunni di quinta primaria e di terza secondaria di I grado hanno svolto per la prima volta la prova INVALSI di lingua inglese.
Come previsto dal decreto legislativo 62/2017, la prova di grado 5 (quinta primaria) è stata svolta nella tradizionale modalità paper and pencil, mentre gli alunni di grado 8 (terza media) si sono cimentati con la prova computer based con le stesse modalità della prova di italiano e di matematica.
Sia il grado 5 sia il grado 8 hanno svolto un certo numero di compiti di comprensione di lettura (reading) e di comprensione dell’ascolto (listening).
Inglese nel primo ciclo: quali livelli?
Per quanto riguarda l’inglese, i livelli di competenza nella lingua parlata e scritta che la prova INVALSI descrive sono definiti secondo gli standard stabiliti nel quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER). Il quadro presenta tre fasce di competenza linguistica: una fascia di base (A) che comprende i livelli A1 e A2, una fascia di autonomia (B) che comprende i livelli B1 e B2 e una fascia di padronanza (C) che comprende i livelli C1 e C2.
La scuola di primo ciclo ha come obiettivo di apprendimento la fascia A. Le Indicazioni Nazionali per il curricolo del primo ciclo rimandano infatti esplicitamente al QCER, e prevedono il raggiungimento del livello A1 al termine della scuola primaria e del livello A2 a conclusione della scuola secondaria di primo grado.
La prova INVALSI di quinta primaria, sia per la lettura sia per l’ascolto, comprende compiti di livello A1, mentre la prova di terza secondaria di I grado prevede sia compiti di livello A2 sia compiti di livello A1, per riuscire ad intercettare anche quegli studenti che non riescano a raggiungere il target previsto dall’ordinamento.
Scuola primaria: obiettivo (quasi) raggiunto
La distribuzione degli alunni di quinta primaria nei livelli mostra che la maggioranza dei bambini raggiunge il livello prescritto (A1) sia nella lettura sia nell’ascolto. Dal rapporto INVALSI risulta che nella prova di ascolto 2018 la percentuale di alunni che raggiunge il livello A1 supera l’80% al nord e al centro, e scende al 70% al sud e nelle isole. Nella prova di lettura gli esiti sono ancora migliori e le differenze tra le macro-aree meno evidenti, passando dal 94% di studenti di livello A1 al nord e all centro rispettivamente al 90% e all’88% nelle regioni meridionali e insulari.
Globalmente sembra proprio che la scuola primaria goda buona salute rispetto alla competenza in lingua straniera richiesta dalle Indicazioni Nazionali.
È interessante notare però come la comprensione dell’ascolto si attesti su risultati nettamente più bassi rispetto alla comprensione della lettura, proprio in un ordine di scuola in cui l’insegnamento dell’inglese dovrebbe puntare soprattutto sull’acquisizione della lingua orale.
Grado 8: risultati a geografia molto variabile
I risultati della prova di inglese della terza secondaria di I grado ci restituiscono l’immagine di un Paese spaccato decisamente a metà, con un’ampia area (il sud e le isole) in cui nell’abilità di ascolto la grande maggioranza degli alunni non raggiunge il livello previsto dalle Indicazioni Nazionali.
Osserviamo i dati, sempre riportati nel rapporto INVALSI presentato il 5 luglio 2018.
Nella prova di lettura la distanza tra le macro-aree del Paese è già piuttosto ampia, e la differenza tra le regioni va dall’88% di studenti che raggiungono il livello A2 in Friuli Venezia Giulia al 51% della Calabria, regione che presenta il risultato più basso.
In generale gli esiti della prova di lettura mostrano un 80% degli alunni che ottengono il livello A2 al nord e al centro, contro il 60 % del sud e isole.
Le differenze si fanno macroscopiche osservando i risultati della prova di ascolto, in cui i risultati delle regioni più “virtuose” sfiorano l’80% di studenti che raggiungono l’A2 (di nuovo Friuli e le province autonome di Trento e Bolzano), mentre i risultati nelle regioni meridionali e insulari sono sotto al 40%, con punte negative fino al 27% in Calabria.
In generale nell’ascolto raggiunge il livello A2 all’ottavo anno di studio della lingua inglese il 70% degli studenti del nord, il 62% degli studenti del centro, il 38% degli studenti del sud e il 32% degli studenti delle isole.
La grande variabilità di risultati ricalca sostanzialmente le differenze che si riscontrano tra le macro-aree nei risultati in italiano e matematica. Piuttosto diversa appare invece la variabilità tra le scuole e tra le classi, che è maggiore in inglese rispetto alle altre due discipline oggetto della rilevazione INVALSI. La ragione di questa minore equità nei risultati potrebbe dipendere dalle diverse altre occasioni di apprendimento della lingua, anche legate al contesto socio-economico e culturale, come vacanze studio all’estero o corsi privati con docenti madrelingua, di cui solo alcuni alunni possono avvalersi.
Crescendo non si migliora…
I risultati di questo primo anno evidenziano un trend negativo nel passaggio da un grado di scuola al successivo. I risultati complessivi della scuola secondaria sono più bassi rispetto a quelli della scuola primaria, con un numero inferiore di alunni che raggiungono il livello target.
Inoltre nel passaggio alla secondaria le differenze geografiche si accentuano e si polarizzano, con alcune aree del Paese in cui molti studenti di terza media, nell’ascolto in lingua inglese, non raggiungono nemmeno il livello A1 prescritto per la quinta primaria.
Questi dati ci inducono a guardare con qualche preoccupazione alle prove del 2019, in cui debutteranno anche gli studenti di quinta superiore.
Ci auguriamo che il trend negativo non continui anche per la secondaria di II grado con le percentuali osservate nel passaggio tra i due segmenti del primo ciclo, altrimenti saremmo costretti a concludere che il Paese sia caratterizzato da un “effetto scuola” negativo per la lingua inglese.
Verba volant, scripta manent
Un dato comune ai risultati di scuola primaria e di scuola secondaria di I grado è il livello più basso di prestazione degli studenti nell’ascolto rispetto alla lettura. Ma questa maggiore padronanza nel reading rispetto al listening è un dato fisiologico oppure indotto dall’insegnamento?
È un dato di fatto che gli apprendenti una lingua straniera si posizionano solitamente meglio nella comprensione della lingua scritta che della lingua orale. Il testo scritto infatti è più tangibile, e resta a disposizione per tutta la durata della prova, con la possibilità di ritornarvi più e più volte per verificare le risposte date, mentre il testo orale è volatile e, una volta concluso l’ascolto, non è più accessibile.
Reading batte listening: l’inglese come il latino?
È altresì vero che nella scuola italiana è invalsa la tendenza ad insegnare anche le lingue moderne come lingue “morte”, cioè attribuendo grande rilevanza alla grammatica e alla lingua scritta, spesso a discapito della pratica linguistica orale. E anche quando gli insegnanti dedicano parte della lezione all’ascolto, spesso si appoggiano solo al proprio modello linguistico, giocoforza limitato e non madrelingua, o utilizzano il solo materiale audio e video presente nei libri di testo, che, anche se di qualità, viene spesso ascoltato con interruzioni o leggendone contestualmente la trascrizione, quindi senza le caratteristiche di autenticità richieste per formare un ascoltatore efficace. Inoltre, mentre molti docenti insegnano in modo esplicito le strategie di lettura, anche in modo trasversale tra L1 ed L2, pochi focalizzano l’attenzione degli alunni sulle strategie da adottare per un’efficace comprensione dell’ascolto.
Il gap negli esiti tra le prove di reading e quelle di listening potrebbe essere almeno in parte colmato attraverso una maggiore attenzione nell’insegnamento alla componente orale della lingua inglese, fonologicamente molto distante dalla lingua italiana e che necessita quindi di un’esposizione più intensiva rispetto ad altre lingue straniere con sonorità più affini.
Resta solo da augurarsi che la ricaduta delle nuove prove INVALSI di inglese sul processo di insegnamento-apprendimento sia proprio uno spostamento di focus sulla lingua come comunicazione orale, al fine di abituare i nostri bambini e ragazzi ai compiti comunicativi che li aspettano fuori dall’ambiente protetto dell’aula scolastica.