Sta peggiorando la qualità della ristorazione scolastica?
Anno dopo anno, immancabilmente, i controlli dei Nas ci confermano l’esistenza di mense scolastiche che incorrono in violazioni di tipo amministrativo, carenze igieniche e strutturali, irregolarità sull’etichettatura e sulla tracciabilità degli alimenti, che subiscono frodi da parte di aziende di catering e rischiano di utilizzare alimenti in cattivo stato di conservazione. E anno dopo anno si ravviva il dibattito su come si possano evitare disservizi e prevenire veri e propri reati a danno delle amministrazioni pubbliche e private responsabili della ristorazione a scuola. E ci si chiede con preoccupazione se la situazione delle mense scolastiche nel nostro Paese stia peggiorando.
Di certo, dall’inizio della crisi economico-sociale in corso, è diminuita la disponibilità di risorse da parte dei comuni per rispondere alla molteplicità dei bisogni e delle esigenze dei cittadini e delle comunità. Ed anche buona parte delle scuole non pubbliche fatica a far quadrare i conti. Ma questo non può costituire un alibi di fronte ad inadeguate e persino pericolose gestioni del servizio.
Rispetto alla ristorazione scolastica non esistono dati attendibili, raccolti su aree estese e variegate del Paese, che ci diano il segno di un regresso negli impegni dei comuni e dei gestori delle scuole private nell’assicurare la qualità dei pasti a scuola.
Il prezzo (degli appalti) non è tutto
Quel che si può inferire dall’esame di un buon numero di capitolati di gara e di esperienze di ristorazione in corso è l’impegno continuativo di tante amministrazioni pubbliche e private nell’assicurare l’efficacia e l’efficienza dei servizi. Ma talora, per ragioni legate agli equilibri generali di bilancio, si procede ad una ricerca di mercato troppo centrata sull’efficienza, sul contenimento dei prezzi, che finisce per disincentivare forniture di qualità. Il rischio diventa allora quello di mettersi nelle mani di organizzazioni che riducono le garanzie rispetto al lavoro dei loro addetti e alle modalità di produzione dei pasti. Non c’è dubbio che il prezzo debba restare una delle componenti della procedura per assicurarsi un buon servizio di ristorazione, ma una componente minoritaria rispetto agli aspetti organizzativi e gestionali, in cui le funzioni di controllo e di verifica delle qualità del servizio debbono mantenere una loro centralità. Va anche detto che, pur facendo le cose per bene, si può sempre incorrere in aziende e personaggi che ad un certo punto si rendono protagonisti di inadempienze e frodi. Il problema diventa allora la tempestività con cui gli inadempimenti vengono colti, denunciati e si procede speditamente per attivare azioni correttive e sanzionatorie.
Chi deve controllare la qualità del servizio di mensa?
In tutto questo non basta incentivare la presenza delle commissioni-mensa ed assicurare ai loro componenti una formazione che li renda più capaci di cogliere e verificare gli aspetti di qualità e le criticità del servizio. Le commissioni possono indubbiamente svolgere importanti funzioni consultive, propositive e di verifica per il miglioramento della qualità del servizio di ristorazione scolastica, ma ci devono essere innanzitutto responsabilità e competenze in capo alle istituzioni pubbliche, che vanno esercitate in modo ordinario e non quando si presentano delle criticità, a partire dalle Asl che dovrebbero essere sempre in campo, dalla progettazione del servizio al suo controllo, per la salvaguardia della sicurezza alimentare e la tutela della salute degli alunni. Ma questo purtroppo non avviene dappertutto in modo adeguato, e quanto di negativo viene periodicamente rilevato dai Nas ne è in parte una conseguenza.
Bisognerebbe poi che le regioni svolgessero con più decisione le loro prerogative, che spaziano dalle produzioni agroalimentari all’orientamento ai consumi alimentari, dalla tutela dell’ambiente alla salute delle popolazioni, sino ad arrivare alla promozione del diritto allo studio. Dalle regioni ci si aspettano supporti tecnico-operativi, soprattutto per quei comuni ed organizzazioni scolastiche che non dispongono delle necessarie risorse interne per ben progettare e sostenere la gestione della ristorazione a scuola. Già alcune regioni lo fanno, offrendo anche strutture per facilitare la realizzazione dell’intera procedura di approvvigionamento delle derrate alimentari. Ma questo purtroppo non avviene dappertutto, e il negativo rilevato dai Nas in parte è frutto di mancate collaborazioni a sostegno dei gestori delle mense scolastiche.
In primo piano ci sono poi i gestori stessi del pubblico e del privato, che, occupandosi della ristorazione a scuola in modo diretto o indiretto, hanno l’obbligo di attivarsi rispetto alla verifica e al controllo delle principali fasi di realizzazione del servizio. E se non dispongono di competenze interne, come succede soprattutto in comuni o in realtà scolastiche private di piccole dimensioni, corre loro il dovere di ricercare le opportune collaborazioni in organizzazioni e tecnici di provata affidabilità.
Le responsabilità (educative) della scuola
Non sono esenti, in un possibile e necessario gioco delle parti, le dirigenze degli istituti scolastici pubblici e privati, le quali dovrebbero sentirsi più coinvolte nelle funzioni di progettazione, gestione e controllo del servizio. Sì, anche rispetto alla gestione, in quanto, nella filiera che va dalla produzione alla consegna e al consumo dei pasti a scuola, il momento dell’andare a tavola degli alunni e del mangiare in sicurezza e in compagnia va organizzato in modo adeguato, e questo sovente non succede. La qualità non è fatta soltanto di refettori capienti e insonorizzati, ma pure di una buona organizzazione dei tempi e dei modi dell’offerta dei pasti e del loro consumo da parte degli alunni. E non dimentichiamo i compiti attribuiti agli istituti scolastici nel sostenere la formazione delle buone abitudini alimentari e di corretti stili di vita, in relazione anche con l’esperienza che si consuma a mensa.
Un gioco di squadra tra stato, regioni, comuni, istituti scolastici
Si dirà che lavorare in modo sinergico su più piani, col concorso di più soggetti, istituzionali o non, comporta maggiori costi, che finiscono per pesare, in quantità variabili, sulle tariffe pagate dall’utenza e sulla fiscalità pubblica. Una cosa che, di questi tempi, non è facile da far accettare a tutte le parti in causa. Da qui la necessità di riprendere in mano la questione della ristorazione scolastica nelle agende delle politiche pubbliche, coordinandole lungo l’asse stato-regioni-comuni-istituti scolastici e specificando in modo realistico gli obiettivi che ci si propone, le risorse necessarie e la loro ripartizione tra i diversi attori, in una prospettiva che valorizzi le funzioni di verifica, controllo e valutazione dei servizi, spesso disattese e pertanto incapaci di prevenire rischi e criticità.