Il visiting alle scuole innovative
Dall’anno scolastico 2017-18 il modello dell’anno di formazione si è arricchito con l’esperienza del visiting. Il buon esito della sperimentazione ha convinto la DGPER-Miur a ripeterla ed estenderla anche per l’a.s. 2018/2019 (nota Miur 2 agosto 2018, n. 35085). L’obiettivo del visiting è fornire ai docenti neo-assunti l’opportunità di incontrare realtà scolastiche ad alta intensità innovativa, dove la qualità di nuovi ambienti fisici di apprendimento (spazi, tempi, tecnologie, ecc.) si coniuga con la qualità delle relazioni che si stabiliscono tra allievi e docenti. Una scuola che vale la pena visitare è certamente quella che dimostra concretamente di agire come una comunità professionale coesa e motivata, che offre testimonianze di lavoro collaborativo e condiviso tra gli adulti.
In un’idea matura di visiting dovrebbe valere la reciprocità: l’apprendimento non è solo di chi si reca in un ambiente diverso dal proprio, ma anche di chi accoglie, sia perché entra a contatto con nuovi punti di vista (in questo caso avremmo la formula degli scambi pedagogici[1]), sia perché deve ricostruire internamente la propria struttura educativa per renderla leggibile ai nuovi interlocutori. Un esercizio di distanziamento metacognitivo che non può che giovare ad entrambi.
Un ambiente di apprendimento immersivo
La visita non dovrebbe trasformarsi in uno “spot” di poche ore, ove magari la scuola ospitante mette in vetrina i suoi prodotti, ma dovrà consentire ai partecipanti di vivere una giornata educativa (nel senso più ampio del termine), con i suoi diversi ritmi e tempi di impegno degli allievi e degli adulti (lezioni, laboratori, uscite, relazioni sociali). In alcuni protocolli di visita viene prevista anche la partecipazione a momenti conviviali (es. consumare un sobrio pasto con gli operatori della scuola visitata). In quest’ottica si può parlare di ambienti di apprendimento immersivi.
La visita dev’essere progettata nelle sue diverse fasi: presentazione del focus innovativo che caratterizza la scuola, incontro con referenti e responsabile della struttura educativa, consegna di una documentazione sintetica, osservazioni in situazione mentre si realizzano attività didattiche, momenti finali di ricostruzione e rielaborazione del percorso. È opportuno che i docenti visitatori possano usufruire di una guida-tutor che li accompagni nei diversi spazi della scuola, nella consapevolezza che uno spazio fisico non è mai neutro, ma è soprattutto uno spazio mentale ed emotivo, animato da chi lo vive quotidianamente.
L’organizzazione della visita
La durata di un ciclo di visite può essere variabile: si va da due giornate intere di 6 ore ciascuna, completamente sostitutive dei laboratori (12 ore), fino a “pacchetti” parziali di 6 o 9 ore, con residuo orario per la frequenza dei laboratori. Qualche USR ha abbinato due visite in un unico “pacchetto”, comprensivo obbligatoriamente di una scuola del primo ciclo e una del secondo, per favorire una più ampia socializzazione professionale. In alcuni casi è stata prevista la restituzione della visita nei successivi laboratori formativi in presenza.
Una visita è più efficace se realizzata da una delegazione di docenti neo-assunti. Una soluzione potrebbe essere quella di comporre un gruppo formato da 3 a 6 docenti, anche provenienti da realtà diverse ma spinti da un interesse comune, meglio se accompagnati da un tutor esterno (una figura di facilitatore) e accolti da un tutor interno.
Il dialogo tra generazioni di insegnanti, tra storie e biografie diverse, può far scattare la molla dell’apprendimento professionale e organizzativo. Nel corso della visita vanno previste delle “soste riflessive” per favorire situazioni di scambio, rielaborazione, confronto e accesso a documentazione mirata. Un tempo finale sarà dedicato alla stesura immediata di un primo report, che poi sarà ospitato all’interno del portfolio docente, anche a testimonianza dell’avvenuta effettuazione della visita[2].
Il tirocinio osservativo
La visita può essere equiparata al tirocinio osservativo che si realizza anche in occasione della formazione iniziale dei docenti (è quindi utile reperire modelli, schede, protocolli, sui siti dei dipartimenti di scienze della formazione delle nostre università), ma in questo caso con un valore aggiunto dovuto alla maturità professionale dei docenti coinvolti, sia sul versante dei partecipanti che dei tutor accoglienti. La relazione è tra pari e configura l’assunzione di una progressiva capacità di leggere un contesto educativo. È una situazione che si presenta anche nel caso della valutazione esterna delle scuole nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione.
Il protocollo di visita messo a punto dall’Invalsi viene agito da soggetti che assumono i ruoli diversi di valutato e valutatore, ma lo stesso Invalsi suggerisce di considerarlo un tracciato per un dialogo professionale.
Come cambia l’anno di formazione
L’anno di formazione negli ultimi anni è cambiato notevolmente, passo dopo passo, dimostrando di saper coniugare molte esigenze tra di loro spesso contrastanti: la tempestività delle operazioni, il senso delle diverse metodologie formative, l’integrazione tra i momenti in presenza e quelli on line, le nuove strategie di governance della formazione. Gli esiti sono stati soddisfacenti e apprezzati, e stanno anche influenzando gli sviluppi del sistema di formazione permanente dei docenti.
Questo però non significa che tutti i problemi siano stati risolti e non ci sia nulla da modificare. L’ottica è quella del miglioramento continuo, attraverso un monitoraggio costante e briefing frequenti con tutti i soggetti impegnati in quest’azione. Le esigenze che stanno emergendo sono riassumibili come segue.
La governance della formazione nel territorio
L’attuale assetto della governance dell’anno di formazione ha bisogno di consolidarsi. Il baricentro è posizionato nello staff USR, che però lo condivide con vari soggetti, tra cui i referenti degli Uffici Scolastici Territoriali e i dirigenti scolastici responsabili delle scuole-polo delle reti di ambito. Questi ultimi vanno accompagnati e sostenuti con varie modalità. Emerge l’esigenza di supporto e sarebbe auspicabile avviare percorsi di formazione, ovvero identificare chi si occupa della formazione in una regione e garantire per tutti i soggetti momenti di crescita delle competenze in gestione della formazione in servizio.
È indispensabile anche una maggiore attenzione a ciò che avviene (o non avviene) all’interno delle scuole, focalizzando l’azione sulla funzione di impulso del dirigente scolastico (come sceglie i tutor, che clima costruisce, come guida il percorso).
L’analisi dei bisogni formativi dei docenti
L’analisi dei bisogni formativi troppo spesso si traduce nella raccolta di desideri, esigenze, interessi dei singoli docenti, quasi che poi si dovesse organizzare – a specchio – una formazione mirata on demand. Questo porterebbe ad una frammentazione dei percorsi (con impronta disciplinare) e lascerebbe in ombra gli aspetti trasversali della professionalità docente, ma soprattutto non collegherebbe il bisogno del singolo (che per i neo-assunti è comunque forte) con le caratteristiche del contesto lavorativo di appartenenza. Ogni docente fa parte di una comunità professionale che agisce in uno specifico istituto scolastico, con le sue domande, le sue prospettive di sviluppo, le sue criticità. Non basta dunque un “referendum” per censire gli hits delle tematiche richieste: occorre piuttosto una capacità di inciampo tra bisogni del singolo, esigenze della scuola e obiettivi di sistema. Il dirigente scolastico (o una figura di riferimento per la formazione) dovrebbe dedicare energie alla cura delle risorse professionali.
Laboratori formativi e momenti in presenza
Occorre rendere più flessibili le attività in presenza, ad esempio alleggerendo le rigidità dei laboratori, rendendo meno aleatorie le attività. Per questo motivo, dalla rigida scansione di 4 laboratori di 3 ore (dei veri e propri “stuzzichini pedagogici”, nel migliore dei casi!), si è ora data la possibilità di modulare in tempi più lunghi la durata dei laboratori. Non si esclude nemmeno che un formatore “come si deve” possa accompagnare lo stesso gruppo in un’esperienza di progressiva costruzione del sé professionale, per tutti e quattro gli incontri programmati. In questa ipotesi la qualità metodologica e meta-didattica del laboratorio dovrebbe prevalere sulla pertinenza del contenuto disciplinare o tematico da approfondire.
I momenti plenari in presenza dovrebbero essere sgombrati dalla routine informativa, per lasciare spazio ad aspetti culturali e testimonianze di passione per la professione.
Dal visting al monitoraggio qualitativo della formazione
Al visting è dedicato un numero monografico di Voci della Scuola, intitolato “Visting e formazione docente”, curato da Maria Chiara Pettenati, direttore di ricerca Indire. Oltre ad alcune riflessioni di inquadramento (curate da Pettenati, Cerini, Di Stasio, Mangione, Tancredi, Rosa, Rovetta), il fascicolo presenta anche un’ampia rassegna di strumenti di lavoro relativi alle diverse fasi in cui si articola l’anno di formazione, in particolare per il visting.
Il visiting è un’attività da arricchire e potenziare, perché è una forma di apprendimento in contesto reale, spesso più apprezzato della frequenza, magari passiva, di un contenuto in un laboratorio. Progressivamente si dovrebbe estendere il contingente dei partecipanti, in vista di una generalizzazione.
Le imminenti attività di monitoraggio qualitativo della formazione in servizio, promosse congiuntamente da Miur e Indire con il supporto degli USR, dovrebbero offrire prime risposte alle tante questioni sottese al sistema della formazione: la qualità dei metodi, le forme di gestione, il ruolo dei diversi soggetti, le ricadute sulla vita della scuola e sulle professionalità dei docenti.
Ne dovremo riparlare.
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[1] L’esperienza degli scambi pedagogici nell’ambito dei servizi educativi per l’infanzia è documentata nei siti dedicati della regione Emilia-Romagna: http://zerotreer.it/?page_id=80.
[2] G. Cerini, Il visiting per i docenti neoassunti, in “Rivista dell’istruzione”, n. 4, luglio-agosto 2018, Maggioli, Rimini.