Tempo di assistenza psicologica?
Con il ritorno a scuola, tra i temi che accendono riflessioni e discussioni si torna a parlare anche dello psicologo scolastico.
L’emergenza Covid, con il lockdown che ne è seguito, ha esposto i più giovani a un fortissimo stress, privandoli di punti di riferimento e abitudini quotidiane fondamentali. “Per questo, – afferma David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi – alla ripresa delle lezioni è assolutamente necessario offrire una capillare assistenza psicologica nelle scuole”.
L’esperto sosterrebbe gli alunni (ma anche i docenti e il personale scolastico) e li aiuterebbe ad affrontare e superare le problematiche individuali, favorendo un miglioramento delle relazioni, agendo in questo modo indirettamente anche sulla qualità dell’apprendimento.
Cura educativa e cura psicologica a scuola
È noto che il benessere relazionale ha effetti altrettanto benefici sulla motivazione e sugli esiti dell’apprendimento. Ce lo dimostrano le neuroscienze, se non bastasse il buon senso. È talmente evidente, che nel profilo professionale dell’insegnante, così come tratteggiato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, sono chiaramente distinte le tre grandi competenze che sostanziano la funzione docente: competenze disciplinari (conoscere ciò che si va ad insegnare), competenze metodologiche e didattiche (sapere come insegnare agli alunni ciò che si sa), competenze psico-pedagogiche (cioè relazionali). È nelle corde dell’insegnante l’attenzione alle relazioni, cioè la “cura educativa”: i saperi possono passare solo attraverso la strada che la relazione costruisce tra i protagonisti del processo di insegnamento-apprendimento. Senza la strada della relazione, che connette a doppio senso docente e discente, nessun contenuto di apprendimento può transitare.
Le nuove fragilità dei ragazzi
È vero che l’esperienza della pandemia ha prodotto stress, sofferenza, angoscia di morte. Bambini e ragazzi hanno vissuto solitudine ed isolamento, sono stati spesso spettatori di tensioni familiari, hanno subito deprivazioni affettive e cognitive. I pediatri hanno osservato un incremento di irrequietezza, irritabilità, disturbi del sonno, tristezza, somatizzazione (dolori addominali, inappetenza, mal di testa). Nei bambini con disabilità o particolare fragilità si è evidenziato un incremento dei comportamenti problema (ansia, depressione, disturbi dell’attenzione, comportamenti aggressivi).
Disagi “esistenziali”, quelli di bambini e ragazzi, che richiedono risposte da parte degli adulti, proprio nel momento in cui riparare è più difficile, perchè gli adulti stessi sono provati e non possono ricorrere al contatto, all’abbraccio, al sorriso, insomma a tutto quel repertorio comunicativo che costituisce la grande ricchezza emotivo-affettiva del rapporto educativo.
La proposta di introdurre lo “psicologo scolastico”
La risposta è lo specialista? L’idea di far ricorso a personale con competenze specifiche, – di “esternalizzare” il compito della cura psicologica a qualcuno supporti studenti e docenti a livello specialistico – si è affacciata più volte nel panorama scolastico.
A livello legislativo, una delle proposte più decise nella direzione dell’introduzione della figura dello psicologo scolastico è stata presentata nel 2018, ben prima dell’emergenza Covid-19, in Commissione Affari Sociali e in Commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza. Lo “psicologo scolastico”, si leggeva nel ddl, è “uno strumento di promozione del benessere e di prevenzione della devianza e della dispersione. I continui fatti di cronaca, purtroppo, mostrano come sempre più frequentemente siano presenti situazioni di disagio sociale all’interno degli istituti scolastici, nei quali si verificano episodi di violenza a danno degli studenti ma anche degli stessi docenti”.
Scendono in campo gli psicologi…e anche i pedagogisti
Il Ministero dell’istruzione, il 6 agosto 2020, nel Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19, ha previsto una convenzione con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, con lo scopo di sostenere psicologicamente docenti e studenti a fronteggiare lo stress della pandemia. Il 27 agosto 2020 il Ministero dell’istruzione ha sottoscritto anche un protocollo d’intesa con le associazioni rappresentative dei pedagogisti, che prevede l’attivazione di progetti da inserire nell’offerta formativa delle scuole. Il coordinamento pedagogico è previsto anche nel protocollo d’intesa 0-6 per il rientro in sicurezza del 6 agosto scorso.
La scelta di delegare a figure “speciali” la presa in carico delle situazioni di disagio personale e sociale degli alunni all’interno del contesto scolastico ha senz’altro motivazioni consistenti; molti sistemi scolastici europei prevedono la figura dello psicologo scolastico.
Tuttavia questa scelta porta con sé una serie di implicazioni che vale la pena considerare.
L’insegnante si prende cura dei ragazzi
Innanzi tutto si perde una grande occasione: quella di consolidare il valore “curativo” del rapporto educativo come tale. I docenti sono per i loro alunni figure di riferimento, modelli di identificazione, risorse per la crescita e lo sviluppo. Un docente è un “maestro” nel senso più alto del termine. Parliamo tanto di resilienza: questo è il momento di capirne il senso e di trasformare un grande problema in una grande occasione. Possiamo cercare di capire cosa è successo, come abbiamo affrontato le difficoltà, confrontarci con gli altri e trovare insieme le energie per reagire e accettare la sfida di andare oltre. Chi meglio del proprio insegnante può essere la guida per il bambino o il ragazzo? Chi meglio dell’insegnante può promuoverne le risorse adattive?
Di più, i bisogni educativi e psicologici dei propri alunni possono diventare lo stimolo per accrescere l’autoefficacia dell’insegnante…e si sa che il senso di autoefficacia è il migliore antidoto contro il burnout.
Il rischio della medicalizzazione
Il supporto naturale per un alunno a scuola è prima di tutto il suo insegnante. La scuola è luogo di educazione, le risposte che offre sono educative, non cliniche. Il rischio della medicalizzazione è sempre presente, con esso il rischio della reificazione della patologia. Bambini e ragazzi hanno le loro vulnerabilità, ma sono anche portatori di grandissime risorse. Gli adolescenti, ad esempio, hanno risposto al lockdown molto meglio di quanto si potesse supporre.
Per i docenti, avere consapevolezza dell’importanza del loro ruolo nel fronteggiare i disagi dei minori e avere altrettanta fiducia di poter fare la differenza per la maggior parte di loro è elemento fondamentale della propria identità professionale. La sofferenza dell’alunno è affare prima di tutto dell’insegnante, la cura educativa è compito dell’insegnante e solo nelle situazioni limite è opportuno l’invio allo specialista.
Il dirigente capace di sostenere il lavoro dei docenti
Pensare di delegare stabilmente allo psicologo le difficoltà esistenziali dei propri alunni è un pericoloso elemento di deresponsabilizzazione e di impoverimento dello spessore educativo del docente.
Parimenti, se il dirigente scolastico si qualifica come leader educativo, attiene pienamente al suo ruolo la valorizzazione delle risorse umane di cui la scuola si sostanzia. È compito prioritario del dirigente scolastico sostenere le fatiche degli insegnanti, esercitare l’ascolto attivo e l’orientamento, essere presenza viva e attiva, partecipe di una comunità sociale e professionale “speciale” qual è la scuola. Una comunità certamente ferita dalla pandemia, ma capace di riprendersi e di prendersi cura di se stessa.