I fondi Miur (Legge 440) per la scuola dell’infanzia
È arrivato un bando carico di…
Forse tra i tanti bandi, decreti, finanziamenti possibili, sarà passata sotto silenzio la nota 4812 del 20 marzo 2019, con la quale il Miur (attraverso il Decreto Dir. n. 320 del 19 marzo 2019) mette a disposizione 400.000 euro per attivare reti della scuola dell’infanzia statale (ma aperte anche al sistema privato paritario) impegnate in attività di ricerca/azione e di formazione in servizio sulla cultura e la pedagogia dell’infanzia.
Le attività si collocano al crocevia del decreto che istituisce il sistema integrato zerosei (D.lgs. 65/2017) e delle Indicazioni 2012 (DM 254/2012), che coinvolgono pienamente la scuola dell’infanzia e dovranno aiutare la scuola per i bambini dai 3 ai 5 anni a mettere a fuoco la propria originale identità pedagogica, in un periodo di forti trasformazioni e di incertezze sul futuro[1].
Il Ministero denomina il progetto “Ambienti Di Apprendimento”, quindi lo potremmo chiamare ADA, ma essendo diffuso in tante piccole realtà il nome più appropriato potrebbe essere MAFALDA (Mille Azioni di Formazione Ambienti e Laboratori Di Apprendimento), anche in omaggio all’impertinenza della protagonista dei fumetti di Quino.
Come si partecipa ai progetti
In che cosa consiste il progetto ADA/MAFALDA? Le scuole dell’infanzia interessate ad approfondire e sperimentare aspetti pedagogici del curricolo (nel senso ampio del termine, di curricolo implicito ed esplicito) devono inoltrare la loro candidatura all’USR di competenza, aggregandosi in rete con altre scuole del territorio. Parliamo di piccole reti di scopo (4-5 scuole), animate da dirigenti motivati ed appassionati di infanzia, che sappiano coinvolgere gruppi di insegnanti che vogliono intraprendere azioni di ricerca didattica sul campo.
Per fare ciò la rete riceve un piccolo budget (al massimo 5.000 euro). L’attività da promuovere e sviluppare, lungo tutto il 2019 e il 2020, non è assimilabile alle scontate attività di formazione in servizio, se per aggiornamento intendiamo un ciclo di incontri per lo più frontali, ove si istituisce il classico rapporto tra relatore e partecipanti, tra esperto e principiante, quasi che ci fosse un sapere da trasmettere da chi sa a chi non sa.
Si tratta invece di affrontare alcuni aspetti della progettazione educativa attraverso una vera e propria “ricerca in situazione”, cioè mini-sperimentazioni di sequenze didattiche, di riorganizzazione degli ambienti educativi, di elaborazione di strumenti di osservazione e documentazione. Questi contenuti diventano oggetto di riflessione, progettazione e formazione tra docenti, anche alla luce del recente documento “Indicazioni nazionali e nuovi scenari” (febbraio 2018)[2] del Comitato Scientifico Nazionale per le Indicazioni.
Quali i contenuti da sperimentare?
La nota del Miur indica con molta precisione i possibili contenuti della ricerca/azione e li aggrega in quattro aree tematiche, che rappresentano altrettanti assi pedagogici utili ad interpretare il curricolo della scuola dell’infanzia. Di che cosa si tratta?
Un primo ambito è riferito al tema della cura educativa, che non può essere intesa solo nel suo versante di attenzione alla corporeità del bambino, ma piuttosto nella sua accezione di benessere, di progressiva autonomia nelle routine e negli apprendimenti. La domanda di ricerca è: come si caratterizzano e si qualificano i contesti (gli ambienti) che sanno integrare cura ed educazione?
Una seconda dimensione rimanda al tema, assai contiguo a quello precedente, del curricolo implicito, cioè della forte rilevanza che nella scuola dell’infanzia assumono fattori come l’organizzazione degli spazi, dei tempi, dei materiali, il clima affettivo, le relazioni tra bambini e con/tra gli adulti. Sono però elementi non spontanei e casuali, ma che richiedono un’attenta regia educativa dei docenti. L’insegnante non per nulla è un professionista riflessivo. Ma allora – questo è il quesito – quale dovrà essere il suo stile educativo?
Il terzo nucleo tematico affronta direttamente il tema del curricolo esplicito, cioè dell’incontro sistematico e intenzionale (nei campi di esperienza) tra i bambini e i saperi, facilitato dalla mediazione comunicativa dell’insegnante, a volte definita “rilancio”. Ma, appunto, come si allestiscono gli ambienti (e le situazioni) di apprendimento nella scuola dell’infanzia? E quale ruolo possono giocare le nuove tecnologie digitali nell’esperienza dei bambini, al di là di un precoce contatto con le strumentazioni digitali, certamente da filtrare con moderazione?
Un ultimo argomento oggetto di ricerca si riferisce al complesso pianeta della valutazione, qui declinato con molta delicatezza (visto che si citano strumenti valutativi non intrusivi). Se al centro mettiamo parole come benessere (soprattutto), sviluppo, apprendimento, allora le modalità saranno quelle dell’osservazione e della documentazione dei processi di crescita: appunto una valutazione non intrusiva, che non accetta test o prove cosiddette “oggettive”. Quali gli strumenti più adeguati per questa “valutazione mite”?
Il contributo della scuola dell’infanzia alla cultura dello zerosei
Il progetto affidato alle reti di scuole appare particolarmente tarato sulla costruzione di una cultura condivisa dello zerosei. Ci riferiamo al rapporto tra i concetti di cura (solo apparentemente affidata all’asilo nido) e di apprendimento (solo apparentemente affidato alla scuola dell’infanzia), che vanno visti nella loro connessione, nel richiamarsi vicendevolmente per il loro essere entrambi espressione di una relazione educativa. Il prendersi cura, con cura o senza cura (D. Savio, 2019)[3], è un atteggiamento indispensabile per favorire la crescita dei bambini, la loro progressiva autonomia, lo sviluppo di fiducia e autostima, la curiosità cognitiva.
Per solo scopo di studio potremmo immaginare due profili diversi tra nidi d’infanzia (0-3 anni) e scuole dell’infanzia (3-5 anni), spingendo a fondo le caratteristiche costitutive dei due ambienti educativi, che hanno certamente un “guardaroba” pedagogico diverso, ma comparabile.
Nidi di infanzia | Scuole dell’infanzia |
---|---|
Approccio olistico di cura ed educazione | Approccio per campi di esperienza |
Centralità del corpo del bambino, dei suoi bisogni primari, delle routine | I sistemi simbolico-culturali (Bruner) sono amplificatori dell’esperienza dei bambini |
Prima conquista dell’autonomia e delle relazioni sociali da parte dei bambini | Ogni campo di esperienza offre strumenti, appigli, agganci, che fanno crescere le abilità sociali e cognitive |
Simbiosi tra dimensioni affettive, corporee, sociali, cognitive e linguistiche | La scuola come ambiente di apprendimento, di vita e di relazioni |
Esperienza dei bambini largamente unitaria | Gli adulti devono padroneggiare i distinti saperi |
Curricolo implicito | Curricolo esplicito |
Centratura sul bambino e sulle dimensioni di sviluppo | Curvatura sui saperi e l’apprendimento |
Un curricolo 0-6 evolutivo
È evidente che potremmo intrecciare fortemente i contenuti delle due colonne, provando a costruire un lessico comune nella prospettiva zerosei. Ognuna della due strutture potrà così enfatizzare la propria identità pedagogica, ma anche arricchirsi nel confronto con l’altra. Il curricolo sarà evolutivo, come segnalano le Indicazioni 2012, proprio perché ci sarà la tendenza non tanto al passaggio dalla cura all’educazione (perché entrambi i termini coesistono), ma a transitare da un approccio olistico all’emerge di diversi modi di guardare e di conoscere il mondo (anche se i due aspetti coesistono). Questo pare il terreno culturale più utile ad esplorare le caratteristiche del curricolo 0-6 (ADA e MAFALDA permettendo).
[1] MIUR-USR ER, Infanzia e oltre. Indicazioni per il curricolo e identità della scuola dell’infanzia, Tecnodid, Napoli, 2017.
[2] G. Cerini, S. Loiero, M. Spinosi, Competenze chiave per la cittadinanza, Tecnodid, Napoli, 2018.
[3] D. Savio, “I bambini tra cura e apprendimento”, in G. Cerini, C. Mion, G. Zunino (a cura di), Scuola dell’infanzia e prospettiva zerosei, Homeless Book, Faenza, 2019.