Segretaria, le facciamo subito una domanda un po’ provocatoria: non le sembra che l’intesa sottoscritta il 24 aprile 2019 sia “lastricata” sostanzialmente di buone intenzioni tutte da verificare? Non è un po’ poco per decidere la revoca di uno sciopero?
Anche se è un po’ come partire dal fondo, lo faccio volentieri perché la domanda mi dà la possibilità di fare alcune sottolineature non di poco conto. La prima è proprio relativa alla natura del confronto in atto, un confronto politico e non una trattativa come quelle che si fanno a un tavolo contrattuale, dove si chiude quando si trova una mediazione che diventa immediatamente operativa. Qui l’obiettivo era porre una premessa fondamentale per poter affrontare tutte le questioni oggetto della mobilitazione: non si trattava di fare il rinnovo contrattuale, per esempio, ma di avere le condizioni per potervi mettere mano. Aver potuto porre la questione direttamente al Presidente del Consiglio, e averlo portato a sottoscrivere l’impegno a stanziare risorse aggiuntive per il contratto del comparto, non è cosa di poco conto. Di quell’impegno, ora messo nero su bianco, potremo chiedere conto al premier e al Governo al momento opportuno, quello della prossima finanziaria. Lo stesso dicasi per tutte le altre questioni, su cui si fissano criteri e obiettivi verso i quali sarà orientato il lavoro dei tavoli tematici da aprire quanto prima, e che dovranno portare a frutto i contenuti dell’intesa. Anche per questo, ed è la seconda precisazione che voglio fare, lo sciopero non è stato revocato, ma sospeso. Intanto il primo incontro al MIUR è già stato convocato per il 6 maggio, argomento: il reclutamento e il precariato.
C’è chi sostiene che questo accordo possa essere molto utile alle forze di maggioranza per la campagna elettorale…
Argomento che fa il paio, specularmente, a quello secondo cui lo sciopero in campagna elettorale sarebbe stato un nostro regalo alle forze di opposizione. Sbagliate entrambe le affermazioni, che tradiscono un vizio molto diffuso: quello di ricondurre anche le vicende sindacali nelle dinamiche dello scontro e della polemica politica. Una logica che non ci appartiene: la nostra autonomia ci preserva sotto questo aspetto da ogni rischio di subalternità. Non siamo mai stati e non saremo mai né avversari né alleati di un governo, ma interlocutori che cercano di far valere il proprio peso, giocando il loro ruolo di soggetto sociale. Se c’è un aspetto importante di questa intesa è proprio aver ridato spazio e attenzione alle relazioni sindacali. Credo sia la prima intesa sottoscritta da questo Governo; ne siamo in qualche modo fieri e ci auguriamo che a questo passo ne seguano altri, perché oltre a istruzione e formazione c’è una realtà più estesa: quella del lavoro pubblico e del lavoro in generale. Ecco, mi piace pensare che siamo stati gli apripista di una stagione in cui il Governo presti finalmente il dovuto ascolto alle rappresentanze del sociale.
E sulla regionalizzazione pensate che l’intesa possa avere ricadute importanti?
I percorsi verso l’autonomia differenziata sono centrati su intese fra le Regioni e il Governo, da sottoporre poi a ratifica del Parlamento. Noi da mesi stiamo sostenendo che la questione non può essere il tema di trattative bilaterali, perché investe l’assetto generale del sistema Paese, e quindi esigerebbe di essere oggetto di un confronto più ampio, in cui coinvolgere anche i soggetti sociali. Credo che le iniziative assunte come CISL Scuola (il convegno del 20 febbraio scorso a Roma), e unitariamente da sindacati e associazioni, abbiano dato un grosso contributo ad accendere i riflettori su una vicenda che procedeva di fatto in penombra. Il nostro lavoro su questo continua: proseguirà la raccolta delle firme, intensificheremo le iniziative di informazione e di discussione in categoria. Lo faremo con ancor più determinazione dopo l’intesa, nella quale il Capo del Governo ha condiviso e sottoscritto affermazioni inequivocabili, che gli chiediamo di far valere nel confronto con le Regioni: salvaguardia dell’unità e dell’identità culturale del sistema d’istruzione, uniformità del reclutamento e stato giuridico regolato dal CCNL, unitarietà degli ordinamenti, dei curricoli e dei sistemi di governo. Non sono parole di poco conto: impossibile non considerarle come buon esito del lavoro fatto fin qui, che come ho detto proseguirà senza sosta ai tavoli tematici.